21 maggio 2017
Molina di Fumane (Verona)
Benvenuti a Molina, borgo medioevale dalle antiche corti e case di pietra, dove il tempo scorre talmente lentamente che, assecondando il ritmo della natura, le ciliegie sono le ultime del veronese a maturare.
Ci dirigiamo (99 hanno aderito alla chiamata!) verso l’antica Malga restaurata e raggiungiamo il Molin de Lorenzo e tutto il sistema di fontane, cascatelle e rivoli d’acqua che ancora oggi solo la dolce melodia dello scorrere dell’acqua è in grado di azionarne i sistemi.
Iniziamo a salire lungo l’unico percorso ben segnato che ci conduce fino all’antico borgo medievale di Gorgusello (di Sotto) con le sue case unicamente in pietra e le fontane. Da qui innalzando brevemente lo sguardo è possibile scorgere il campanile, affiancato dalle rovine della settecentesca Chiesa di San Marziale a Beonio, che ci sta aspettando lungo il versante di una collinetta immersa nel verde e solcata da innumerevoli rivoli d’acqua limpida.
Ci dirigiamo lungo una strada ”bianca” che funge da splendido balcone con vista sulla Lessinia occidentale, dalla Valle dei Progni e l’abitato di Cerna, sul fronte opposto della vallata, fino a raggiungere con lo sguardo il Corno d’Aquino, il Corno Mozzo e un’ampia parte dell’altipiano lessinico. Scendendo lungo il versante meridionale ritorniamo…o meglio…arriviamo “Ai Piè della Creta”, il nostro ristorante.
Dopo aver ben mangiato e ben bevuto…spero...il bellissimo Parco delle Cascate, una splendida oasi naturalistica con un'altitudine compresa fra i 630 e i 380 metri, è il posto ideale per un’escursione naturalistica immersi nel verde della lussureggiante vegetazione, tra vertiginose pareti di roccia nuda, ampie caverne e scroscianti cascate d’acqua sorgiva. Si estende su un'area di circa 80 mila metri quadrati lungo la Valle di Fumane, alla confluenza con il Vajo delle Scalucce e con il Vajo di Molina. Questi due torrenti superano, in breve tratto, una forte pendenza con numerose cascate che sono la principale attrazione dell'oasi naturalistica. Un sentiero attrezzato permette di visitarne le più belle e di cogliere, nello stesso tempo, scorci affascinanti di un paesaggio naturale fatto di prati e boschi, pendii, speroni rocciosi, alberi e acque. Sono questi gli elementi essenziali di un fenomeno della natura che si offre nella sua semplicità e genuinità, anche se qualcuno, in frettolosa evasione dalla caotica città, può essere tentato di vedervi un luogo magico, misterioso e un tantino pericoloso, un'avventura facile, un lembo di terre e di tempi lontani.
|
LA CASCATA E LA GROTTA DELLE TETTE MORE |
Il Parco, realizzato da Giuseppe Perin con la fattiva collaborazione dei molinesi, è gestito dalla Pro Loco e vuole essere una piccola palestra per l'educazione all'amore e al rispetto per la natura. Per accederne si scende per una mulattiera, ora trasformata in strada lastricata in pietra, fiancheggiata da muretti e da lastre in pietra locale. Al termine del breve tratto in discesa (circa 500 metri), si giunge all'entrata del Parco con il vecchio mulino del 1718, restaurato conservandone le proprietà architettoniche; di fronte, si erge grandiosa la rupe Sengia da Ponto, mentre più in basso una cortina di dirupi divide l'area del Parco dai pendii soprastanti. Seguendo la segnaletica si giunge, attraverso il sentiero che fiancheggia la Sengia da Ponto, alla cascata del Prà de la Sacheta (Cascata Verde), un salto di circa venti metri.
