12. GOCCE DI STORIA (seconda parte)
Ho narrato nelle
pagine precedenti che sicuramente ci sono stati degli insediamenti umani molto
precoci: il ritrovamento di fossili e di ossa umane confermano questa
umanizzazione della zona, facilitata dal fatto che il nostro terreno è composto
in un modo molto caratteristico.
Questa zona, in modo particolare Corna e Locatello, nasce da
uno scivolamento del suolo e dal distacco di grossi pezzi di terreno da Fuipiano
e da Pralongone, una località
sovrastante. Scivolando giù a blocchi si realizzano a valle, una serie di prati
verdi, più o meno diritti, con a monte le vene di roccia. Questi pezzi di
roccia fanno da freno al terreno e lo bloccano, formando un terrazzamento: e
cosi via di seguito, sotto un altro pezzo di roccia e un altro terrazzamento. Pertanto,
non sono terrazzamenti antropici, cioè quelli che le persone cominceranno a realizzare,
per poter coltivare in piano un filare di vite, con muretti a secco per definire
un pezzo di terreno. Sono molto precedenti e, soprattutto, sono naturali.
La circostanza
per cui le persone si sono situate in questa zona è dovuta allo scorrere del il
torrente Imagna. Con la presenza dell’acqua si può fare un’infinità di opere, a
parte berla. Se l'acqua è abbastanza forte, la si può utilizzare per far
muovere delle ruote, che possono far battere dei magli per lavorare il legno o per schiacciare i cereali e le castagne (la
farina di castagne è stata per molto tempo la base per preparare il cosiddetto “pane
dei poveri”). Crea un’energia che non è manuale, ma meccanica che aiuta moltissimo
nel lavoro. Queste situazioni favoriscono, attorno al fiume, non la nascita di
un solo borgo, ma di una serie di contrade ognuna delle quali è ragionevolmente
una famiglia. Quelle famiglie che sono arrivate da Locate - padre, madre,
fratelli, sorelle, parenti - si spostano e vanno in quello scampolo di terreno, altri vanno
nel campo in parte, altri in parte ancora. Ciascun nucleo famigliare diventa
proprietario e si lavora il suo pezzetto di terra. Ognuno scava la vena di roccia
che ha a monte e, con le pietre, si costruisce la sua casa.
Con le pietre
tagliate a "fette" realizzano le “piöde” che utilizzano per fare i loro
tetti, inventando una modalità per coprire le case, che rimane una caratteristica
unica della Valle Imagna. Costruire un tetto con le piöde è molto più
impegnativo e difficoltoso che con un altro tipo di materiale: cominciano a
costruire, secondo il loro modo di vivere e diventeranno dei veri maestri in
quest’arte architettonica.
Le case derivano dalla stamberga tedesca -
siamo di origine celtica – e, soprattutto in questa zona, in cui abbiamo il
terreno con un certo dislivello o pendio. Costruiscono più in alto la stalla o
una struttura di deposito e, più giù la casa in modo che la stalla, che rimane
a tergo, protegga un pò dal vento e dal freddo che viene dalle montagne. Davanti
la “era”, sotto l'orto oppure un’altra stalla e poi un altro orto. Seguendo
questo modello, creano una struttura particolarmente articolata, che tiene
conto del poco che loro hanno per costruire e che devono far rendere con i
migliori risultati, in modo che poi le cose funzionino nel migliore dei modi. Anche
“era” è un termine celtico. Con questo termine bergamasco, possiamo intenderla come
un anello che si porta al dito, da cui deriverebbe la fede nunziale. La “era” è
uno spazio aperto come una corte o un'aia. Oggi chiamiamo aia un cortile o uno spazio
aperto, che sta davanti o adiacente alle case abitate. Questo nome è rimasto
ancora oggi, per indicare una zona come
la località Era in Locatello.
Falsa è la
credenza popolare, secondo cui il paese Locatello nasca dal nome della famiglia
Locatelli, che nel periodo medioevale (1000-1300 d.C.) era tra le più illustri.
