domenica 28 febbraio 2016

AMBImBE
VISITA AI SOTTERRANEI 
DEL CASTELLO SFORZERSCO DI MILANO
27 febbraio 2016
La fontana all'esterno delle mura del Castello.

La Strada Coperta della Ghirlanda, denominata anche "Galleria della Ghirlanda", è un percorso sotterraneo, costituita da un cunicolo voltato lungo circa m.500, largo in media m.1.60 circa ed alto m.2.80 circa, che corre parallelo alla parte esterna della controscarpa del fossato e formava la prima difesa del quadrato Sforzesco.
Il tratto di questo sotterraneo sopravvissuto alle demolizioni avvenute a fine Ottocento ed allo scavo per la costruzione della prima linea metropolitana consente di farsi una valida idea di come doveva essere complesso ed articolato l'intero percorso.

La Galleria della Ghirlanda, alla sinistra del fossato.
Molto interessante il troncamento del cunicolo che collegava il Castello Sforzesco alla Chiesa di S. Maria delle Grazie. Perché? Per il semplice motivo che il nostro amico Leonardo (...siii!...proprio lui…non vi sto raccontando b….! vedere la foto per credere!) faceva da spola tra i due luoghi: lavorava per rafforzare le difese del Castello e  dipingeva…dai che se ci pensate un po’ ce la fate da soli a dare la risposta…nientemeno che l”Ultima Cena”.
Leonardo si rattrista della chiusura del cunicolo che portava a S. Maria delle Grazie e ci chiede...informazioni!
La "Strada Segreta Coperta della Ghirlanda" è una suggestiva opera sotterranea che serviva alla difesa della porzione del Castello un tempo situata al di fuori della cinta urbana.
Il percorso, accessibile dal Rivellino di Santo Spirito e dall’ingresso prospiciente via Lanza, prende luce, verso il fossato, da un centinaio di finestrelle a doppia strombatura, poste ad intervalli regolari, rivolte verso il fossato stesso.
Come è visibile dalla immagine planimetrica allegata, questo percorso presenta una forma a "ferro di cavallo" e dal corridoio principale si dipartono, a raggiera, otto gallerie che un tempo dovevano essere tutte provviste di portoni.

Il percorso risulta interamente realizzato con murature e volte in mattoni con rari inserti lapidei e conci in ceppo mentre la pavimentazione, in terra battuta stabilizzata, presenta piccole porzioni del pavimento originario in cotto, venute alla luce durante il corso dei lavori e restaurate a testimonianza del passato.
La coordinatrice della visita e i cunicoli sotterranei.
Con l'intervento di restauro sono venuti inoltre alla luce e sono stati recuperati ambienti completamente interrati che contribuiscono ad accrescere le conoscenze su di esso, portando alla luce particolari costruttivi di opere connesse agli aspetti idraulici ( bagni,…) e difensivi (postazioni dei “cannoni”, false porte per disorientare il nemico,…).

Relazione Storica a cura di Massimiliano de Adamich.
Come riportato in numerosi testi sulla storia della Strada Coperta, era opinione abbastanza diffusa considerare il recinto della Ghirlanda, ossia quel recinto prospettante la vecchia Piazza d'Armi, come un’aggiunta successiva all'epoca sforzesca, e quindi come costruzione spagnolesca.
La disperazione di Leonardo quando ha visto la Torre della Rai nel parco. Non vi dico!! 

