9. IL PROCLAMA ALEXANDER
LA "BANDA" RESMINI
LA BADOGLIEISE (Fausto Amodei)
Il proclama Alexander fu un discorso
pronunciato via radio dall’emittente "Italia Combatte", la stazione radio attraverso la quale
il comando anglo-americano manteneva i contatti con le formazioni del Comitato di Liberazione Nazionale (C.L.N.), dal comandante in capo delle truppe alleate nel Mediterraneo feldmaresciallo inglese Harold Alexander nel tardo pomeriggio del 13 novembre 1944. Questo
proclama rivolto agli aderenti alla resistenza armata nel nord Italia richiedeva la cessazione di ogni operazione
organizzata su vasta scala e l’attestarsi su posizioni difensive e, allo stesso
tempo, dichiarava sospesa ogni operazione militare Alleata per
l'inverno 1944/'45.
"Patrioti! La campagna estiva, iniziata l'11 maggio e condotta senza interruzione fin dopo lo sfondamento della linea gotica, è finita: inizia ora la campagna invernale.
In relazione all'avanzata alleata, nel periodo trascorso, era richiesta una concomitante azione dei patrioti: ora le piogge e il fango non possono non rallentare l'avanzata alleata, e i patrioti devono cessare la loro attività precedente per prepararsi alla nuova fase di lotta e fronteggiare un nuovo nemico, l'inverno.
Il feldmaresciallo inglese Harold Alexander, comandante in capo delle truppe alleate nel Mediterraneo. |
In relazione all'avanzata alleata, nel periodo trascorso, era richiesta una concomitante azione dei patrioti: ora le piogge e il fango non possono non rallentare l'avanzata alleata, e i patrioti devono cessare la loro attività precedente per prepararsi alla nuova fase di lotta e fronteggiare un nuovo nemico, l'inverno.
Questo sarà molto duro per i patrioti, a causa della difficoltà di rifornimenti di viveri e di indumenti: le notti in cui si potrà volare saranno poche nel prossimo periodo, e ciò limiterà pure la possibilità di lanci; gli alleati però faranno il possibile per effettuare i rifornimenti.
In considerazione di quanto sopra esposto, il generale Alexander ordina le istruzioni ai patrioti come segue:
1. cessare le operazioni organizzate su larga scala;
2. conservare le munizioni ed i materiali e tenersi pronti a nuovi ordini;
3. attendere nuove istruzioni che verranno date a mezzo radio "Italia Combatte" o con mezzi speciali o con manifestini. Sarà cosa saggia non esporsi in azioni arrischiate; la parola d'ordine è: stare in guardia, stare in difesa;
4. approfittare però ugualmente delle occasioni favorevoli per attaccare i tedeschi e i fascisti;
5. continuare nella raccolta delle notizie di carattere militare concernenti il nemico; studiarne le intenzioni, gli spostamenti, e comunicare tutto a chi di dovere;
6.le predette disposizioni possono venire annullate da ordini di azioni particolari;
7. poichè nuovi fattori potrebbero intervenire a mutare il corso della campagna invernale (spontanea ritirata tedesca per influenza di altri fronti), i patrioti siano preparati e pronti per la prossima avanzata;
8. il generale Alexander prega i capi delle formazioni di portare ai propri uomini le sue congratulazioni e l'espressione della sua profonda stima per la collaborazione offerta alle truppe da lui comandate durante la scorsa campagna estiva".
Contro le stesse intenzioni di Alexander, il messaggio fu
interpretato come un invito a desistere. In ogni caso il comando del Corpo volontari della libertà (CVL)
evitò lo smantellamento inopinato del movimento partigiano che anzi, continuò,
salvandosi dall'azione di violenta repressione che i tedeschi intensificarono
parallelamente al periodo di inattività anglo-americane.
Il CVL invitò tutti i comandi regionali a interpretare il
proclama Alexander nel senso dell’apertura della campagna invernale, non
smobilitare ma passare ad una nuova strategia in considerazione delle mutate
condizioni belliche e climatiche.
Il proclama diramato in uno dei momenti più cruciali della
guerra di liberazione fu giudicato, dalla maggior parte delle forze della
Resistenza, un duro colpo politico, organizzativo e militare diffuso senza
valutarne l'impatto psicologico, che sarebbe stato molto forte.
Il punto di vista americano prevalse e quello italiano
divenne un "fronte dimenticato". I dirigenti della Resistenza
appresero questa decisione dalla radio, così come l'appresero i nazifascisti la
cui reazione non si fece attendere.
