domenica 7 febbraio 2016

38ª Giornata Nazionale per la Vita (7 febbraio 2016)

Il beato Ermanno offre alla Vergine il canto da lui composto.

Nasceva ad Althausen in Svevia, il 18 luglio di 1000 anni fa, il monaco disabile che per il suo handicap ricevette oltre al bel nome un epiteto poco simpatico: Ermanno "lo storpio" (Hermann der Lahme).
Correva l'anno 1013 nel "cupo" medioevo e il piccolo Ermanno, nato visibilmente malato e deforme nel corpo - con tutta probabilità per paralisi cerebrale e forse spina bifida - avrebbe dovuto essere "con misericordia" soppresso; ma "purtroppo" i suoi genitori Goffredo ed Eltrude erano testardamente cristiani convinti, e così cercarono di tirarlo su con gli altri 14 fratelli e sorelle.
Fin dall'infanzia fu dunque soprannominato "il Rattrappito", tanto era storto e contratto: non poteva star ritto, tanto meno camminare; stentava perfino a star seduto nella sedia che era stata fatta appositamente per lui; le sue dita stesse erano troppo deboli e rattratte per scrivere; le labbra e il palato erano deformati al punto che le sue parole uscivano stentate e difficili ad intendersi. La famiglia era agiata, eppure proprio la nobiltà della stirpe avrebbe suggerito, nei cosiddetti "secoli bui", di nascondere un figliolo così imperfetto nel corpo. Invece a sette anni il piccolo Ermanno fu affidato ai monaci benedettini di Reichenau, prestigiosa abbazia fondata da Carlo Magno su un’isoletta nel lago di Costanza..
"Qui il ragazzo che poteva a mala pena biascicare poche parole con la sua lingua inceppata, trovò, chissà in virtù di quale psicoterapia religiosa, che la sua mente si apriva", dice una biografia scritta da Cyril Martindale.
Neppure per un solo istante, durante tutta la sua vita, egli potè sentirsi "comodo" o, per lo meno, liberato da ogni dolore: quali sono tuttavia gli aggettivi che vediamo affollarsi intorno a lui nelle pagine degli antichi cronisti? Li traduco dalla biografia in latino: piacevole, amichevole, conversevole; sempre ridente; tollerante; gaio; sforzandosi in ogni occasione di essere galantuomo con tutti. Con il risultato che tutti gli volevano bene....
Fu in seguito accettato come monaco, e rimase per sempre nell'abbazia che lo aveva accolto. Imparò la matematica, il greco, il latino, l’arabo, l’astronomia e la musica. Scrisse un intero trattato sugli astrolabi (marchingegni antenati degli orologi, utilizzati per localizzare o calcolare la posizione del Sole, della Luna, dei pianeti e delle stelle, ma anche per determinare l’ora conoscendo la longitudine) e nella prefazione scrisse: "Ermanno, l’infimo dei poveretti di Cristo e dei filosofi dilettanti, il seguace più lento di un ciuco, anzi, di una lumaca (...) è stato indotto dalle preghiere di molti amici (già, tutti gli volevano bene!) a scrivere questo trattato scientifico".
Aveva sempre cercato di risparmiarsi lo sforzo, con ogni sorta di pretesto, ma, in realtà, soltanto a causa della sua "massiccia pigrizia"; tuttavia finalmente poteva offrire, all’amico al quale il libro è dedicato, la teoria della cosa, e aggiungeva che, se l’amico l’avesse gradito, avrebbe cercato, in seguito di svilupparlo su linee pratiche e più particolareggiate. E, lo credereste, con quelle sue dita tutte rattrappite, l’indomabile giovane riuscì a fare astrolabi, e orologi e strumenti musicali. Mai vinto, mai ozioso!

Quello che doveva essere un peso diventa presto l’orgoglio del monastero e la sua fama arriva fino all’imperatore Enrico III e a papa Leone IX, che visitarono Reichenau rispettivamente nel 1048 e nel 1049.
Ma il geniale Ermanno, oltre a rivelarsi un grande scienziato e storico, si dilettò anche di musica, unendo questa passione alla sua profonda fede e devozione per la Vergine. E' praticamente certo che fu proprio lui a comporre la celeberrima preghiera mariana "Salve Regina" che ancora oggi, rivestita delle note scaturite dal genio di Ermanno, si canta in tutte le chiese. Possiamo capire meglio, conoscendo le sofferenze dell'autore, quel riferimento posto nel testo alla "valle di lacrime" in cui siamo e da cui invochiamo aiuto da Maria santissima. Aveva composto uno splendido canto, ma lui non sarebbe mai riuscito a cantare.
Provato dalla vita e ammalato confiderà un giorno al suo confratello Bertoldo di essere "stanco di questa vita" e di anelare alla vita futura, quella senza fine. Bertoldo si dispera, e tocca ancora ad Ermanno consolarlo:
"Amico del mio cuore, diss’egli, non piangere, non piangere per me!...E - aggiunse il morente - ricordando ogni giorno che anche tu dovrai morire, preparati con ogni energia per intraprendere lo stesso viaggio, poiché, in un giorno e in un’ora che tu noi sai, verrai con me - con me, il tuo caro, caro amico”.
Ermanno morì a 41 anni, circondato dagli amici, dopo aver ricevuto il corpo e il sangue di Cristo nella santa comunione, il 24 settembre del 1054 e seppellito "in mezzo a grandi lamenti" nei suoi possedimenti di Altshausen ai quali aveva rinunciato da così lungo tempo.

