Rigosa - Sambusita di Algua
La sua origine risale al 1413, anno in cui la Beata Vergine Maria
apparve il 2 luglio a un contadino del luogo intento a falciare fieno.
La struttura
attuale risale al XVI secolo e all'interno sono conservati interessanti
affreschi coevi.
Quello del Perello è uno dei settanta santuari bergamaschi e
cronologicamente è la seconda apparizione, dopo quella avvenuta alla Basella di
Urgnano (Bg) nel 1356, canonicamente accertata ed approvata dalla Diocesi di
Bergamo.
Il Monte Perello, fa da spartiacque tra la valle Seriana,
all’altezza di Nembro (zona di Salmegguia) e Alzano, e la valle dell’Ambriola
coi comuni di Selvino e Algua (Valle Brembana). Ha un’altezza di circa 1000 m. ed è una
montagna scoscesa e selvaggia, con boschi di faggi, carpini,
noccioli, castagni, vischi e pini ed un umido sottobosco che profuma di
ciclamini, lungo la scoscesa falda della montagna si alternano anche piccole
radure dove si taglia un fieno selvaggio. Questo monte forma una valletta stretta e angusta chiusa da
piccoli promontori.
Da questa montagna passava uno dei sentieri, in cui si diramava la strada di
commercio, che portavano verso Nembro e Alzano, percorsi dai viandanti che
dalla Valle Serina scendevano verso la città oppure che dalla Valle andavano
verso il Passo di San Marco e la Valtellina.
In una gola di queste vallette che solcano la montagna, all’altezza di 890 m.
sorge il Santuario di Santa Maria ad Elisabetta, Madonna del Bosco poi
denominata Santa Maria del Bosco ed infine Madonna del Perello.
Questo santuario, costruito su un piano strappato alla scoscesa montagna, un
tempo era raggiungibile solo a piedi, attraverso mulattiere che si inoltravano
nel bosco partendo da Selvino, da Sambusita/Rigosa o da Miraguelo. Solo verso
la fine del XX secolo esso è raggiungibile da una comoda strada che arriva sul
piazzale antistante il Santuario stesso.
L’evento miracoloso.
L’evento miracoloso.
Se noi osserviamo la storia delle varie apparizioni, notiamo che queste
avvengono sempre in un contesto storico turbolento sia per la vita spirituale
che politica dell’uomo. Lourdes, Fatima, le varie lacrimazioni della Madonna si
sono verificate in momenti in cui la fede del popolo cristiano stava pian piano
andando alla deriva oppure mentre il mondo stava combattendo guerre assurde. A
Lourdes (1858) la Madonna appare mentre la Francia viveva il travaglio post
rivoluzionario; a Fatima (1917) nel pieno della Prima Guerra Mondiale, a
Treviglio (Bg) la Madonna piange mentre la cittadina della Gera d’Adda stava
per essere messa a ferro e fuoco dalle milizie francesi (1522).
Come ebbe a dire un sacerdote operante in una delle
parrocchie della valle, in una sua predica di molti anni fa, Maria apparve più
volte anche in terra bergamasca, per manifestare la sua predilezione a questo popolo e per
preservarlo, con la sua amorevole presenza, sia dalle guerre fratricide, tra
guelfi e ghibellini, che specialmente nel XIV e XV secolo hanno insanguinato la
terra bergamasca, sia dal dilagare delle dottrine protestanti provenienti dal
nord Europa e qui facilmente penetrabili a causa delle vie di comunicazione che
collegavano lo stato della Serenissima Repubblica Veneta con la Svizzera e la
Germania. Penso che il semplice pensiero di quel sacerdote non sia per niente
privo di fondamento. Infatti, sono molte le apparizioni della Madonna e i
Santuari sorti tra il XV e il XVI secolo nelle nostre valli prealpine e nella
pianura bergamasca, e una delle caratteristiche è stata quella dell’invito alla
preghiera e della costruzione di un luogo dove pregare.
In questo solco si può iscrivere anche il Santuario del Perello. Rigosa e
Sambusita in quel periodo erano state teatro di scorribande e di lotte tra le
fazioni guelfe e quelle ghibelline, con incendi e devastazioni. La nascita del virgulto d’olivo dal ceppo
marcio di faggio può essere interpretato quindi come un invito alla
riconciliazione per le popolazioni di questa piccola valle posta tra il Serio e
il Brembo.
Il racconto dell’apparizione tra verità e … qualche leggenda!