In realtà non era così difficile, anche senza l'ausilio dei documenti, constatare che le cortine formanti il recinto della Ghirlanda - rafforzato agli angoli da due torri rotonde - potevano appartenere all’epoca sforzesca. Dalla lettura dei documenti, si apprende che la Ghirlanda era parte integrante della costruzione del quadrato Sforzesco e che tale percorso contribuiva alla difesa delle fronti del Castello.
Con buona probabilità "il governo spagnolo si limitò ad una trasformazione della cortina della Ghirlanda quando - in seguito al progetto di rafforzare il Castello con il recinto poligonale – le cortine perdettero gran parte della loro importanza: costruite e disposte solo per resistere e respingere un attacco diretto, non avevano più alcuna funzione particolare quando si trovarono in seconda linea: gli Spagnoli se ne valsero quindi per lo sviluppo considerevole che dovevano dare agli alloggiamenti interni: le smantellarono prima, fino all'altezza di circa 8 metri dal piano del redondone. Poi, allargata la base mediante un muro parallelo alla cortina, in corrispondenza della sporgenza interna della Porta del Soccorso, innalzarono le costruzioni degli alloggiamenti sulla larghezza complessiva che risulta tra la cortina e l'aggiunta interna." (Luca Beltrami, Castello di Milano, Milano 2002).
Per facilitare l'accesso al piano superiore di questi alloggiamenti, negli angoli del recinto, furono costruite due rampe sorrette da arcate. Sempre dalle notizie storiche si apprende che, nei primi anni del Seicento, venne effettuata la sistemazione di tutto il fossato e degli spalti del Castello ed anche una sistemazione della Strada Coperta.
Le operazioni di demolizione della Ghirlanda, avvenute tra l'agosto del 1892 e il 1893, hanno contribuito, oltre che a liberare il quadrato Sforzesco anche a gettare nuova luce sulla pertinenza della Ghirlanda al periodo Sforzesco.
Le notizie storiche dell'epoca riportano poche informazioni sul percorso della Strada Coperta, e le fonti alle quali si è potuto risalire parlano di "una insolita e ancor visibile galleria segreta dentro il muro di controscarpa del fossato Sforzesco ad uso dei tiratori della difesa" (Castellum, Rivista dell'Istituto Italiano dei Castelli, Roma,1970).
Dopo le demolizioni avvenute a fine Ottocento, si erano conservati solo il terrapieno esterno al fossato, con i camminamenti sotterranei (la Strada Coperta e i suoi diverticoli) e poche parti del muraglione soprastante. Il lato del terrapieno che costituisce la controscarpa del fossato castellano era stato pesantemente restaurato dall'Ufficio Regionale. In corrispondenza di ognuno dei due angoli del fossato, la Strada Coperta è collegata da corridoi ipogei alle torri angolari.
"Nel tratto corrispondente al fronte della Rocchetta verso il parco, dalla Strada Coperta si dipartono anche altri corridoi. Il primo, partendo dallo spigolo nord- ovest, controlla un condotto idrico, il secondo conduce sotto la Porta del Soccorso, alla quale da accesso tramite due scale che salgono alle bertesche laterali, con diverse aperture bombardiere verso l'esterno. Un diverticolo continua a sinistra della porta, seguendo il profilo della scarpa esterna, dove si apre una fila serrata di vani con aperture per il tiro frontale. Il terzo corridoio innerva infine un'altra linea di tiro, simmetrica alla precedente e del tutto simile ad essa. Non vi sono altri passaggi sotterranei nella Strada Coperta, se si escludono i condotti idrici e le postazioni per il controllo e un cunicolo, franato e riempito di macerie, in corrispondenza della porta verso il parco.
Mentre su tutto il tracciato del fossato interno si affacciano le cento e più finestre della strada coperta, verso l'esterno, torri angolari a parte, si riscontra solo una linea di tiro lunga ottanta metri, con feritoie disposte nella scarpa del terrapieno della Ghirlanda." (G. Pertot, La fabbrica viscontea: sopravvivenze e integrazioni, Milano, 2005).
La nostra Guida che, grazie alla tecnologia, ci ha saputo far vedere...
Dalle informazioni recuperate attraverso ricerche bibliografiche si suppone che la Strada Coperta sia stata costruita da Francesco Sforza dopo il 1454, anno in cui inizia la ricostruzione. L'intero complesso faceva parte del sistema di fortificazioni esterne del Castello, denominato "recinto della Ghirlanda", costituito, da un giro di mura munite di torri circolari e da un fossato, che permetteva di controllare il Castello e di accedere alle torri della Ghirlanda che difendevano il fossato esterno, verso il territorio extraurbano.
Nel Cinquecento la Strada Coperta, probabilmente con l'intero Recinto della Ghirlanda, fu inserita nel nuovo sistema difensivo costituito da baluardi e dalla fortificazione denominata "Tenaglia". Ai primi del Seicento, con la riorganizzazione di questa fortificazione e la creazione della cinta urbana bastionata, la Strada Coperta venne risistemata insieme ai fossati. Gli sviluppi successivi, caratterizzati dalle demolizioni e dai restauri di fine Ottocento hanno interessato l'intero Castello ed hanno coinvolto il percorso.

