U.O.E.I.
Pre-escursione del 12 marzo 2017.
La signorina Rottermaier, Acqua in bocca e Sandrokan vi porgono i loro
Pre-escursione del 12 marzo 2017.
La signorina Rottermaier, Acqua in bocca e Sandrokan vi porgono i loro
(Se pensi che l'avventura sia pericolosa, prova la routine. E' letale.)
Vi aspettiamo il
Ciaooo!!!
BENVENUTI…a Molina, borgo medioevale dalle antiche corti e case
di pietra, dove il tempo scorre lentamente, assecondando il ritmo della natura.
Il bellissimo Parco delle Cascate, una splendida oasi naturalistica con
un'altitudine compresa fra i 630 ed i 380 metri, è il posto ideale per
un’escursione naturalistica immersi nel verde della lussureggiante vegetazione,
tra vertiginose pareti di roccia nuda, ampie caverne e scroscianti cascate
d’acqua sorgiva.
Si
estende su un'area di circa 80 mila metri quadrati lungo la Valle di
Fumane, alla confluenza con il Vajo delle Scalucce e con il Vajo di Molina.
Questi due torrenti superano, in breve tratto, una forte pendenza con numerose
cascate che sono la principale attrazione dell'oasi naturalistica. Un sentiero
attrezzato permette di visitare le più belle cascate e di cogliere nello stesso
tempo scorci suggestivi di un paesaggio naturale fatto di prati e boschi,
pendii, speroni rocciosi, alberi ed acque. Sono questi gli elementi
essenziali di un fenomeno della natura che si offre nella sua semplicità e
genuinità, anche se qualcuno, in frettolosa evasione da caotiche città, può
essere tentato di vedervi, di volta in volta, un luogo magico, misterioso e un
tantino pericoloso, un'avventura facile, un lembo di terre e di tempi lontani.
Il parco, realizzato da Giuseppe Perin con la fattiva collaborazione dei molinesi, è gestito dalla Pro Loco e vuole essere una piccola palestra per l'educazione all'amore e al rispetto per la natura. Per accedere al Parco si scende per una mulattiera, ora trasformata in strada lastricata in pietra, fiancheggiata da muretti e da lastre in pietra locale. Al termine del breve tratto in discesa (circa 500 metri), si giunge all'entrata del Parco con il vecchio mulino del 1718, restaurato conservandone le proprietà architettoniche; di fronte, si erge grandiosa la rupe Sengia da Ponto, mentre più in basso una cortina di dirupi divide l'area del Parco dai pendii soprastanti. Seguendo la segnaletica si giunge, attraverso il sentiero che fiancheggia la Sengia da Ponto, alla cascata del Prà de la Sacheta (Cascata Verde), un salto di circa venti metri. La cascata è resa ancora più spettacolare dalla cornice di verde che la circonda e dalle grotte che la affiancano da entrambi i lati: nel covolo di destra è stato dissotterrato recentemente uno scheletro di un bambino di epoca preistorica.
Seguendo le indicazioni, si giunge ad un mulino diroccato coperto di edera; dopo una breve discesa si può vedere l'ultimo Mulino, pressoché intatto, con annessa una stalla con mangiatoia. Proseguendo lungo il percorso, si attraversa una piacevole distesa di prati, si arriva al punto inferiore del Parco, a quota 395 metri sul livello del mare, alla Rosta, dove è presente una meravigliosa rappresentanza della flora della Lessinia. Attraversato il ponte, si costeggia quindi il torrente fino a giungere ai piedi della cascata del Pozzo dell'Orso, chiamata così perché la tradizione paesana vuole che qui, due secoli fa, fosse ucciso l'ultimo plantigrado della zona. Si risale, per il sentiero a destra della cascata, la Valle delle Scalucce fino a un bivio: a destra si prosegue verso l'Orrido delle Scalucce, attraverso il bosco di Frate Marae. A sinistra una scala addossata alla roccia permette (Scala delle Vertigini) un'occhiata panoramica sulla zona inferiore del Parco, e una suggestiva veduta dall'alto della cascata e dell'Orrido del Pozzo dell'Orso, dove è chiaramente visibile l'azione del moto vorticoso del torrente che ha scavato un profondo covolo nella roccia, tanto che, in un futuro più o meno lontano, si aprirà un varco nella parte opposta della parete rocciosa.
Proseguendo nella visita del Parco si risale la forra ai margini del Prà del Pozzo dell'Orso, prato che dà il nome alla cascata (del Tombolino) e si giunge alla confluenza della Val Casara, dove si puo' vedere l'ampia cascata del Prà dei Salgari (del Tombolo). Poco più in su scende compatta e violenta la cascata Spolverona (del Marmittone); sotto la superficie dell'acqua si noti la perfetta levigatura del pozzo, profondo sei metri, compiuta dai sassi trasportati dalla corrente. Si prosegue il percorso fiancheggiando un covolo e, oltrepassato un ponte, si giunge a una fontana di acqua potabile. Poco più in là si apre il ventaglio della cascata del Prà dell'Orto: alla base, sulla destra, sgorga una deliziosa fontanina, mentre in alto sovrastano la Sengia da Ponto e la cascata della Quareta (cascata Nera). Attraversata ora la piazzola-ristoro, nel Prà dell'Orto, con pochi metri di salita si arriva a un altro spiazzo, la Quareta. Sulla parete rocciosa numerose croci incise nella roccia, certamente plurisecolari.
