UOEI - Bergamo
11 novembre 2018
L'estate di san Martino
Le leggende metropolitane sono quelle storie considerate troppo belle per non essere vere.
Chi le racconta giura e spergiura che sono accadute in quel dato posto
e che un suo amico, di cui si fida ciecamente, ne è stato testimone diretto.
Non sono fatti veri, ma verosimili.
Accadimenti misteriosi, affascinanti, belli da raccontare e da ascoltare.
C’è tuttavia una leggenda metropolitana che sfugge a questa regola, che al contrario di tutte le altre ha i dettagli che servono per circoscrivere la storia che dura oramai da più di un secolo. Stiamo parlando del ponte di Paderno d’Adda e della leggenda della morte del suo inventore, che si sarebbe buttato di sotto il giorno dell’inaugurazione per paura di un crollo.
Lo diciamo subito: non è vero niente! L’ingegnere che progettò il ponte San Michele a Paderno d’Adda non è morto suicida, ma è passato a miglior vita per colpa di una polmonite più o meno 20 anni dopo l’inaugurazione dell’opera. Ma allora, si chiederà qualcuno, com’è nata questa leggenda? Da dove arriva questa strana diceria che fra l’altro ha finito per attribuire una fama sinistra al ponte, teatro negli anni di numerosi suicidi? Per rispondere a queste domande dobbiamo procedere con ordine mettendo in fila tutti i fatti, così come fanno i bravi detective.
Il ponte di Paderno venne realizzato fra il 1887 e il 1889 per mettere in collegamento il comparto economico del milanese e quello della bergamasca, divisi dal fiume Adda. Il suo progettista fu l’ingegnere svizzero Jules Rothlisberger ed era direttore dell’ufficio tecnico della Società nazionale officine Savigliano. In molti si erano fatti avanti per ottenere quella commessa, ma alla fine riuscì a spuntarla, anche grazie a un progetto ardito e spregiudicato che prevedeva di realizzare un ponte su di un’unica campata. Il costo di realizzazione dell’opera, che aveva iniziato a far discutere ancora prima che iniziassero i lavori, fu di poco meno di due milioni di lire. Tempo di realizzazione: due anni. I dati tecnici dicono che il ponte è lungo 266 metri e che si trova ad un’altezza di 85 metri rispetto alla quota del fiume. Ha una struttura ad arco, realizzata interamente con travi inchiodate con due i livelli di percorribilità, sopra le auto, sotto i treni. Per l’importanza storica è paragonabile alla Torre Eiffel, costruita negli stessi anni e con le stesse tecnologie, entrambe divenute il simbolo del sviluppo industriale per i rispettivi paesi. Non a caso, dopo Crespi d’Adda e la Fortificazione di Bergamo, potrebbe divenire il terzo Patrimonio dell’Umanità della provincia bergamasca: la sua candidatura è stata avanzata nel 2017.
E fin qui va tutto bene, sembra una storia assolutamente normale. Anzi, una bella storia di progresso e sviluppo senza fatti anomali tali da giustificare leggende così terribili come quella che vuole il progettista del ponte morto suicida. Tuttavia, guardando bene fra le pieghe del giorno dell’inaugurazione, qualche indizio salta fuori. Il primo è legato al meteo. Il ponte di Paderno fu inaugurato in una piovosissima giornata di fine maggio. L’acqua veniva giù a catinelle, un vero diluvio, che però non fermò le prove di carico. Durante il passaggio del treno che serviva a testare la tenuta, uno degli operai che stavano ancora lavorando fra i tralicci scivolò, perse l’equilibrio e cadde nel vuoto. Per un attimo sembrò che potesse evitare il volo. Una fune penzolante gli aveva offerto un appiglio, ma la presa dell’uomo non fu abbastanza ferrea e così finì nell’Adda con un tonfo sordo. Tutti si aspettavano di vedere riemergere un cadavere e invece, miracolo, l’uomo era incredibilmente vivo. Mezzo ammaccato e stordito dall’impatto con l’acqua, ma vivo. Qualcuno che cadde dal ponte ci fu, dunque. Si trattò di un incidente, per di più finito bene, ma molto probabilmente l’episodio diede il via alle prime voci, alimentate dall’invidia che il progetto di Jules Rothlisberger aveva suscitato negli ambienti professionali milanesi e lombardi.
A questa atmosfera, si sommò poi negli anni a venire un numero crescente di suicidi che scelsero il ponte come luogo dove porre fine ai loro giorni. Uno, in particolare colpì l’immaginario collettivo e tenne banco sui giornali dell’epoca per diversi giorni. Fu la scomparsa della contessa Barni, una nobildonna di Bergamo, che nell’autunno del 1906 sparì improvvisamente da casa. Sul ponte di Paderno vennero trovati alcuni suoi indumenti, così che immediatamente venne ipotizzato un suo malsano gesto. Per giorni carabinieri e guardie forestali cercarono il suo corpo nell’Adda, senza però trovarlo mai. Due settimane dopo la contessa ricomparve: non si era suicidata, ma ci era andata molto vicino e solo la sua fede l’aveva trattenuta dal saltare oltre le protezioni. Eccola qua, dunque, la leggenda metropolitana del suicidio del progettista. Una miscela di fatti realmente accaduti, di maldicenze e di episodi di cronaca. Una leggenda nera che regge al passare degli anni e che ammanta ancora oggi il luogo di un’aurea inquietante e misteriosa.
Ringrazio Elisa per le belle foto paesaggistiche che ho "rubato" dal suo sito.
Stavolta ti sei superata! Ma anche ...sette...otto....!
BRAVISSIMO COME SEMPRE
RispondiEliminaTi ringrazio...sai che quasi quasi comincio a crederci anch'io?
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