lunedì 29 maggio 2023

 GALDI, semper 'n gir
28 maggio 2023


VÒIA DE SCARPINÀ…SALTUM ADOSS… Oggi mi sento come risorto dalle ceneri: impastato, scottato, tanto sono stanco e con un sentore di affumicato dato l’età. Tutta quest’acqua sta “giocando” con la mia pressione …e la mia pazienza! Accenderò una candela per Dio e due per il Diavolo: il male bisogna temerlo, ma anche all’occasione ingraziarselo! Solito temporalino giornaliero: meno male che sono sulla via del ritorno…in macchina! Non vedo l’ora di farmi una bella doccia e stendermi sul divano, …voglio mettere in riga le mie povere ossa!

Dal piazzale dell’Alpe di Paglio m1400, il primo tratto percorre un bel bosco dove, di qui e di la, ci sono opere intagliate nel legno, molto ben eseguite e incastonate idealmente nell’ambiente circostante. Arrivato al recinto dei cervi, ne vedo uno: lo chiamo Cocciante (…ed io rinascerò cervo a primavera…), ma fa il "malmustùs", mi da le terga e sale nel bosco. Prendo un bel sentiero, all’inizio pratoso e poi boschivo, che in men che non si dica mi porta sulla salita verso località Larice Bruciato m1708. Una piccola e graziosa Cappelletta, con l’imponente Grignone, mi dice che sono arrivato. Poco prima i Sassi Rossi: costituiscono un affioramento di circa 270 milioni di anni fa un importante sollevamento innalzò tutti i rilievi precedenti. Dai monti giovani appena formati, e dunque più esposti all'erosione, discesero corsi d'acqua ripidi e violenti. Essi erosero le rocce che costituivano i rilievi stessi e deposero una spessa coltre di alluvioni rappresentate da rocce rossastre. Pertanto camminando su queste rocce state calpestando un terreno che si depositò prima della comparsa dei Dinosauri. Ho percorso un po’ di più della metà ma ora la sterrata è in leggera discesa con ampi tratti di piano. Arrivo alla Bocchetta di Olino m1640 e all’Alpe Dolcigo: a metà marzo sono arrivato fin qui con l’amico Edo. Essendo la strada in ombra e ancora piena di neve abbiamo saggiamente scelto il …nostro rientro! In montagna bisogna avere gambe e …testa! Oggi continuo: boschi di abeti, pascoli verde smeraldo, ruscelletti pieni d’acqua con le loro belle cascatelle …ultima curva e il fumo del camino acceso, già in lontananza, mi dice che sono quasi arrivato. Un grande cuore di legno mi attende per darmi il suo saluto di benvenuto. Il rifugio Ombrega m1580 è veramente molto “nuovo”. Tutto legno e pietra. L’ambiente intorno, l’Alpe Ombrega, è verdissima. I gestori, tutti ragazzi capeggiati da Stefano, sono simpatici, sbrigativi e cordiali. All’interno l’atmosfera è riscaldata per metà ambiente dal camino acceso e per l’altra metà …dalla grappa Nardini!. Il bagnarèl è un sugo a base di ricotta stagionata e grattugiata rosolata nel burro di malga con l’aggiunta di un po’ di panna. Con gli gnocchi di patate è …la fine del mondo! Prima parte del ritorno sui miei passi. Poi, piccola deviazione per l’Alpe Oro, l’Alpe Ortighera e Pian delle Betulle (bella la chiesetta a ricordo del battaglione Morbegno. Il museo alpino sottostante (Il ricordo unisce ciò che il destino divide) era chiuso). Conclusione stringata: Alpe di Paglio vuota, Pian delle Betulle vuoto,  rifugio Ombrega …un “puttanaio” di gente!




































sabato 27 maggio 2023

 GALDI, semper in gir
26 maggio 2023


“…il tagliere del formaggio, accompagnato da marmellata di cipolle e a quella piccante di pere, da noci, miele e un grappolo d’uva bianca. C’era la ricotta cremosa cosparsa di pepe appena macinato e olio d’oliva, il formaggio fresco alle erbe aromatiche e scaglie friabili di quello stagionato diciotto mesi. Scelgo un grissino ritorto di farina di mais e zucca per accompagnare il mio primo assaggio. L’ambiente profumava di botti, polenta arrostita e di travi antiche...”.

La mia ricerca di nuovi percorsi mi ri-porta, su consiglio di un amico taglialegna, a Songavazzo m640 in Alta Valle Seriana, con l’obiettivo di raggiungere il Monte Colombina, la sua bella Croce di vetta e i panorami sul Lago d’Iseo. Lascio l’auto presso un ampio parcheggio sull’altopiano del Monte Falecchio. Passo per il Plis (parco) del Monte Varro e seguo le poche indicazioni per San Fermo. Percorro un’ampia strada sterrata fino a raggiungere il letto di un fiume, salgo nel bosco superando alcuni strappi su terreno roccioso. Il percorso è sempre agevole e piacevole: il canto degli uccelli, il rumore delle motoseghe, il suonare dei campanacci delle mucche e il frinire dei grilli è una bella compagnia. Raggiungo la piana di Camasone (Camasù), dove il paesaggio, tra baite e roccoli, inizia ad aprirsi. Il panorama sulle Orobie è già uno spettacolo: il Pizzo Arera è lì davanti, mi osserva e mi chiama: grazie…ma ti conosco già!. Supero altri roccoli e raggiungo la sella del Monte Torrione. La sterrata diventa cementata nei punti (molti!) in cui bisogna per forza “tirare fuori la lingua”. Raggiungo la chiesetta di San Fermo m1250 che purtroppo è chiusa, …peccato!. Ora il paesaggio è prevalentemente erboso: proseguo “spedito” sempre su una bella strada sterrata e, al termine della stessa, inizio a intravedere la Croce di vetta del Colombina m1458. Il sole che splende sembra proprio volermi ricaricare per la erta salita finale: sono a due passi dall’obiettivo. Seguo la traccia che s’inerpica ripida. Durante la salita non posso fare a meno di voltarmi per osservare il Lago d’Iseo che si mostra in lontananza in tutto il suo splendore. La Croce di vetta è imponente e nelle vicinanze è anche presente un piccolo “altare” con indicati i punti cardinali e la direzione delle vicine montagne. Osservo il panorama e riconosco subito il Monte Guglielmo, il Monte Campione, il Muffetto e, dall’altro lato, le Orobie. Non mi resta che ritornare sui miei passi lungo il sentiero e iniziare la discesa attraverso un bel prato fiorito che mi porta sulla strada sterrata e quindi nuovamente a San Fermo. Proseguo ripercorrendo il percorso fatto all’andata. Mi godo ogni passo vista l’assenza di difficoltà tecniche e raggiungo Songavazzo. Ho ancora il tempo di seguire le indicazioni per il Cappello degli Alpini, un bel monumento posto nella zona alta del paese. Vale sicuramente la pena!. Mi fermo alla Casetta dei libri (Cà di Lèber), costruita con il legname del consorzio forestale della Presolana. Dentro si sente l’odore del legno che si mescola a quello della carta dei libri …tanti libri …centinaia di libri! Vicino alla sala di lettura, a cielo aperto, una panchina gigante, gialla e marrone. Ma la sua scaletta di legno fatta di libri giganti?. Non c’è più! Restauro? Uno sguardo sull’altopiano di Clusone. Un’ultima breve fermata al gigante di legno scaccia Covid: si chiama Gigante G, è alto cinque metri e ha una mano che funge da panchina ed è un pò un abbraccio alle persone che vogliono fare una fotografia insieme a lui.