lunedì 22 ottobre 2018

21 ottobre 2018
UOEI-Bergamo
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Escursione autunnale scollinando dalla Valle Brembana alla Val Serina. Si parte da Santa Croce m778, frazione di San Pellegrino Terme. Questa frazione è nota per aver dato i natali ai Santacroce, famiglia di pittori del Rinascimento veneziano, a cavallo fra il XV e il XVI secolo. Si sale, prima alla Cascina Pedezzina e poi alla Corna Camozzera m1050 dove conosciamo “ol Giacom e la Maria”. Superiamo alcune baite e pascoli sino al bel Ròcol di Ciarek e arriviamo presto su una larga cresta che, seguita, fa risalire velocemente al vicinissimo Pizzo di Spino m958. Da questo punto è possibile ammirare un vasto panorama, foschia permettendo,  sia dal versante della media Valle Brembana che dalla Val Serina con vista sulle cime Alben, Menna, Arera, Venturosa, Cancervo, Gioco, Zucco, Canto Alto e la sottostante San Pellegrino Terme. Ritorniamo brevemente sui nostri passi e si scende verso Bracca m600. Dopo il pranzo al ristorante Genzianella si risale verso Pagliaro m656, frazione di Algua. Pagliaro è un borgo antico della media Val Serina che conserva, nell’antico presbiterio della chiesa parrocchiale del Corpus Domini, un vasto e multiforme ciclo di affreschi quattrocenteschi, il più interessante e originale tra i tanti che si possono ammirare in Valle Brembana e uno dei più significativi in provincia di Bergamo. Si scende poi verso Algua m432 attraverso il bosco, creato per la protezione delle sorgenti dagli Acquedotti Civici di Bergamo. 


















Chiesa del Corpus Domini a Pagliaro 
Quando il vangelo si leggeva sui muri 

La prima chiesetta originaria risale agli inizi del 1400 e rimase fino al 1470 aggregata a Bracca, quando divenne autonoma. Nel 1494 fu ampliata e quasi completamente rifatta: l’asse dell’edificio fu ruotato di 180 gradi, la piccola navata della chiesa originaria fu inglobata in quella nuova e il vecchio presbiterio, completamente affrescato, divenne la cappella laterale. In seguito la cappella fu chiusa da un tavolato e divisa in due da un soppalco: il vano inferiore fu adibito a ripostiglio e quello superiore divenne l’anticamera del campanile. Gli affreschi furono coperti da uno strato d’intonaco e col tempo si andò perdendo la memoria della loro presenza. Tornarono alla luce dopo la visita pastorale del vescovo Bernareggi del 1946, a seguito di una serie di lavori che riportarono l’antico presbiterio allo stato originario. Il ciclo, restaurato nel 1948 da Giovanni Frana, tornò così, nonostante la parziale mutilazione dovuta alle aperture praticate in precedenza nel muro, nelle condizioni iniziali. Successivi restauri hanno ulteriormente consolidato e definito il ciclo che è ora fruibile nel suo pieno splendore. 





Affreschi dell’antico presbiterio. 

La parete di destra è ricoperta da 14 riquadri di diversa grandezza, raffiguranti scene della vita di Cristo fino alla vigilia della passione. La parete di sinistra illustra in 22 pannelli, alcuni dei quali semi cancellati, le scene della vita di Cristo che vanno dalla Passione all’Ascensione. La parete centrale era decorata da un grande polittico danneggiato dall’apertura di una finestra e dalla collocazione del battistero. Rimangono i riquadri raffiguranti i Santi che facevano da corona al soggetto centrale (una Crocifissione): a destra, San Bernardino e San Giovanni Battista; a sinistra, San Lorenzo e un Santo Vescovo. Ai lati delle pareti sono situate una quindicina di figure e medaglioni con i volti dei profeti. Assai ricca e complessa la decorazione della volta, divisa in otto vele da fregi iridati, raccordati all’apice della figura di Cristo Pantocreatore. L’insieme dei dipinti, comunemente attribuiti a Maffiolo da Cazzano che li dipinse attorno alla metà del Quattrocento, lascia stupefatto il visitatore: la miriade di personaggi, ambienti e atteggiamenti che si susseguono senza sosta, scena dopo scena, con plastico realismo, costruisce un vero e proprio catechismo per immagini, concepito a edificazione e monito per la piccola comunità locale. Un catechismo semplice ed essenziale, ma straordinario per l’immediatezza del messaggio e la ricchezza degli spunti di riflessione che sapeva offrire ai fedeli di Pagliaro. Occhi che scrutano, occhi che parlano, occhi che invocano. E poi le mani, aperte all’abbraccio, tese dall’ira, giunte nella preghiera. E’ una pittura fatta di sguardi e di gesti, una pittura che affascina e commuove, per la sua freschezza, per la sua semplicità. Ma soprattutto per quel gusto di narrare che emerge a ogni tratto, svelando il Mistero, raccontando il divino agli uomini con il linguaggio degli uomini.





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