Si sa che i primi Locatelli furono
mercanti di lana, notabili e possidenti di stirpe Guelfa.
Il primo documento che porta il nome Locatelli è del 1168.
Nell'anno 1237 l'Imperatore Federico II, in feudo Adalberto Locatelli era signore
di Locatello con il titolo di Barone. Nello stemma del casato Locatelli vi
è l'immagine dell’allocco - in bergamasco “löc” - rappresenta la radice
del nome Locatelli.
Secondo l'”Araldica dei cognomi”, il casato era
rappresentato, nel XII e XIII secolo, da un'oca e poi da un cigno. Per la
famiglia Locatelli, nobili longobardi, solo l'eleganza e la grazia di un
uccello acquatico come il cigno appariva più consona al loro lignaggio. Inoltre,
in molte tradizioni, il cigno significa vecchiaia gloriosa, portatore di buona
fortuna e rispettabilità. Dal XV secolo l’emblema della famiglia è stato
cambiato in allocco, sostituendo prima il gufo e poi la civetta, peraltro tutti
simboli di saggezza, prudenza e vittoria.
E’ verosimile che il nome, successivamente, abbia
determinato lo stemma e non il contrario.
Sullo stemma del nostro paese abbiamo il “löc” e, quindi,
tutti pensano che il nome sia stato da questo attribuito; invece è esattamente il
contrario. I nostri preti, quando diventavano vescovi, dovevano “disegnarsi”
uno stemma. Un tempo si cercava un oggetto, un animale, un elemento che avesse assonanza
con il nome. La famiglia Rota mette nel suo stemma una ruota, chiaramente, perché
è la cosa che più le somiglia. Per “illustrare” il nome Locatello si mette il “löc”,
che ha solo la dieresi di differenza, quindi si prende un animale notturno, un allocco
o un gufo reale e lo si inserisce nello stemma per assonanza.
Quando si deve individuare
la famiglia che abita nella contrada adiacente si chiama, per dire, il Bortolo.
Se poi si deve evidenziare un Bortolo tra i tanti, che ci sono in giro, si dice
il Bortolo del Carlo, cioè figlio del Carlo. Cosi, in passato, si identificava
un figlio dal padre. Negli antichi documenti, come sui certificati di battesimo
vecchi, c’era scritto “di” oppure “fu” con riferimento chiaro al nome del papà.
Questa razionalità è andata avanti per molto tempo. Ma quando gli abitanti di Locatello
cominciano ad uscire dalla valle per raggiungere Bergamo, comincia ad essere
difficile riconoscere il Bortolo, figlio del Carlo. Chissà quanti ce n’erano a
Bergamo. Perciò cominciano a dire Bortolo de Locatello per affermare che veniva
dal paese di Locatello come, citando dei nomi attendibili che troviamo nei
documenti antichi, Torro – avvocato - de Locatello, Tonino – professore - de
Locatello a cui hanno intestato una via del paese.
Capite che dal “de Locatello” arrivare a Locatelli il passo
è breve. Pertanto, il nome Locatelli deriva dal paese e non il contrario: prima
arrivano le persone che danno il nome al paese, da quello che avevano loro –
Locate - e poi arriva il nome Locatelli. Stime attendibili affermano che i Locatelli siano
più' di 25.000, sparsi sui cinque continenti. Non mi sorprende, perché noi
bergamaschi siamo molto orgogliosi. E’ difficile che un bergamasco chieda
aiuto: prima “fa carte false” per riuscire a realizzarsi da solo. E’ sempre
stato il carattere del bergamasco di non voler cedere.
I primi abitanti di
Locatello andarono a “lavorare via” quando, distrutto il ponte di Almenno e
persa la speranza che Venezia lo ricostruisse, arrivò a metà del 1400, Bartolomeo
Colleoni condottiero e capitano di ventura, assoldato prima da Venezia e poi
da Milano, a distruggere e imporre delle tasse assurde.