Provate voi a spiegare a Leonardo che cos'è...una fotografia!!
Ciao a tutti!!

venerdì 26 febbraio 2016

lacrime


E crescendo impari che la felicità non è quella delle grandi cose.
Non è quella che si insegue a vent'anni, quando, come gladiatori,
si combatte il mondo per uscirne vittoriosi...
La felicità non è quella che affannosamente si insegue
credendo che l'amore sia tutto o niente,...
non è quella delle emozioni forti che fanno il "botto" e
che esplodono fuori con tuoni spettacolari...,
La felicità non è quella di grattacieli da scalare,
di sfide da vincere mettendosi continuamente alla prova.
Crescendo impari che la felicità è fatta di cose piccole ma preziose....
e impari che il profumo del caffè al mattino
è un piccolo rituale di felicità,
che bastano le note di una canzone,
le sensazioni di un libro dai colori che scaldano il cuore,
che bastano gli aromi di una cucina, la poesia dei pittori della felicità,
che basta il muso del tuo gatto o del tuo cane per sentire una felicità lieve.
E impari che la felicità è fatta di emozioni in punta di piedi,
di piccole esplosioni che in sordina allargano il cuore,
che le stelle ti possono commuovere e il sole far brillare gli occhi,
e impari che un campo di girasoli sa illuminarti il volto,
che il profumo della primavera ti sveglia dall'inverno,
e che sederti a leggere all'ombra di un albero rilassa e libera i pensieri.
E impari che l'amore è fatto di sensazioni delicate,
di piccole scintille allo stomaco, di presenze vicine anche se lontane,
e impari che il tempo si dilata e che quei 5 minuti
sono preziosi e lunghi più di tante ore,
e impari che basta chiudere gli occhi, accendere i sensi,
sfornellare in cucina, leggere una poesia,
scrivere su un libro
o guardare una foto per annullare il tempo e
le distanze ed essere con chi ami.
E impari che sentire una voce al telefono,
ricevere un messaggio inaspettato,
sono piccolo attimi felici.
E impari ad avere, nel cassetto e nel cuore, sogni piccoli ma preziosi.

E impari che tenere in braccio un bimbo è una deliziosa felicità.
E impari che i regali più grandi
sono quelli che parlano delle persone che ami...
E impari che c'è felicità
anche in quella urgenza di scrivere su un foglio i tuoi pensieri,
che c'è qualcosa di amaramente felice anche nella malinconia.
E impari che nonostante le tue difese,
nonostante il tuo volere o il tuo destino,
in ogni gabbiano che vola c'è nel cuore
un piccolo-grande Jonathan Livingston.

E impari quanto sia bella e grandiosa la semplicità.

 Anonimo

Ringrazio Nicoletta per avermi suggerito questa bella poesia.

domenica 21 febbraio 2016

21 febbraio 2016
UOEI - Sezione (viva) di Bergamo
 m. 1555 - Torcola Vaga (BG)
Avanti le ragazze a battere ...la neve fresca! Si parteee!!
Totti sta sciando in Val D'Aosta sulla neve e ad un certo punto trova un cartello
che dice: "Qui inizia la neve perenne".
E Totti: "Aho macchè 'gnoranti! Anche a Roma la neve inizia per N".
Perchè la neve scende a fiocchi?
Perchè se scendesse a nodi non si scioglierebbe!
Perché l'uomo è come una tempesta di neve?
Perché non sai quando viene, quanti centimetri ti darà e quanto tempo dura.
Due omosessuali al telefono:"Ciao Giangi, come te la passi in montagna?".
"Oh! quanto mi diverto: la mattina mi sveglio, faccio colazione e poi gioco con le palle di neve;
a mezzogiorno pranzo e poi gioco ancora con le palle di neve;
a sera ceno e di nuovo gioco ancora con le palle di neve".
 "Oh! che bello, che bello, ma questo neve, questo neve lo conosco io?".
Due bambini stanno giocando sulla neve con lo slittino:
"Dovete adoperarlo a turno" si raccomanda la madre.
"Mamma è quello che facciamo!"spiega il più grande dei fratelli".
"Io lo uso per scendere, lui lo usa per salire...".
Che cos'è la neve? E'una grende berche che neviga sul mere.
Perchè un millepiedi non riesce mai a sciare?
Perchè quando ha finito di mettersi gli sci la neve non c'è più.
Abbiamo passato una bella giornata con tanto sole, un cielo azzurro,
respirato aria frizzante e pura, pestato la neve con le ciaspole, ma soprattutto in allegria,...
mamma mia ...Presidente! ...per una palla di neve!!

