lunedì 27 maggio 2024

 Galdino 
e gli amici della UOEI



“Talvolta gli era capitato di pensare che sarebbe potuto morire in un conflitto a fuoco, anzi era arrivato quasi a sperare che accadesse, erano i rischi del mestiere che aveva scelto [commissario della Sezione Crimini Sportivi], ma aveva immaginato una scena diversa, un lungo combattimento di quelli da film polizieschi. Invece si era fatto fregare così, in una sparatoria durata appena pochi secondi. E poi, dove cazzo era finito il film della propria vita che le persone in punto di morte vedono scorrere davanti agli occhi? A lui nemmeno questa soddisfazione. Possibile che non avesse meritato neanche un cortometraggio?” Tratto da OMICIDIO AL GIRO di Paolo Foschi -20105 -Edizioni e/o.

Passo Vezzena 1404
Forte Busa Verle 1504 - Forte Vezzena (Picco di Levico) 1908
Bocca di Forno 1790 - Cima Mandriolo 2049 - Porta Manazzo 1795
Rifugio Val Formica 1650

Cammino e sudo. Cammino, sudo e impreco. Cammino, sudo, impreco e rimpiango il mio divano, ma non mi arrendo. Pur avendo ormai, da qualche tempo, superato il mezzo del cammin di nostra vita con qualche acciacco e con i muscoli non più tonici come una volta, riesco ancora a tenere un ritmo decente. Cerco di reclutare tutte le fibre muscolari, anche se temo che molte hanno già disertata per sopraggiunti limiti di età. Sono immerso in uno splendido itinerario, tema grande Guerra, un pò impegnativo tra la Valsugana e il magnifico Altopiano dei Sette Comuni o, semplicemente, di Asiago. Panorami da favola sui laghi di Caldonazzo e Levico. Pochi passi dal pullman e siamo al Forte Busa Verle, costruito in calcestruzzo armato. E’ è in uno stato di alto degrado dovuto, in primo luogo, al recupero dell’acciaio delle cupole e degli scudi corrazzati da parte del governo italiano in previsione della guerra d’Etiopia del 1936. I restanti danni furono provocati dell’immediato dopoguerra dai cosiddetti “recuperanti”. Si prosegue, in ambiente boschivo, ingoiando un cucchiaio di amara salita in un unico sorso, verso il Forte Vezzena. Era la fortificazione più alta della line difensiva. Per la sua particolare posizione di osservazione era chiamato ”l’occhio delll’Altopiano”. La seconda tappa, chiamiamola così, è, all’inizio, una tranquilla discesa alla Bocca di Forno per poi, con un continuo su e giù, tra due ambienti completamenti diversi, arrivare alla Cima Mandriolo (in termine ciclistico la nostra Cima Coppi!). Le crestelle, con profondi strapiombi verso i due laghi, fanno da contrapposto a boschi di pino mugo e abeti dell’altro versante. Si termina immersi in estesi prati che devono essere veramente una delizia con la neve. Sulla sterrata che porta al rifugio Val Formica, mi sorpassa una mountain bike con l’assistenza elettrica. La mia boccaccia non riesce a stare zitta: “A coione, col motorino sotto il culo sono buoni tutti!”. Mi fa capire con un eloquente gesto della mano di essere il più fedele degli addetti della confraternita di San Cornelio. Facce abbastanza stanche. Non mi resta che ritornare nel mio cosmo: domani si inizia con l’orto. ”Casa mia può sostituire il mondo, il mondo giammai casa mia!”.








































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