I nostri nonni ci raccontano con le loro saggezze popolari -
“…dal preost, dal dutur e dall’esatur el me libere ol Signur” - che ancora ai
loro tempi si suonassero le campane a morte il giorno dell’esattore!
Gli abitanti di Locatello non erano tirchi, ma l'esattore
delle tasse, quando puntualmente arrivava, chiedeva sempre di più a una popolazione
che aveva sempre di meno: era una vera e grande tragedia. Non mancarono episodi
di ribellione e di rivolta con le armi in cui intervennero i soldati ad
accompagnare l'esattore delle imposte.
Gli uomini forti come i montanari “…in una povera Valle Imagna” … ”necessitati
a cercar altrove vitto e sostentamento per le proprie fatiche e sudori…” si
recano fare “li facchini” come recano i documenti, a trasportare le pietre e la
sabbia “…su e giù per le salite”. Vanno a fare i servitori, gli Arlecchini o
gli Zanni, a Venezia, sempre sfruttati ma accolti “a braccia aperte” perché
sono dei grandi e onesti lavoratori. Dobbiamo esserne fieri, perché è importante
sapere che discendiamo da un popolo tanto esemplare. Inviano a casa i soldi per
comprare il mangiare alla famiglia e, insieme, mandano i “tesori” alle loro Chiese;
questi quadri arrivano sicuramente dagli emigranti di Locatello.
Con la peste del 1630 e la chiusura, sempre più accentuata, per
lo sviluppo di nuove vie, la Valle Imagna rimane tagliata fuori “dal mondo”.
La strada della Valle Imagna è una sola, mentre le altre
valli sono tutte collegate fra di loro, quindi destinata ad un isolamento sempre
più pesante. Dai primi anni del 1800 fin dopo la 1a guerra mondiale, molti bergamaschi,
non solo di Locatello e della valle,
“…si ritrovano a Venetia, in Frioli Ravena et in Franza”, come
riporta in un documento Zuanne da Lezze nel 1596. Quando camminiamo per la via
“Passeggiata dei Francesi”, ricordiamoci che quelli che erano andati a lavorare
in Francia, tornando a casa, volevano avere qualcosa che ricordasse il luogo
dove avevano lavorato e vissuto. Lo stesso discorso per “Corso Losanna” che
richiama gli emigranti in Svizzera. Dobbiamo essere fieri di queste cose!
Partono gli
uomini, il paese si svuota. Rimangono le donne con i bambini e gli anziani. In
attesa che arrivino i soldi dall'estero, che non arrivano mai, o da Venezia e
da Milano, che arrivano una volta ogni tanto, le donne di Locatello si “fanno
carico” di mantenere i loro figli e i loro vecchi.
Teniamo conto che, ragionevolmente, ogni volta che il marito
tornava a casa in permesso, la moglie rimaneva incinta.
Mia nonna, quando mi raccontava la nascita dei suoi figli,
mi diceva “…nel quarantasett e quarantott …nel quarantasic e nel quarantases
nesun perché l’era in guera il Giass” facendo i conti sui figli in questo modo.
Queste donne, ogni volta che il marito ripartiva, erano quindi
ragionevolmente incinte e dovevano lavorare la loro terra e “governare” la loro
stalla per “…tirar su qualcosa per fare mangiare i loro figli”. Cominciano a
lavorare il lino, la lana “…quelle femmine che tessono e filano” in modo da
avere e vendere dei tessuti per avere dei soldi: non bastava nutrirli questi
bambini, ma devi pur dargli qualcosa.
Con l'ultima emigrazione, la maggior parte delle donne si
rifiuta di restare a casa. Prendono “baracca e burattini” e partono con i loro
mariti, portando la famiglia: questa volta non lasciano che gli uomini vadano da soli. A quelle che rimangono, il compito di tenere
vivo il paese, non come struttura, ma il paese come devozioni e storia.