venerdì 19 febbraio 2016

11. LA BRIGATA FIAMME VERDI "VALBREMBO"
LA SITUAZIONE GIURIDICA
COL PARABELLO IN SPALLA

Ufficialmente la brigata “Valbrembo” nacque alla fine di giugno 1944. Si venne ad inserire all’interno delle Fiamme Verdi, un movimento resistenziale sorto a Brescia per iniziativa di alcuni ufficiali degli alpini in forte collegamento con il clero di quella città. La loro più forte area d’insediamento fu la Valcamonica. Alla metà del 1944 il comando delle Fiamme Verdi tentò di estendere la propria influenza anche alla bergamasca: in Val Taleggio (tentativo fallito dopo il grande rastrellamento tedesco del giugno 1944), in Val Serina (formazione “Primo Maggio”) e collegandosi con don Antonio Milesi e Natale Mazzolà.
"Dami" in divisa delle Fiamme Verdi
 nei giorni della Liberazione
.
Nell’autunno del 1943 si costituisce cosi a Villa d’Almè una banda partigiana guidata dall’avvocato trevigiano, ex ufficiale di fanteria nella prima guerra mondiale, sfollato a Bruntino Natale Mazzolà e dal curato dell’oratorio di Villa d’Almè, don Antonio Milesi “Dami”. Fu un’iniziativa spontanea, indipendente da centri di comando, ma che cerca di affrontare le esigenze e i problemi concreti sorti nella nuova situazione dell’occupazione militare tedesca e del regime fascista.
“Sbandati” furono i giovani che dall’8 settembre 1943 stavano svolgendo il servizio militare inquadrati in qualche reparto delle Forze Armate italiane. Coloro che non caddero prigionieri dei tedeschi e riuscirono a fuggire dalle caserme avevano bisogno di tutto: innanzitutto, un luogo sicuro dove rifugiarsi. A costoro si aggiunsero i “renitenti alla leva”: i giovani delle annate ’23, ’24, ’25 che, a partire dal novembre 1943, furono richiamati alla leva dalla RSI (Repubblica Sociale Italiana) e che rifiutarono di presentarsi rendendosi colpevoli di un grave reato punibile con la pena di morte.
Ai giovani che si rivolgevano a lui per consiglio e aiuto don Antonio Milesi offrì dei luoghi di rifugio: S. Croce in Valcava, S. Pellegrino, la Pianca sopra S. Giovanni Bianco. 
La rete che venne formandosi intorno a Milesi e Mazzolà fin dai primi giorni, pensando ai possibili risvolti futuri, creò depositi di armi. Provenivano o dalla raccolta di quelle che erano state abbandonate dai soldati in fuga dalle caserme o dal saccheggio della caserma del distaccamento anti-paracadutisti di Almè o direttamente dall’acquisto, a caro prezzo. Si costituisce un mercato clandestino nel quale erano in concorrenza autorità fasciste e di occupazione e resistenti: in un anno il prezzo di un moschetto modello 91 passa da 200 a 1.000 lire. 
Il "Ricordo del 25 aprile", come scrisse "Rino" Bonalumi
 sul retro della fotografia di alcune Fiamme Verdi del gruppo di Paladina.
I soldati alleati fuggiti dal campo di prigionia di Grumello al Piano e dispersi in tutta la provincia dopo l’8 settembre furono forse duemilacinquecento. Circa centocinquanta prigionieri furono ospitati all’inizio nelle stesse abitazioni, poi nascosti nelle cave di Strozza, in Valle del Giongo, a Sombreno. Dentro il Comune di Almè con Villa (i due paesi all’epoca erano amministrativamente uniti) si organizzò una rete di assistenza per fornire cibo ai prigionieri attraverso l’asportazione delle carte annonarie. Dopo l'entrata in guerra dell'Italia i primi sintomi della crisi economica che stava investendo il Paese, si avvisarono dalla scarsità di generi alimentari e dall'aumento dei prezzi, che portarono alla costituzione della "carta annonaria". Questa tessera nominativa permetteva in date prestabilite di recarsi da un fornitore per la prenotazione dapprima solo di generi alimentari, ma poi si diffuse, ad esempio, anche per il vestiario. Il negoziante staccava la cedola di prenotazione apponendo la propria firma e, in una o due date prestabilite, si poteva prelevare la merce prenotata. Visto che i prezzi variavano di mese in mese era uso comune prelevare tutto quanto fosse possibile in un'unica soluzione. 
Un'istantanea nei giorni della Liberazione: un gruppo di partigiani tra cui Tito Spini, secondo da sinistra,
e al centro con l'impermeabile chiaro, Natale Mazzolà.
La banda così creatasi raggiunse la consistenza di un centinaio di uomini operanti principalmente tra Bruntino, la Maresana e le pendici del monte Ubione. 
Le prime azioni però non furono favorevoli: il fallimento nel recupero di un aviolancio (5 agosto)e lo scarso successo nella raccolta delle armi. 
Si distinse per una serie di operazioni condotte contro le caserme della G.N.R. della zona, allo scopo di rifornirsi di armi, munizioni, vestiario, equipaggiamento e anche viveri. Tali azioni determinarono la reazione delle forze neofasciste che costrinsero “Dami” e i suoi a cessare momentaneamente l’attività.
Nella primavera del 1944, “Dami” ricostruì la formazione, suddividendola in due gruppi, inquadrati nelle Fiamme Verdi, una col nome di “Valbrembo”, al suo diretto comando, e l’altra col nome di “Primo Maggio”, comandata dal man- tovano Gian Luigi Guerrieri “Gianni” e operante per lo più in Val Serina.
L’8 settembre venne portata a termine un’azione a Selino Imagna: dopo aver fatto esplodere una mina nel muro di una caserma repubblicana, i partigiani investirono il presidio fascista con raffiche di mitra e lanci di bombe a mano. Dopo un’aspra lotta i partigiani cessarono l’attacco e si ritirarono; il giorno seguente i fascisti, a causa delle ingenti perdite, lasciarono la Valle Imagna.
A fine settembre le Fiamme Verdi della “Valbrembo” decisero di effettuare un colpo a Villa Masnada, alle Crocette di Mozzo, per far bottino delle armi e degli equipaggiamenti dei genieri tedeschi impegnati nelle officine Caproni.
Le Fiamme Verdi della "Primo Maggio" alla sfilata del 4 maggio 1945.
Insieme alla "Valbrembo", la formazione di "Gianni" e di "Velio" venne inquadrata nella "Fratelli Calvi".
 Le circostanze fecero sì che il piano originario e progettato scrupolosamente dovesse essere cambiato e tuttavia il 25 settembre del 1944 l’azione ebbe luogo, con la complicità del personale della villa. Sulla via del ritorno a Villa d’Almè però il gruppo fu attaccato dai tedeschi e dai fascisti di Resmini. Alcuni, tra cui “Dami”, riuscirono a dileguarsi, ma dieci partigiani furono fucilati o caddero in combattimento sul colle tra Sombreno e Petosino. Tra di essi Albino Locatelli, fratello del Rino caduto al Buco dell’Orrido, catturato e poi gettato nell’Adda dal ponte di Trezzo. Anche qui non mancarono naturalmente le polemiche circa la condotta sprovveduta e ingenua dei capi della Valbrembo che registrerà poi altre perdite anche tra ottobre e novembre, tra cui Angelo Gotti, fucilato sul monte Ubione.