Né nell’Archivio del Santuario né in quello della Curia Vescovile non troviamo
documenti scritti dove si narra del fatto miracoloso del monte Perello. Per
circa tre secoli l’evento è stato tramandato oralmente dagli abitanti della
zona.
Veniamo ora al racconto dell’apparizione, tramandato oralmente per decenni e
in seguito scritto con il conseguente arricchimento un poco leggendario
per renderlo più accattivante.
Era il 2 luglio dell’anno 1413, un tempo festa della Visitazione: il contadino
Ruggero Gianforte de Grigis di Rigosa si trovava sulla falda orientale del
monte Perello intento a falciare fieno magro sugli spiazzi erbosi tra la
boscaglia di faggi, frassini e aceri.
Era intento al suo lavoro quando ad un tratto vide davanti a sé, in mezzo a una
luce sfolgorante, una bellissima Signora: forse perché intento al suo
lavoro o forse perché intontito per l’improvvisa visione, si dice che il buon uomo non fece nessun
cenno di riverenza e “manco si tolse il cappello”. Colpita
dalla indifferenza del contadino, dopo qualche momento la Signora sparì.
Ben presto però la Signora ricomparve ma questa volta, perché non era
stato preso alla sprovvista o perché avesse riflettuto e si fosse magari dato
dello stupido per non aver riconosciuto nella Signora la Madonna, il buon
contadino si scoprì il capo e si pose in ginocchio davanti alla visione.
Di fronte a questo gesto di venerazione, la Madonna prese la parola chiedendo a
Ruggero di riferire ai suoi compaesani che Lei desiderava che in quel luogo
venisse costruito una chiesa in suo onore ed in venerazione del mistero della visita a S. Elisabetta, sua parente, da Nazareth alle montagne di
Ebron in Palestina.
Per confermare l’apparizione e indicare il luogo dove far sorgere la chiesa, la
Signora fece nascere da un ceppo di faggio un ramoscello d’olivo. Non si sa se
il miracolo sia avvenuto all’istante o in un secondo momento. La tradizione
orale propende per la seconda ipotesi e cioè che il ramoscello d’olivo sia
spuntato in un secondo momento e cioè nel corso della quarta apparizione. Si sa
di certo però che gli abitanti di Rigosa unitamente agli abitanti di
Sambusita, che a quel tempo era la parrocchia di appartenenza, su invito del
veggente si recarono sul posto e videro con i loro occhi il miracolo e
credettero alle parole di Ruggero. Subito dopo si misero all’opera per
soddisfare il desiderio della Madonna, e dice la tradizione che subito qualche
giorno dopo (si indica il 19 luglio) si recarono sul posto con pale e picconi per scavare e appianare il pendio per costruire la prima delle
tre chiese che oggi compongono il complesso del Santuario. In questa prima
chiesetta venne rinchiuso il ceppo di faggio secco con il ramo d’olivo.
Una certo stupore suscita la comparsa del ramoscello d’olivo sul ceppo secco di faggio. L’apparizione di una virgulto di olivo, in una terra fredda come la
zona del Perello non è certamente usuale e poiché da sempre lo si è ritenuto
come un segno di pace, la crescita di questo virgulto lo si può ritenere come
monito celeste e un invito alla riappacificazione tra le famiglie della zona,
in un contesto di guerre fratricide tra le fazioni Guelfe e quelle Ghibelline che in quel secolo imperversavano anche in Valle Brembana e in Val
Serina, ha certamente indotto il veggente a vedere in esso un segno del cielo
per implorare la riappacificazione tra le varie famiglie della zona.
Il Santuario.
L’evento
miracoloso della nascita del germoglio d’ulivo sul tronco secco di faggio,
convince gli abitanti di Sambusita e Rigosa della veridicità dell’apparizione e
a pochi giorni dall’ultima apparizione incominciano a costruire un luogo di
culto dedicato alla Visitazione di Maria a Santa Elisabetta. L’edificazione del
Santuario è frutto del lavoro e delle elemosine degli abitanti di Rigosa e
Sambusita e questo è attestato in un documento del 4 febbraio 1480 dove
l’illustrissimo Mons. Ludovico Donato, vescovo di Bergamo scrive: “… Convinta
l’incredulità de’ popoli, animati da uno spirito di vera divozione ed affetto
verso la grande Regina del cielo e della terra; e conoscendo che ciò era per
essi una grazia singolarissima, non tardarono a dar mano all’opera. Ai 19 dello
stesso mese di Luglio dello stesso anno 1413 diedero principio alla fabbrica …”
. La Madonna aveva chiesto la costruzione di una cappella. Gli abitanti di
Rigosa e Sambusita, che all’inizio ascoltarono increduli il racconto di
Ruggero Grigis, sono andati ben oltre la costruzione di una piccola chiesa.
