16. LA BATTAGLIA DI FONTENO
E MONTE TORREZZO
KalinKa - Canzone popolare russa
Per...non dimenticare...i partigiani russi che hanno combattuto.
La Battaglia di Fonteno si svolse nell'agosto del 1944 fra
la brigata partigiana Garibaldi e le truppe S.S. e fasciste, comandate dal
maggiore Langer, dopo che il maresciallo della caserma di Sovere decise di
catturare alcuni abitanti del paese di Fonteno e farli deportare in Germania.
Tutti i martedì, si recavano a Solto Collina nel ristorante vicino alla farmacia, alcuni militari tedeschi ai quali le ragazze riferivano quello che avevano visto e raccolto.
I trentacinque componenti le truppe SS, comandate dal
maggiore Langer, risalendo verso i Colli di San Fermo, dove avevano individuato il
nascondiglio partigiano, iniziarono a bruciare le cascine.
I colli di San Fermo erano presidiati dalla 53A brigata
Garibaldi “Tredici Martiri di Lovere”, guidata dal comandante Giovanni Brasi
“Montagna” e composta da circa settantacinque uomini bene armati grazie ad un
aviolancio alleato.
La battaglia di Fonteno del 31 agosto 1944 fu un’azione di
risposta al rastrellamento nazifascista operato per liberare due ufficiali
tedeschi e il loro interprete che erano stati catturati tre giorni prima a
Solto Collina e rinchiusi in una baita presso la località Casini.
Prima dell’alba, una pattuglia tedesca guidata da Fritz Langer, comandante delle SS di stanza a Bergamo, circondò il paese di Fonteno e raggruppò in piazza numerosi civili inermi, insieme al parroco, minacciandone la fucilazione qualora i tre prigionieri non fossero stati rilasciati entro le ore 15. Nel frattempo una compagnia fascista, la O.P. Macerata, partita da Foresto Sparso, salì ai Colli per compiere da sud un rastrellamento dei partigiani.
Prima dell’alba, una pattuglia tedesca guidata da Fritz Langer, comandante delle SS di stanza a Bergamo, circondò il paese di Fonteno e raggruppò in piazza numerosi civili inermi, insieme al parroco, minacciandone la fucilazione qualora i tre prigionieri non fossero stati rilasciati entro le ore 15. Nel frattempo una compagnia fascista, la O.P. Macerata, partita da Foresto Sparso, salì ai Colli per compiere da sud un rastrellamento dei partigiani.
Benchè accerchiati, i partigiani effettuarono un’azione fulminea e
certamente inattesa: passando per i percorsi più impervi scesero a Fonteno. Circa metà della brigata scese
rapidamente verso il paese, riuscì a rendere inoffensive le sentinelle tedesche
intorno all’abitato e a sua volta occupò il paese, riuscendo a capovolgere la
situazione. I tedeschi furono fatti prigionieri e gli abitanti liberati.
L’altra metà della brigata, appostata sulla cresta che collega il monte Torrezzo al monte Sicolo, riuscì a contrastare l’attacco e a respingere le truppe fasciste. Data la situazione, Langer concordò con i partigiani il ritiro dei tedeschi da Fonteno e delle truppe fasciste dai Colli di San Fermo, a patto che il paese non subisse in seguito alcuna ritorsione. Nonostante la promessa dell’ufficiale tedesco, il 7 settembre fu compiuta una prima rappresaglia, seguita da una seconda il 31 dicembre 1944.
L’altra metà della brigata, appostata sulla cresta che collega il monte Torrezzo al monte Sicolo, riuscì a contrastare l’attacco e a respingere le truppe fasciste. Data la situazione, Langer concordò con i partigiani il ritiro dei tedeschi da Fonteno e delle truppe fasciste dai Colli di San Fermo, a patto che il paese non subisse in seguito alcuna ritorsione. Nonostante la promessa dell’ufficiale tedesco, il 7 settembre fu compiuta una prima rappresaglia, seguita da una seconda il 31 dicembre 1944.
La lapide posta alla chiesetta della B.V. del Santello, poco fuori l'abitato di Fonteno, sulla mulattiera che porta al Monte Torrezzo. |
Il 6 agosto il maresciallo della caserma di Sovere venne catturato dalle truppe partigiane della 53A brigata partigiana "Garibaldi" venne
processato ed incolpato della deportazione di circa ottanta abitanti di Fonteno e del- l'uccisione di sei civili, e fu fucilato.