Un'immagine sfuocata ma importante: Dami alla testa delle Fiamme Verdi della "Valbrembo"
nella sfilata del 4 maggio 1945, la festa partigiana per le vie di Bergamo.
“Dami”, individuato e braccato dai fascisti, dovette prima rifugiarsi sul monte Ubione e ai primi di dicembre fu costretto a rifugiarsi in Svizzera. Altre polemiche ancora scoppiarono quando il comandante della “Primo Maggio” Guerreri “Gianni” strinse un accordo con le autorità fasciste provinciali per cui i suoi uomini furono reclutati come boscaioli o nelle miniere Sapez di Zorzone ed Oltre il Colle. Il comando provinciale ordinò la smobilitazione e lo scioglimento della “Primo Maggio”…“obbligati a deporre le armi e a ritornare in seno alla bastardata società”. In realtà il gruppo di Fiamme Verdi non smobilitò, e riuscì a superare la stretta del secondo inverno dividendosi in tre nuclei e trasferendosi dal monte Ubione alla Roncola, a San Pellegrino e a Sorisole. Su di essi e sul gruppo interno al Linificio potrà contare “Dami” dopo il suo rientro in patria a fine marzo 1945.  Il rientro di “Dami”, con il nome di copertura di “Delfino”, da ovviamente impulso alla riorganizzazione della formazione in vista delle operazioni insurrezionali. Le Fiamme Verdi della “Valbrembo” e della “Primo Maggio” parteciparono alla liberazione della città, rimanendo acquartierate nelle scuole di via Borfuro fino allo scioglimento.