Infatti a partire da quella data, sono ben tre gli edifici costruiti, l’uno
sopra l’altro, nell’arco di poco più di un secolo.
Per erigere tre luoghi di culto sempre più ampi nell’arco di 150 anni, significa che l’eco dell’evento miracoloso e della devozione a Maria in quel luogo aveva varcato i confini della valle dell’Ambriola e una conferma la troviamo nei verbali della Visita Apostolica dell’Arcivescovo di Milano. Stando alle note lasciate dal cardinale Carlo Borromeo, in questo Santuario sperduto tra i boschi su una montagna e raggiungibile solo attraverso sentieri impervi, in occasione dell’anniversario dell’apparizione, il 2 luglio, vi convenivano fino a 4000 persone e si celebravano fino a 25 Sante Messe.
La prima piccola cappella viene edificata già a partire dal 1413, scavando la montagna per ricavare un piano e utilizzando le pietre ricavate dallo sbancamento del pendio per la sua costruzione.
Per una prima descrizione sommaria della cappella primitiva o “dell’apparizione”, si deve attendere la visita apostolica del cardinale Carlo Borromeo. Nei verbali redatti in tale occasione si legge infatti: “…Ecclesia ... S. Mariae ed Elisabet del Bosco … Est divisa in tres partes: inferior habet unicum altare in cappella fornicata, picta, sed obscura, quia habet unicam fenestram prope altare a latere evangelii … Prope portam a latere dextro. Est imago S. Marie, ubi dicitur fuisse initium multo rum miraculum, quibus claret dicta ecclesia …”.
Questa prima cappella databile nella prima metà del XV secolo, fatte salve alcune modifiche apportate lungo i secoli, la possiamo ammirare ancora oggi.
Alla cripta dell’apparizione si accede mediante una scala. Sulla parete di fondo spicca l’altare in marmo di colore nero con intarsi floreali di marmo colorato, opera dei celebri intarsiatori in pietra della bottega di Andrea Manni di Gazzaniga. Sopra l’altare, in una edicola è rappresentata la crocifissione di Cristo, un altorilievo in marmo bianco, pure esso attribuito alla bottega di Andrea Manni.
Nel punto dove la tradizione vuole sia avvenuto l’incontro del veggente con la Madonna e il miracolo dell’olivo, troviamo un piccolo altare con l’edicola contenente, il gruppo statuario raffigurante l’episodio della quarta apparizione, opera in legno scolpita nella bottega di Giuseppe Runggaldir ad Ortisei nel 1938 .
Anticamente, come si legge nei vari documenti, al posto della statua era collocato un affresco raffigurante l’episodio. Sotto l’altarino che regge l’immagine del miracoloso evento, nascosto da una lastra di marmo posta ai piedi dell’edicola contenente il gruppo dell’apparizione, come raccontano le cronache del tempo, è celato il ceppo di faggio dal quale è scaturito il virgulto d’olivo che fino al 1705 era visibile ai fedeli. La decisione di nascondere alla vista dei pellegrini il ceppo di faggio è stata presa dal vescovo Luigi Ruzzini per evitare facili abusi e l’insorgere di superstizioni.
Pure le pareti erano affrescate ma purtroppo oggi sono quasi completamente scomparsi. Gli affreschi che decorano attualmente la volta sono molto più recenti e databili nella seconda metà del XIX secolo. Quasi certamente tracce degli antichi affreschi possono essere nascoste sotto l’intonaco.
Poiché la prima apparizione avvenne il giorno 2 luglio, dedicato dalla liturgia del tempo alla Visita di Maria a Santa Elisabetta, questa cripta primitiva è dedicata alla Visitazione.
Per erigere tre luoghi di culto sempre più ampi nell’arco di 150 anni, significa che l’eco dell’evento miracoloso e della devozione a Maria in quel luogo aveva varcato i confini della valle dell’Ambriola e una conferma la troviamo nei verbali della Visita Apostolica dell’Arcivescovo di Milano. Stando alle note lasciate dal cardinale Carlo Borromeo, in questo Santuario sperduto tra i boschi su una montagna e raggiungibile solo attraverso sentieri impervi, in occasione dell’anniversario dell’apparizione, il 2 luglio, vi convenivano fino a 4000 persone e si celebravano fino a 25 Sante Messe.