I tedeschi ora sapevano che avevano molti mesi di stasi,
durante i quali avrebbero potuto rivolgere tutte le energie contro l'esercito
partigiano intensificando le azioni di rastrellamento per garantirsi il
controllo su tutto il territorio del nord.
Battuti sulle montagne e sulle colline, anche a causa della
superiorità di mezzi della Wehrmacht, i partigiani riuscirono tuttavia a superare il
periodo repressivo disperdendosi nella pianura Padana a ridosso dei centri urbani.
Tratto da “Bergamo 1943-1945 - I luoghi della storia”: ”Nell’ex-collegio
Dante Alighieri […] fu di stanza la 612ª Compagnia O.P. Bergamo della G.N.R.
nata nel gennaio 1944 dalla 14ª Legione della Milizia. La componevano 150
uomini al comando del capitano Aldo Resmini. La 612ª O.P. Bergamo aveva
compiti esclusivi di lotta anti-partigiana e insieme alla 648ª O.P. Macerata e
a una compagnia di comando provinciale partecipò a numerose azioni contro i
partigiani”.
Il capitano Aldo Resmini |
Tratto dalle sentenze della Corte d’Assise di Bergamo
convocata nell’immediato dopoguerra (2 giugno 1945) per processare i componenti della famosa e famigerata compagnia, descrivevano la 612° O.P. in
questi termini: “La banda Resmini, terrore e obbrobrio della provincia di
Bergamo, per i numerosi atti di crudeltà commessi… Come deposto dai testimoni… la
famigerata banda Resmini fu ripetutamente impiegata con forze tedesche militari
contro patrioti italiani e prigionieri di guerra...”.
Tratto dai racconti autobiografici di Benito Rigamonti,
combattente nella Milizia volontaria della Repubblica sociale Italiana: ”Di
fatti, a novembre del 1943 mi sono arruolato volontario e sono stato messo a
Bergamo, alla Caserma dei Mille che è l’attuale S. Agostino, su alla Fara 52.
Lì c’era il centro di raccolta che era a lato della chiesa sconsacrata […].
Lì ho fatto la guardia per tutto l’inverno del ’43. Era la caserma della
Milizia, che poi diventò Guardia nazionale repubblicana, G.N.R. […]. Io sono
sempre rimasto lì, insieme a pochissimi, mentre tutti gli altri venivano
trasferiti nelle varie formazioni. A un certo punto mi sono stufato e sono
andato da questo signore della milizia. Sono andato su e gli ho detto:
"Senta, senta, sono stufo di star su alla Caserma dei Mille, vorrei venir
giù qui, in questa formazione"…una formazione che stavano allestendo…e
sono entrato nella compagnia Ordine Pubblico, che era in via Galliccioli, al
comando del famoso e famigerato, capitano, autonominatosi capitano, Aldo
Resmini […]. Le operazioni di solito venivano per informazioni o spiate, o
soffiate…allora si partiva, si rastrellava,… qualcuno veniva magari preso e poi
maltrattato per avere informazioni…ho visto gente massacrata di botte… ma proprio
per questo motivo io ho voluto andarmene da questa compagnia, perché erano cose
che non potevo sopportare…secondo i miei valori e i miei principi… le sevizie e
le botte non erano nel mio modo di pensare e di vedere le cose”.
Il capitano Aldo Resini e il suo arresto in Valcava ad opera dei partigiani della “XXIV Maggio”. |
Il “Giornale del Popolo” e l”Eco di Bergamo” del 21 Maggio
1945, annunciano la morte di Aldo Resmini. Gli articoli descrivono il periodo
tra la resa dei tedeschi, la sua cattura e il suo tentativo di fuga.
Il 25
Aprile 1945 Resmini arriva a Como. Arrestato a Mariano Comense viene rilasciato
dopo due giorni e si rifugia in Val San Martino. Il 19 Maggio alcuni partigiani
della “XXIV Maggio” individuano a Valcava la casa dove si trovava con la
moglie. Viene prelevato e trasportato da Almenno San Bartolomeo a Bergamo e
consegnato al “Nucleo di polizia di Colle Aperto”. Resmini, durante il viaggio,
tenta una disperata fuga. Durante la notte subisce un “interrogatorio morbido”.
Dopo l’interrogatorio, alle 4,30 del mattino, viene trasportato a bordo di
una macchina scoperta. Ufficialmente lo scopo del viaggio è di portare il
Resmini all’ospedale per essere curato a seguito delle orrende sevizie
riportate ma, in fondo a Via Mazzini, venne ucciso a colpi di pistola.
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