Un monumento al
loro coraggio e alla loro saggezza quando si ribellano ai Francesi, che
arrivano e vietano le processioni del Venerdì Santo e le erogazioni. Le
erogazioni, per il popolo di montagna ma anche di pianura dove c’è tanta terra,
sono straordinariamente importanti, perché si girava dall'alba fino al pomeriggio,
ma si toccava ogni punto del paese e ad ogni sosta il parroco doveva benedire ai
“quattro venti”, con il risultato di benedirlo tutto e proteggerlo dai fulmini,
dalle tempeste, dai temporali e dalla grandine, per ottenere un buon raccolto. Fanno
il giro per conto loro, solo con il prete e mantengono queste tradizioni che sono
veramente il senso, l’essenza vera di un paese.
Arriviamo ai giorni nostri: la crisi tocca
tutto e, ovviamente, anche Locatello. Un
grande segno di fiducia e di speranza l’ho
visto nei bambini. Ho incontrato nelle mie passeggiate una signora con quattro
bambini, di cui uno appena nato. L’ho preso in braccio, me lo sono “spupazzato”
per bene e le ho detto: “Che fortuna! Ha un battesimo”. E lei mi ha risposto: ”Ne
ho tre! Nella mia contrada piccolinissima tre battesimi!”. Questo avviene alle
donne che accettano di stare nei nostri piccoli paesi perché, lo sappiamo tutti,
anche se il marito decidesse di stare qua e loro non vogliano, alla fine lo
convincono ad andare via. Se rimangono ancora delle giovani coppie, dobbiamo
dire grazie alle donne. Bisogna essere veramente riconoscenti alla loro
saggezza, fermezza e solidità nel segno della tradizione.
E’ una cosa molto importante: è fedeltà e attaccamento alle
proprie radici!
Tutte le produzioni
tipiche di questa zona non esistono più. Le lavorazioni della Valle Imagna erano
basate sul legno: segherie, falegnamerie e tornerie. Famosi sono i “pinocchi”
che sono nati qui ed hanno conquistato il mondo. Mio nonno partiva dalla bassa
bergamasca con il carretto e veniva in Valle Imagna a prendere gli scarti di
lavorazione delle tornerie, che servivano come legna da bruciare nel camino. Io,
spesso, glieli portavo via perché avevano delle forme per me magiche e perché
non capivo cosa fossero: mi ricordo delle volute, dei ghirigori, ottenuti dallo
scarto delle gambe di una sedia e quello che rimaneva, per me, era comunque
bello.
Queste cose non ci sono più. C’erano più di tremila artigiani
del legno e ne sono rimasti, forse, trecento in tutta la valle. Alcuni di loro,
che ho sentito di persona, mi hanno detto: ”Noo!…io le lavorazioni le faccio arrivare
dalla Cina...costa di meno!”.
Rimane, secondo il mio parere, a parte la fierezza e
l'orgoglio, la voglia di mantenere una terra veramente straordinaria! Ho notato
poche mulattiere rimesse in ordine. Un sogno, per i prossimi anni, è che si
riesca a sistemare anche le altre perché la mulattiera è un modo di collegare
una contrada con l'altra, una casa con l'altra, nel calore e nell’amicizia: fare
un cammino a piedi e dei passi di avvicinamento volontario nei confronti delle
persone. Invece prendiamo la macchina, facciamo un pezzo di strada, la lasciamo
al parcheggio, ”…te se incasett” perché non
c’è un posto libero. Non è esattamente
la stessa cosa. Bisogna mantenere questo senso dell'avvicinamento, dell'andare
incontro. Si potrebbe realizzare, a livello turistico, una rete di mulattiere o
rimettere in “buono stato” quelle
già esistenti, e sono numerose, che attraversano “di qui e di la”: sarebbe un
cammino straordinario.
Qui termina la mia narrazione: potrei scrivere ancora parecchie cose sulla Chiesa e sul paese... ma ho paura di diventare pesante e indigesto!
Se qualcuno ha riscontrato errori o vuole fornirmi ulteriori informazioni o fotografie o documenti o ...Grazie!!
Se qualcuno ha riscontrato errori o vuole fornirmi ulteriori informazioni o fotografie o documenti o ...Grazie!!
galdinorota@inwind.it
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