Continuando il giro dello sperone roccioso, si apre davanti la vista della meravigliosa cascata, che scende verticale e compatta per venticinque metri. Vi è l'unica attrazione acrobatica: una grande altalena sospesa che, nella sua oscillazione, arriva a toccare la base della cascata. Risalendo il sentiero lungo il pendio chiamato Strudene, si giunge all'uscita, davanti al posto di ristoro, sistemato in un vecchio mulino restaurato. Anche il ritorno a Molina non è privo di interesse: in alto il paese aggrappato al monte e sovrastato dal campanile di Breonio, lungo la valle, in ordine sparso, vari mulini coperti di vegetazione di fronte ad una quinta di pareti rocciose. Lungo la risalita meritano qualche attenzione i segni di una agricoltura una volta intensa, anche se non facile: le pietre di calcare, piantate nel terreno a fare da siepe e da confine, i muretti a secco, gli alberi da frutto i più vari, che ancora resistono alla prepotente affermazione del ciliegio.
Il parco, realizzato da Giuseppe Perin con la fattiva collaborazione dei molinesi, è gestito dalla Pro Loco e vuole essere una piccola palestra per l'educazione all'amore e al rispetto per la natura. Per accedere al Parco si scende per una mulattiera, ora trasformata in strada lastricata in pietra, fiancheggiata da muretti e da lastre in pietra locale. Al termine del breve tratto in discesa (circa 500 metri), si giunge all'entrata del Parco con il vecchio mulino del 1718, restaurato conservandone le proprietà architettoniche; di fronte, si erge grandiosa la rupe Sengia da Ponto, mentre più in basso una cortina di dirupi divide l'area del Parco dai pendii soprastanti. Seguendo la segnaletica si giunge, attraverso il sentiero che fiancheggia la Sengia da Ponto, alla cascata del Prà de la Sacheta (Cascata Verde), un salto di circa venti metri. La cascata è resa ancora più spettacolare dalla cornice di verde che la circonda e dalle grotte che la affiancano da entrambi i lati: nel covolo di destra è stato dissotterrato recentemente uno scheletro di un bambino di epoca preistorica.
Seguendo le indicazioni, si giunge ad un mulino diroccato coperto di edera; dopo una breve discesa si può vedere l'ultimo Mulino, pressoché intatto, con annessa una stalla con mangiatoia. Proseguendo lungo il percorso, si attraversa una piacevole distesa di prati, si arriva al punto inferiore del Parco, a quota 395 metri sul livello del mare, alla Rosta, dove è presente una meravigliosa rappresentanza della flora della Lessinia. Attraversato il ponte, si costeggia quindi il torrente fino a giungere ai piedi della cascata del Pozzo dell'Orso, chiamata così perché la tradizione paesana vuole che qui, due secoli fa, fosse ucciso l'ultimo plantigrado della zona. Si risale, per il sentiero a destra della cascata, la Valle delle Scalucce fino a un bivio: a destra si prosegue verso l'Orrido delle Scalucce, attraverso il bosco di Frate Marae. A sinistra una scala addossata alla roccia permette (Scala delle Vertigini) un'occhiata panoramica sulla zona inferiore del Parco, e una suggestiva veduta dall'alto della cascata e dell'Orrido del Pozzo dell'Orso, dove è chiaramente visibile l'azione del moto vorticoso del torrente che ha scavato un profondo covolo nella roccia, tanto che, in un futuro più o meno lontano, si aprirà un varco nella parte opposta della parete rocciosa.
Proseguendo nella visita del Parco si risale la forra ai margini del Prà del Pozzo dell'Orso, prato che dà il nome alla cascata (del Tombolino) e si giunge alla confluenza della Val Casara, dove si puo' vedere l'ampia cascata del Prà dei Salgari (del Tombolo). Poco più in su scende compatta e violenta la cascata Spolverona (del Marmittone); sotto la superficie dell'acqua si noti la perfetta levigatura del pozzo, profondo sei metri, compiuta dai sassi trasportati dalla corrente. Si prosegue il percorso fiancheggiando un covolo e, oltrepassato un ponte, si giunge a una fontana di acqua potabile. Poco più in là si apre il ventaglio della cascata del Prà dell'Orto: alla base, sulla destra, sgorga una deliziosa fontanina, mentre in alto sovrastano la Sengia da Ponto e la cascata della Quareta (cascata Nera). Attraversata ora la piazzola-ristoro, nel Prà dell'Orto, con pochi metri di salita si arriva a un altro spiazzo, la Quareta. Sulla parete rocciosa numerose croci incise nella roccia, certamente plurisecolari.
Continuando il giro dello sperone roccioso, si apre davanti la vista della meravigliosa cascata, che scende verticale e compatta per venticinque metri. Vi è l'unica attrazione acrobatica: una grande altalena sospesa che, nella sua oscillazione, arriva a toccare la base della cascata. Risalendo il sentiero lungo il pendio chiamato Strudene, si giunge all'uscita, davanti al posto di ristoro, sistemato in un vecchio mulino restaurato. Anche il ritorno a Molina non è privo di interesse: in alto il paese aggrappato al monte e sovrastato dal campanile di Breonio, lungo la valle, in ordine sparso, vari mulini coperti di vegetazione di fronte ad una quinta di pareti rocciose. Lungo la risalita meritano qualche attenzione i segni di una agricoltura una volta intensa, anche se non facile: le pietre di calcare, piantate nel terreno a fare da siepe e da confine, i muretti a secco, gli alberi da frutto i più vari, che ancora resistono alla prepotente affermazione del ciliegio.
Ciaooo!!!
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