  

Nella provincia di Bergamo un gran numero di parroci e curati ebbero parte attiva nella lotta partigiana e non di rado pagarono a carissimo prezzo il loro impegno: quasi sempre le canoniche furono luoghi di riferimento importanti, spesso insostituibili, per le formazioni di montagna. Soltanto don Antonio Milesi, tuttavia, diventò comandante di formazione, pur rimanendo formalmente, fino al dicembre 1944, in servizio presso la parrocchia di Villa d’Almè. Ricordiamo don Achille Bolis, parroco di Calolziocorte, morto in seguito ai maltrattamenti subiti nel carcere di San Vittore nel 1994, e don Antonio Seghezzi, assistente dei giovani di Azione Cattolica, morto a Dachau nel maggio del 1945.

Nella foto:Don Antonio Seghezzi


Il Codice penale vigente nel 1944 (ancora oggi in applicazione anche se ha subito molte modifiche) fu approvato dalle Camere nel 1930, emanato con Regio decreto il 19 ottobre ed è in vigore dal 1° luglio 1931. Oggi non è più prevista la pena di morte (sostituita con l’ergastolo dal 1994 anche nel Codice Penale Militare di Guerra) nemmeno per i reati d’insurrezione armata contro i poteri dello Stato (art.284), devastazione e saccheggio (art.285), guerra civile (art.286), usurpazione di potere politico (art.287), arruolamenti o armamenti a servizio di uno Stato estero (art.288), atti contro le forze armate in guerra, intelligenze con lo straniero, vio- lenza a sentinella, vedetta o scorta, resistenza alla Forza armata (art.140), ecc. Allora invece era prevista la pena di morte tramite fucilazione nel petto (art.21), ma nel 1944, stante la guerra civile, veniva spesso eseguita anche sul posto, senza alcun processo, da parte di chiunque e da entrambe le fazioni in modo spesso arbitrario!

domenica 14 febbraio 2016

UOEI - Sezione di Bergamo
14 febbraio 2016
DA SALE MARASINO 
AL RIFUGIO OSTERIA PASTINA (Bs)
ed io piano sono andato!!

"Ciao! Domenica scorsa non c'eri sul sentiero del Viandante!".
"Sai... martedì è arrivato il tizio che mi porta l'acqua.
Ne ho prese due casse.
Non volevo prenderne...dell'altra!!
AAhhhAhhAAAAhhAAAAAhhhhh!!!

PARTIGIANO SANDRO, "SANDROKAN"
Vorrei ...per non dimenticare... raccontare della brigata Giustizia e Libertà "Barnaba" 
intervallando con fotografie della brigata U.O.E.I. di Bergamo.

Barnaba era un ex prigioniero russo che aveva fraternizzato con i partigiani locali; dopo la battaglia di Croce di Marone di lui non si seppe piú nulla. 
In sua memoria venne costituita la prima squadra d’azione operante nel territorio sebino che, con pochissimi appoggi finanziari, si mise all’opera, compiendo diverse azioni sabotatrici. Furono le Fiamme Verdi a sostenere i primi componenti di questo gruppo con l’invio di armi e modeste somme di denaro, che vi confluivano tramite staffette, con quelle inviate dagli operai e impiegati della ex Franchi e Gregorini.

PARTIGIANI IGNAZIO "RAGAZZO", NICOLETTA "QUASIMODO" E GABRIELE "LELE".