La prossima volta che ti viene un attacco di pessimismo o pensi di valere poco per i tuoi difetti,
pensa a Ermanno e alla sua fede, alla sua fatica e alla ...sua felicità!
Bisogna sempre essere pieni di operosità, di movimento, di vitalità, di attività... insomma di vita!
Dammi retta!!
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Messaggio del Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana.
"La misericordia fa fiorire la vita".
“Siamo noi il sogno di Dio che, da vero innamorato, vuole cambiare la nostra vita”.
Con queste parole Papa Francesco invitava a spalancare il cuore alla tenerezza del Padre,
“che nella sua grande misericordia ci ha rigenerati” (1Pt 1,3) e ha fatto fiorire la nostra vita.
La vita è cambiamento.
L’Anno Santo della misericordia ci sollecita a un profondo cambiamento. Bisogna togliere “via il lievito vecchio, per essere pasta nuova” (1Cor 5,7), bisogna abbandonare stili di vita sterili, come gli stili ingessati dei farisei. Di loro il Papa dice che “erano forti, ma al di fuori. Erano ingessati. Il cuore era molto debole, non sapevano in cosa credevano. E per questo la loro vita era – la parte di fuori – tutta regolata; ma il cuore andava da una parte all’altra: un cuore debole e una pelle ingessata, forte, dura”. La misericordia, invero, cambia lo sguardo, allarga il cuore e trasforma la vita in dono: si realizza così il sogno di Dio.
La vita è crescita.
Una vera crescita in umanità avviene innanzitutto grazie all’amore materno e paterno: “la buona educazione familiare è la colonna vertebrale dell’umanesimo”. La famiglia, costituita da un uomo e una donna con un legame stabile, è vitale se continua a far nascere e a generare. Ogni figlio che viene al mondo è volto del “Signore amante della vita” (Sap 11,26), dono per i suoi genitori e per la società; ogni vita non accolta impoverisce il nostro tessuto sociale. Ce lo ricordava Papa Benedetto XVI: “Lo sterminio di milioni di bambini non nati, in nome della lotta alla povertà, costituisce in realtà l'eliminazione dei più poveri tra gli esseri umani”. Il nostro Paese, in particolare, continua a soffrire un preoccupante calo demografico, che in buona parte scaturisce da una carenza di autentiche politiche familiari. Mentre si continuano a investire notevoli energie a favore di piccoli gruppi di persone, non sembra che ci sia lo stesso impegno per milioni di famiglie che, a volte sopravvivendo alla precarietà lavorativa, continuano ad offrire una straordinaria cura dei piccoli e degli anziani. “Una società cresce forte, cresce buona, cresce bella e cresce sana se si edifica sulla base della famiglia”. È la cura dell’altro – nella famiglia come nella scuola – che offre un orizzonte di senso alla vita e fa crescere una società pienamente umana.
La vita è dialogo
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I credenti in ogni luogo sono chiamati a farsi diffusori di vita “costruendo ponti” di dialogo, capaci di trasmettere la potenza del Vangelo, guarire la paura di donarsi, generare la “cultura dell’incontro”. Le nostre comunità parrocchiali e le nostre associazioni sanno bene che “la Chiesa deve venire a dialogo col mondo in cui si trova a vivere”. Siamo chiamati ad assumere lo stile di Emmaus: è il vangelo della misericordia che ce lo chiede (cfr. Lc 24,13-35). Gesù si mette accanto, anche quando l’altro non lo riconosce o è convinto di avere già tutte le risposte. La sua presenza cambia lo sguardo ai due di Emmaus e fa fiorire la gioia: nei loro occhi si è accesa una luce. Di tale luce fanno esperienza gli sposi che, magari dopo una crisi o un tradimento, scoprono la forza del perdono e riprendono di nuovo ad amare. Ritrovano, così, il sapore pieno delle parole dette durante la celebrazione del matrimonio: “Padre, hai rivelato un amore sconosciuto ai nostri occhi, un amore disposto a donarsi senza chiedere nulla in cambio”. In questa gratuità del dono fiorisce lo spazio umano più fecondo per far crescere le giovani generazioni e per “introdurre – con la famiglia – la fraternità nel mondo”. Il sogno di Dio - fare del mondo una famiglia – diventa metodo quando in essa si impara a custodire la vita dal concepimento al suo naturale termine e quando la fraternità si irradia dalla famiglia al condominio, ai luoghi di lavoro, alla scuola, agli ospedali, ai centri di accoglienza, alle istituzioni civili.
La vita è misericordia
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Chiunque si pone al servizio della persona umana realizza il sogno di Dio. Contagiare di misericordia significa aiutare la nostra società a guarire da tutti gli attentati alla vita. L’elenco è impressionante: “È attentato alla vita la piaga dell’aborto. È attentato alla vita lasciar morire i nostri fratelli sui barconi nel canale di Sicilia. È attentato alla vita la morte sul lavoro perché non si rispettano le minime condizioni di sicurezza. È attentato alla vita la morte per denutrizione. È attentato alla vita il terrorismo, la guerra, la violenza; ma anche l’eutanasia. Amare la vita è sempre prendersi cura dell’altro, volere il suo bene, coltivare e rispettare la sua dignità trascendente”. Contagiare di misericordia significa affermare – con papa Francesco – che è la misericordia il nuovo nome della pace. La misericordia farà fiorire la vita: quella dei migranti respinti sui barconi o ai confini dell'Europa, la vita dei bimbi costretti a fare i soldati, la vita delle persone anziane escluse dal focolare domestico e abbandonate negli ospizi, la vita di chi viene sfruttato da padroni senza scrupoli, la vita di chi non vede riconosciuto il suo diritto a nascere. Contagiare di misericordia significa osare un cambiamento interiore, che si manifesta contro corrente attraverso opere di misericordia. Opere di chi esce da se stesso, annuncia l’esistenza ricca in umanità, abita fiducioso i legami sociali, educa alla vita buona del Vangelo e trasfigura il mondo con il sogno di Dio.

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