|
LA CASCATA VERDE |
La cascata è resa ancora più spettacolare dalla cornice di verde che la circonda e dalle grotte che la affiancano da entrambi i lati: nel covolo di destra è stato dissotterrato recentemente uno scheletro di un bambino di epoca preistorica. Seguendo le indicazioni, si giunge a un mulino diroccato coperto di edera e, dopo una breve discesa, all’ultimo mulino, pressoché intatto, con annessa stalla e mangiatoia. Attraversando una piacevole distesa di prati, si arriva al punto inferiore del Parco, a quota 395 metri s.l.m., alla Rosta, dove è presente una meravigliosa rappresentanza della flora della Lessinia. Attraversato il ponte, si costeggia il torrente fino a giungere ai piedi della cascata del Pozzo dell'Orso, chiamata così perché la tradizione paesana vuole che qui, due secoli fa, fosse ucciso l'ultimo plantigrado della zona.
|
LA CASCATA E IL POZZO DELL'ORSO |
Si risale la Valle delle Scalucce fino all'Orrido delle Scalucce, attraverso il bosco di Frate Marae: una scala addossata alla roccia (Scala delle Vertigini) permette un'occhiata panoramica sulla zona inferiore del Parco, e una emozionante veduta dall'alto della cascata e dell'Orrido del Pozzo dell'Orso.
|
SCALA DELLE VERTIGGINI |
E’ chiaramente visibile l'azione del moto vorticoso del torrente che ha scavato un profondo covolo nella roccia, tanto che, in un futuro più o meno lontano, si aprirà un varco nella parte opposta della parete rocciosa. Proseguendo nella visita del Parco si risale la forra ai margini del Prà del Pozzo dell'Orso, prato che impone il nome alla cascata (del Tombolino) e si giunge alla confluenza della Val Casara, dove si può vedere l'ampia cascata del Prà dei Salgari (del Tombolo).
|
CASCATA DEL TOMBOLO |
Poco più su scende compatta e violenta la cascata Spolverona (del Marmittone): sotto la superficie dell'acqua si nota la perfetta levigatura del pozzo, profondo sei metri, compiuta dai sassi trasportati dalla corrente. Si prosegue il percorso fiancheggiando un covolo e, oltrepassato un ponte, poco più in là si apre il ventaglio della cascata del Prà dell'Orto: alla base, sulla destra, sgorga una deliziosa fontanina (tutta quest’acqua mette sete!), mentre in alto sovrastano la Sengia da Ponto e la cascata della Quareta (cascata Nera). Attraversata ora la piazzola-ristoro, nel Prà dell'Orto, con pochi metri di salita si arriva a un altro spiazzo, la Quareta: sulla parete rocciosa numerose croci incise, certamente plurisecolari. Continuando il giro dello sperone roccioso, si apre davanti la vista della meravigliosa cascata, che scende verticale e compatta per venticinque metri.
|
LA CASCATA NERA |
Qui vi è l'unica attrazione acrobatica: una grande altalena sospesa che, nella sua oscillazione, arriva a toccare la parete della stessa cascata. Risalendo il sentiero lungo il pendio chiamato Strudene, si giunge all'uscita, davanti al posto di ristoro, sistemato in un vecchio mulino restaurato. Anche il ritorno a Molina non è privo d’interesse: in alto il paese aggrappato al monte e sovrastato dal campanile di Breonio, e lungo la valle, in ordine sparso, vari mulini coperti di vegetazione di fronte ad una scena di pareti rocciose. Lungo la risalita meritano qualche attenzione i segni di un’agricoltura una volta intensa, anche se non facile: le pietre di calcare, piantate nel terreno a fare da siepe e da confine, i muretti a secco, i più svariati alberi da frutto, che ancora resistono alla prepotente affermazione del ciliegio.
|
DOPPIO COVOLO |
|
CASCATA DEL MARMITTONE |
Se pensi che l’avventura sia pericolosa, prova la routine. E’ letale!
Nessun commento:
Posta un commento