La prima piccola cappella viene edificata già a partire dal 1413, scavando la montagna per ricavare un piano e utilizzando le pietre ricavate dallo sbancamento del pendio per la sua costruzione.
Per una prima descrizione sommaria della cappella primitiva o “dell’apparizione”, si deve attendere la visita apostolica del cardinale Carlo Borromeo. Nei verbali redatti in tale occasione si legge infatti: “…Ecclesia ... S. Mariae ed Elisabet del Bosco … Est divisa in tres partes: inferior habet unicum altare in cappella fornicata, picta, sed obscura, quia habet unicam fenestram prope altare a latere evangelii … Prope portam a latere dextro. Est imago S. Marie, ubi dicitur fuisse initium multo rum miraculum, quibus claret dicta ecclesia …”.
Questa prima cappella databile nella prima metà del XV secolo, fatte salve alcune modifiche apportate lungo i secoli, la possiamo ammirare ancora oggi.
Alla cripta dell’apparizione si accede mediante una scala. Sulla parete di fondo spicca l’altare in marmo di colore nero con intarsi floreali di marmo colorato, opera dei celebri intarsiatori in pietra della bottega di Andrea Manni di Gazzaniga. Sopra l’altare, in una edicola è rappresentata la crocifissione di Cristo, un altorilievo in marmo bianco, pure esso attribuito alla bottega di Andrea Manni.
Nel punto dove la tradizione vuole sia avvenuto l’incontro del veggente con la Madonna e il miracolo dell’olivo, troviamo un piccolo altare con l’edicola contenente, il gruppo statuario raffigurante l’episodio della quarta apparizione, opera in legno scolpita nella bottega di Giuseppe Runggaldir ad Ortisei nel 1938 .
Anticamente, come si legge nei vari documenti, al posto della statua era collocato un affresco raffigurante l’episodio. Sotto l’altarino che regge l’immagine del miracoloso evento, nascosto da una lastra di marmo posta ai piedi dell’edicola contenente il gruppo dell’apparizione, come raccontano le cronache del tempo, è celato il ceppo di faggio dal quale è scaturito il virgulto d’olivo che fino al 1705 era visibile ai fedeli. La decisione di nascondere alla vista dei pellegrini il ceppo di faggio è stata presa dal vescovo Luigi Ruzzini per evitare facili abusi e l’insorgere di superstizioni.
Sotto la volta del presbiterio un affresco ottocentesco raffigura la
Visitazione di Maria a Santa Elisabetta. Il piccolo presbiterio illuminato da
una piccola finestra posta sulla destra della navata, è completamente chiuso da una cancellata.
La cappella, come si legge nei verbali del 1575, aveva ed ha tutt’oggi una volta a
botte, decorata con affreschi.Pure le pareti erano affrescate ma purtroppo oggi sono quasi completamente scomparsi. Gli affreschi che decorano attualmente la volta sono molto più recenti e databili nella seconda metà del XIX secolo. Quasi certamente tracce degli antichi affreschi possono essere nascoste sotto l’intonaco.
Poiché la prima apparizione avvenne il giorno 2 luglio, dedicato dalla liturgia del tempo alla Visita di Maria a Santa Elisabetta, questa cripta primitiva è dedicata alla Visitazione.
Anche
la descrizione della seconda chiesa o chiesa di mezzo, costruita dopo pochi
decenni dalla cripta, la troviamo negli Atti della Visita apostolica del
Borromeo.
Fino a non molti anni fa si pensava che questa seconda chiesa fosse stata
costruita nel 1580, ma ciò non corrisponde a verità. Infatti documenti notarili
ritrovati recentemente, ma soprattutto dalla lettura dei verbali della Visita
Apostolica del cardinale di Milano, avvenuta nel 1575, si conferma che questa
chiesa sia stata costruita prima di quella data. Infatti, si legge negli Atti
della visita che la seconda chiesa: “… Altera ecclesia est magis ampla et in
duas naves distincta, altera quarum navium est super praedictam ecclesiam:
habet altare sub testudine cum icona inaurata…” .
A fugare tutti i dubbi, su quando inizia l’erezione del nuovo edificio, abbiamo il rogito notarile con il capitolato riguardante la costruzione della nuova chiesa conservato presso l’Archivio di Stato di Bergamo. Pertanto la costruzione della seconda chiesa inizia nel 1468 e termina dopo pochi anni. Di quella seconda chiesa, oggi rimane ben poco poiché la struttura originaria nel tempo ha subito moltissime modifiche.