Per la cattura del maresciallo, i partigiani chiesero la collaborazione dell'amante e, col suo aiuto, fecero in modo di organizzare
un appuntamento serale fra i due, lungo la strada che dal comune di Pianico conduce a Sovere.
Quando il maresciallo giunse al punto d'incontro, ad
aspettarlo vi erano alcuni componenti della 53A brigata partigiana “Garibaldi”.
Lo catturarono e lo condussero in una zona montuosa nel comune di Fonteno. Fu processato per due giorni: al termine fu condotto presso il cimitero di Fonteno, dove venne fucilato.
Le truppe fasciste dislocate nella zona, avvisate dell'accaduto, decisero di dare la caccia ai partigiani, e per risposta, escogitarono di mandare nel paese, ragazze che ufficialmente fotografavano luoghi e abitanti vendendo lieviti per il pane porta a porta, ma, in realtà, con l'intento di curiosare e capire dove si nascondessero i partigiani.
La lapide commemorativa posta nella piazza di Fonteno. |
I partigiani avvertiti di quanto accadeva, aspettarono i tedeschi al ristorante e ne catturarono tre, due soldati ed un interprete, portandoli sui monti della zona.
Il giovedì successivo il paese fu invaso da truppe tedesche, alla ricerca dei loro prigionieri.
Alle cinque del mattino, il paese era circondato: i tedeschi passarono al setaccio casa per casa facendo confluire tutti gli abitanti in piazza.
Presi il parroco don Mocchi, il curato Vittorio Musinelli, don Giacomo Pedretti, la maestra Faustina Bertoletti, il falegname Angelo Pedretti, a loro dettarono l'ultimatum: riconsegnare entro mezzogiorno i prigionieri catturati dai partigiani altrimenti avrebbero ucciso tutte le persone radunate in piazza e dato fuoco a tutte le abitazioni del paese.
Don Giacomo Pedretti, fratello maggiore di Daniele Pedretti, sedicenne staffetta partigiana, conoscendo la montagna dove erano custoditi i prigionieri tedeschi, la raggiunse informando i partigiani di quanto stava succedendo e chiedendo la liberazione dei prigionieri. Ma la risposta partigiana fu univoca. " Niente da fare!". Gli uomini della 53A brigata "Garibaldi", decisero di liberare gli abitanti di Fonteno; un gruppo scese verso, il paese mentre gli altri rimasero a guardia dei prigionieri.
Il monumento posto sul Monte Torrezzo, presso la località Colletto, in memoria dei partigiani caduti nel corso dei rastrellamenti nazifascisti operati nella zona. |
Intanto da Monasterolo del Castello una colonna di
automezzi fascisti, proveniente da Clusone,
iniziò la risalita del monte sul versante opposto con l'intento di circondare
le truppe partigiane.
A mezzogiorno ebbe inizio la battaglia. Le truppe tedesche
continuarono la salita verso i Colli di San Fermo, il comandante delle SS,
maggiore Langer, sicuro del successo, intimò la resa alle truppe partigiane,
pena la morte di tutti i civili in ostaggio a Fonteno.
Ma i partigiani, conoscitori delle zone, con un'abile manovra, passando da sentieri impervi, scesero a Fonteno, immobilizzarono i pochi
tedeschi rimasti in paese e liberarono tutti gli abitanti, distruggendo gli
automezzi tedeschi con bombe a mano.
Poi risalendo alle spalle dei tedeschi, dirigendosi verso il
Colletto, riuscirono a raggiungere le truppe tedesche e catturare il maggiore
Langer, obbligandolo, in cambio della sua libertà e di quella dei suoi soldati
catturati, di ordinare la ritirata ai fascisti e alle SS, e di lasciare il
paese di Fonteno, senza armi e senza mezzi con l'impegno di non operare
ritorsioni e rappresaglie.
Impegno che non fu mantenuto. Nonostante la promessa
dell’ufficiale, il 7 settembre fu compiuta una prima rappresaglia: catturarono due cacciatori di cinquant'anni, un ragazzo di trenta che era con le sue bestie ed uno di venti che concimava il prato, li portarono dietro il cimitero e li fucilarono. Seguì una seconda rappresaglia il 31 dicembre: i tedeschi tornarono a Fonteno e compirono un
nuovo rastrellamento fra le abitazioni, ma i partigiani anche questa volta
erano riusciti a scappare. Presero tre persone, Angelo Cadei, il padrone del "Belvedere", Angelo Pedretti, falegname e Francesco Donda, contadino, e li portarono a Sant'Agata con l'intenzione di deportarli in Germania.
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