14. LA TRAGICA RAPPRESAGLIA
DEL BAITONE DELLA PIANCA
IL PARTIGIANO
Nel dicembre del 1944 in Valle Taleggio era presente una
squadra di partigiani della ex 86A brigata Garibaldi “Giorgio Issel”,
frantumata dalla partenza di alcuni membri, capitanata da Franco Carrara e
composta da una dozzina di uomini.
Per i componenti della formazione si pose il
problema di cosa fare: continuare la lotta da soli od unirsi ad un altro gruppo
di ribelli. Su pressione del PCI bergamasco gli uomini dell’86A si unirono
alla 55A brigata “F.lli Rosselli”, operanti nella vicina Valsassina, il 23 dicembre per poi rifugiarsi in una grande baita, detta il Baitone, in località
Pianca, sui monti tra la Valsassina e la Val Taleggio alla Culmine di San
Pietro. Molti provengono dalle fabbriche di Sesto San Giovanni, Monza,
Cinisello Balsamo: con loro c’è anche un gruppo di operai di Dalmine in fuga
dalla pianura perché ricercati, un radiotelegrafista inglese e una interprete
austriaca.
Franco Carrara "Walter" |
Il 30 dicembre, quando il comando della formazione aveva
deciso di riparare verso la Svizzera, giunse una terribile rappresaglia della
Brigata Nera “Cesare Rodini” di Como, suddivisa in quattro squadre
al comando del capitano Noseda. Testimonianze di superstiti suggeriscono che
l’intervento dei fascisti fu propiziato da una delazione di una spia che
condusse i militi repubblichini presso il rifugio dei partigiani.
Le quattro squadre
bloccarono la risalita da Avolasio e Vedeseta e i sentieri da Morterone e dalla
Culmine di San Pietro. Nelle prime ore del mattino entrarono nella baita
sorprendendo i trentasei partigiani: la sorpresa fu totale, non venne sparato
un colpo. I partigiani vennero prima allineati
all’esterno della costruzione e, dopo essere stati spogliati di ogni oggetto di
valore, messi al muro per essere fucilati; solo un ordine via radio impose agli
aguzzini di portarli a Introbio per l’interrogatorio, dopo una lunga marcia
nella neve.
Il monumento posto all'esterno del cimitero di Maggio |
Una volta giunti a destinazione, dopo un faticoso cammino,
vennero interrogati con tutte le rituali violenze e, alla mattina della
domenica del 31 dicembre, vennero
caricati su due camion che partirono verso Lecco. I camion, passato il paese di
Pasturo, al Ponte della Frolla lasciarono la strada principale e salirono a
Barzio, da dove si diressero nei pressi del cimitero.
Vennero fatti scendere dieci partigiani assieme a Leopoldo
Scalcini “Mina”, il più maltrattato negli interrogatori, mentre Francesco Magni
“Francio” venne spedito a Lecco nelle mani dell’Ufficio Politico Investigativo.
Gli undici partigiani furono immediatamente fucilati lungo
il muro del cimitero, cosicché il sacerdote arrivò quando il plotone di
esecuzione aveva già concluso la sua opera.
Si trattava di Carlo Battaglia, Giuseppe Esposito, Costantino
Figini, Renzo Galli, Giancarlo Ganzinelli, Licinio Milocco, Giuseppe Pennati, Silvio
Perotto, Remo Sordo, Mario Pallavicini e Carlo Bellolio.
Le lapidi poste in ricordo e memoria all'esterno del cimitero di Barzio |
Consultando i registri del carcere di San Vittore emerge che
il giorno 9 gennaio 1945 entrarono nel carcere dodici persone che possono
essere fatte risalire ai partigiani catturati alla Pianca.
Dai registri risulta anche che il 22 marzo 1945 cinque partigiani furono
deportati verso la Germania mentre gli altri sette, dei quali non si indica la
destinazione, vennero assolti.
Ad aggravare ancora le sorti dell’86A brigata furono le
esecuzioni di tre vecchi membri “Romeo”, “Remo” e “Bela”, catturati e uccisi
a Crescenzago (nel milanese) rispettivamente il 20 febbraio i primi due e il 14
marzo 1945 il terzo.
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