Quello che oggi è un poco il luogo di passaggio e di disimpegno tra la cripta e la terza chiesa del Santuario, un tempo era dunque la seconda chiesa e che questo fosse un luogo di culto lo si può capir anche oggi sia dalla struttura architettonica che dagli affreschi conservati all’interno. Purtroppo lungo i secoli ha subito tante e tali trasformazioni che è quasi impossibile riconoscere l’originaria struttura architettonica. Si pensi la chiesa è stata divisa in due da un muro per ricavare sul lato dell’aula un facile accesso alla cripta e sul lato dell’abside un ripostiglio. Inoltre si è diminuita l’altezza con la costruzione di archi e cupole coprendo così anche parte degli affreschi posti nella parte alta delle due navate.
A fugare tutti i dubbi, su quando inizia l’erezione del nuovo edificio, abbiamo il rogito notarile con il capitolato riguardante la costruzione della nuova chiesa conservato presso l’Archivio di Stato di Bergamo. Pertanto la costruzione della seconda chiesa inizia nel 1468 e termina dopo pochi anni. Di quella seconda chiesa, oggi rimane ben poco poiché la struttura originaria nel tempo ha subito moltissime modifiche.
Quello che oggi è un poco il luogo di passaggio e di disimpegno tra la cripta e la terza chiesa del Santuario, un tempo era dunque la seconda chiesa e che questo fosse un luogo di culto lo si può capir anche oggi sia dalla struttura architettonica che dagli affreschi conservati all’interno. Purtroppo lungo i secoli ha subito tante e tali trasformazioni che è quasi impossibile riconoscere l’originaria struttura architettonica. Si pensi la chiesa è stata divisa in due da un muro per ricavare sul lato dell’aula un facile accesso alla cripta e sul lato dell’abside un ripostiglio. Inoltre si è diminuita l’altezza con la costruzione di archi e cupole coprendo così anche parte degli affreschi posti nella parte alta delle due navate.
Particolare molto interessante, che troviamo in questa seconda chiesa, è la
presenza di più di un affresco raffigurante la Madonna che allatta. Ciò fa
pensare che qui si recassero un tempo a pregare sia le donne che chiedevano la
grazia di diventare mamme, sia le partorienti per chiedere l’abbondanza di
latte materno per poter allevare i piccoli figli. Tutto questo fa correre la
memoria ai riti primordiali riservati alla dea della fecondità qui incarnata
nella Santa Elisabetta, diventata mamma in tarda età, e dalla Vergine.
Quasi certamente questa seconda costruzione era a forma di portico, aperta
sulla facciata da un arco di cui si vedono ancora i segni e con il tetto a
vista, sostenuto da arcate che rivelano ancora nel sottotetto, sopra le volte
attuali, tracce di dipinti tra i quali una bella Madonna seduta in trono che
allatta il Bambino Gesù.
Questa seconda chiesa viene utilizzata per le celebrazioni liturgiche fino all’inizio del XIX secolo, presumibilmente fino all’ampliamento della terza chiesa, come si può ricavare dai decreti delle Visite pastorali compiute dai vescovi mons. Speranza, mons. Guindani e mons. Marelli.
Ai nostri giorni questa seconda chiesa restaurata e resa bella dal ritrovamento degli affreschi quattro – cinquecenteschi, serve solo come luogo di passaggio dal quale si scende verso la cripta dell’apparizione e si sale per accedere alla terza chiesa.
Questa seconda chiesa viene utilizzata per le celebrazioni liturgiche fino all’inizio del XIX secolo, presumibilmente fino all’ampliamento della terza chiesa, come si può ricavare dai decreti delle Visite pastorali compiute dai vescovi mons. Speranza, mons. Guindani e mons. Marelli.
Ai nostri giorni questa seconda chiesa restaurata e resa bella dal ritrovamento degli affreschi quattro – cinquecenteschi, serve solo come luogo di passaggio dal quale si scende verso la cripta dell’apparizione e si sale per accedere alla terza chiesa.
“… Altera ecclesia est supra alias duas … Tertia est praedicta cum unico altari …”. È la più ampia e la più artistica. “… Habet iconam inauratam …” Così si legge nel Verbale della Visita del cardinale Carlo Borromeoa al Santuario del Perello tradotti e pubblicati dall’allora Patriarca di Venezia cardinale Angelo Giuseppe Roncalli. Una conferma, poi, che questa chiesa è della metà del Cinquecento ci viene data anche da una data incisa su uno degli archi che sostengono il tetto: 1567.