Il gruppo aveva come piano operativo il sabotaggio. Fra i suoi componenti c’era un esperto in esplosivi che sapeva costruire bombe a scoppio ritardato da piazzare nei luoghi strategici. Fu cosí che saltarono in aria tralicci elettrici a Bornato e Borgonato e, simultaneamente, sei a Inzino di Gardone Valtrompia.
Ma il battaglione di fascisti della X Mas di Borghese e la famigerata Legione Tagliamento, aiutati dalla sempre presente delazione, riuscirono a limitare, con efferati rastrellamenti, l’azione della brigata partigiana; alcuni componenti della “Barnaba” furono catturati e mandati a morire nei lager di Mauthausen.

PARTIGIANA LISA, "ROTTERMAIER"

La brigata provvedeva anche ad accompagnare gli ex prigionieri alleati verso l’allora ospitale Svizzera.
L’osteria di Nistisino era un buon punto di partenza per tali operazioni e per spedizioni punitive contro i delatori.
Nel gennaio 1945, per un nonnulla è fallito l’assalto alla caserma dei militi della Tagliamento a Marone. La località Gole fu in seguito la nuova base operativa della brigata “Barnaba”. Qui arrivavano armi, munizioni e vettovaglie perfino dalle caserme fasciste, acquistate con la connivenza degli stessi militi. Queste intese, si rivelarono molto utili nei momenti della insurrezione, evitando inutili spargimenti di sangue.

PARTIGIANI "ANDREA" E "GIULIANA"

Nella notte fra il 24 e il 25 aprile 1945 i partigiani, attestati a nord di Sulzano, fecero capitolare, piú con la ragione che con le armi, la X Mas fascista. A Sulzano, numerosi militari tedeschi e fascisti, a bordo di alcuni autocarri, si arresero consegnando armi, munizioni, vettovaglie, muli e carrarmati. Giovedì 26 aprile il CLN di Brescia esce dalla clandestinità e proclama l’insurrezione generale:
“Bresciani! L’ora della liberazione è giunta. L’odiato nemico tedesco-fascista, che da tanto tempo calpesta il nostro suolo e martirizza le nostre popolazioni, è rotta. Una nuova era di libertà democratica si inizia…”.
L'OSTERIA PASTINA: UN BUON PUNTO DI PARTENZA...DOPO AVER MANGIATO... PER L'ALLEGRA BRIGATA
Nel pomeriggio del 27 aprile, dopo breve fuoco partigiano, una grossa colonna corazzata fu lasciata passare; sarà poi annientata dall’aviazione alleata.
Il comandante della Brigata Giustizia e Libertà “Barnaba” nel suo rapporto alla fine delle ostilità cosí scriveva: “Si chiude cosí la battaglia del Sebino con i seguenti risultati: 1700 prigionieri, 32 autocarri, magazzini imponenti della X Mas, un carrarmato, 3 cannoni, 25 mitragliere pesanti, 170 quadrupedi e un’infinità di armi leggere, munizioni e vettovagliamento”. Venerdì 27 aprile esce il primo numero de “Il giornale di Brescia”, organo ufficiale del CLN. In prima pagina l’annuncio:
BRESCIA È LIBERA.
Brescia - Partigiani in Corso Zanardelli.
Sventola finalmente il fazzoletto della Giustizia e Libertà.

E adesso sai che si fa?
Quasi quasi lancio la pubblicità!!
Ciao!!

venerdì 12 febbraio 2016

Una poesia che merita una grande riflessione sulla caccia, sul bracconaggio,
sulla vivisezione, sugli allevamenti degli animali da pelliccia
e su tutte le atrocità subite dagli animali,
resa pubblica da Fronte Liberazione Animale Italia.


Tu hai un figlio?
Questo è il mio…
Guardalo bene…
Forse il giorno che lo indos...serai, mangerai o gli sparerai…
potresti riconoscerlo...
Tu ami tuo figlio?
Io sì...
Questo è il mio.
E' la mia vita e farei tutto per lui...
Tu puoi lottare, urlare e difendere tuo figlio?
Io no...
A me non resta che guardare...
Io potrei urlare ma nessuno farebbe caso alle mie urla di dolore...
Potrei lottare ma le mie forze non sarebbero sufficienti...
Le mie lacrime per lui sarebbero invisibili…
Questo è mio figlio...
Ora lo conosci...
Quanto lo amo?
Quanto soffro per lui?
Tu sei madre... non dovresti fare queste domande.

Ringrazio la biblioteca di zona  Longuelo (BG) per avermi fatto conoscere questa bella poesia...o preghiera!