Certamente questa terza chiesa, molto più piccola dell’attuale, venne costruita sia per ovviare all’inconveniente di dover celebrare le funzioni in una chiesa aperta, come lo era la seconda che per accogliere il sempre più cospicuo numero di pellegrini che arrivavano in pellegrinaggio al santuario.
Non abbiamo una data certa della sua costruzione, però la costruzione di questo terzo edificio sacro è iniziata qualche anno dopo aver terminato la seconda chiesa e terminata molto prima del 1575, anno della Visita Apostolica. La costruzione è posta più a monte della seconda, utilizzando come appoggio la parete nord.
Originariamente questo edificio era di dimensioni più ridotte, a due campate con tetto a vista e presbiterio a volta. “… Questa sebbene sia con un solo altare è però spaziosa e capace di molto popolo. In questa si celebrano le Officiature solenni …”. Nell’arco dei secoli questa costruzione ha subito varie ristrutturazioni pur mantenendone l’originaria struttura architettonica che però hanno alterato in parte l’interno originario.
Una prima ristrutturazione avviene nel XIX secolo e coinvolge anche la volta del presbiterio che viene ridipinta a forma di cielo stellato. Al centro del soffitto a botte viene affrescata l’immagine della quarta apparizione.
Il progettista dell’opera, l’ingegrer Gianfranco Mazzoleni, ha saputo ben armonizzare la parte nuova con quella cinquecentesca preesistente e riproducendo quasi fedelmente l’antica facciata volta a ponente.
Unico neo di questa ristrutturazione è da considerare l’apertura della porta di accesso alla chiesa sulla parete a valle, per effettuare la quale si è distrutto un affresco.
Nel 1958, su progetto dello stesso ingegnere che ha curato l’allungamento della chiesa, è stato rifatto l’altare e l’edicola dove è posto il gruppo statuario dello scultore Cappuccini di Milano. Il nuovo altare verrà consacrato dal vescovo mons. Giuseppe Piazzi il 2 luglio 1959 e nella pietra sacra saranno deposte le reliquie dei martiri S. Alessandro e San Valentino Le ultime migliorie al santuario sono state fatte nell’ultima parte del secondo millennio e consistono nella dotazione di un organo proveniente dalla chiesa di Sant’Egidio in Fontanella e nel posizionamento di una bussola sulla porta centrale.
Con la riforma liturgica voluta dal Concilio Vaticano II il presbiterio della chiesa superiore viene ulteriormente modificato per renderlo confacente alle nuove norme liturgiche. Vengono eliminati i due altari laterali, in osservanza ad un decreto emanato in occasione della Visita pastorale di mons. Adriano Bernareggi e in cornu evangelii sistemato l’ambone mentre in cornu epistolae viene sistemato il gruppo raffigurante l’apparizione scultura eseguita da Alessandro Cappuccini, scultore milanese, nel 1947. Viene infine collocata la mensa per la celebrazione rivolta verso il popolo.
Con gli ultimi lavori di restauro eseguiti all’inizio del terzo millennio, la chiesa superiore, grazie al sapiente lavoro di restauro che ha portato alla luce alcuni frammenti degli affreschi cinquecenteschi che coprivano la volta del presbiterio, alla collocazione di alcuni affreschi strappati in altre parti del Santuario e di alcune tele di pregevole valore, si presenta come uno scrigno d’arte dove antico e moderno ben si integrano tra di loro.
L’esterno della chiesa, anche dopo l’aggiunta delle due campate, si presenta a forma di capanna, con tetto in legno. La facciata in pietra grezza a vista, con le stesse linee architettoniche della precedente, presenta in alto un rosone e ai lati due finestre monofore ad arco. Sopra l’ingresso principale in una lunetta negli anni Ottanta è stato collocato un mosaico raffigurante l’episodio dell’apparizione. Davanti alla chiesa, sul lato a sera, un ampio sacrato da accesso all’edificio.
DI MONTE PERELLO
O Vergine Santissima del Perello,
amante del silenzio e della solitudine,
parla al nostro cuore
parole di vita che solo tu
sai dire ai tuoi figli nel bisogno;
chiamaci a sincera penitenza
ed a vita veramente cristiana;
se è per il nostro meglio
liberaci dai mali che soffriamo,
preservaci dalle disgrazie,
dalle malattie e dalle tentazioni:
donaci la grazia di accettarle
con fede e di vivere sempre
più uniti al tuo Figlio Gesù.
Ave Maria...
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