venerdì 30 luglio 2021

 GALDI - 29 luglio 2021


Titolo un po’ curioso…che dite?
Quello che mi piace nelle varie mie camminate ripetute già parecchie volte (non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace!), è il NON fossilizzarsi sulle solite cose ma cercarne delle nuove.
Un breve giro sotto il castello di Brivio e…
LE FOPPE: area di notevole pregio ambientale, inserita nel contesto del Parco Adda Nord e Sito di Interesse Comunitario (SIC), rappresenta ciò che rimane di un bacino idrografico originariamente definito “lago di Brivio”. E’ una preziosa testimonianza di ecosistema palustre in cui ancora convivono specie animali e attività dell’uomo (rimangono alcuni resti delle vecchie gueglie e legnaie dei pescatori unitamente ad alcuni appostamenti). Nel secolo XIX si distinguevano ancora le seguenti isole, delineate da una fitta rete di canali: ISOLA DELL’ASINO, ISOLA DEL BERSÒ, ISOLA DEL CAVALLO, ISOLA DEL GERONE, ISOLA DELLA TORRE, ISOLA PECCHIO, ISOLA TRUCCO, ISOLETTO DEL FOPPONE.
CASINO DEL VICERÈ: luogo venatoria in un contesto ricco di fauna palustre e adatto alle battute di caccia, imponente per struttura ed elementi architettonici (conserva anche qualche lacerto di parete dipinta), oggi fatiscente, venne costruito intorno al 1806 da Bernardino Cantù, allora proprietario del lago di Brivio. Era luogo di caccia del vicerè d’Italia Eugenio Beauharnais, cognato di Napoleone, da cui la denominazione.
LA FESTA: all’origine di tutto c’è un voto espresso dai briviesi nel 1855, l’anno del colera, e la promessa di istituire una festa in onore della Madonna Addolorata come ringraziamento per la liberazione del morbo. In questo modo l’anno successivo è iniziata la lunga storia della Festa di Brivio che negli anni è diventato un appuntamento sempre più sentito e partecipato.
Nei primi anni era la festa dei barcaioli e dei pescatori, anche perché la leggenda voleva che la statua dell’Addolorata fosse arrivata dalle acque del fiume; infatti, nel secondo dopoguerra, per alcuni anni si è tenuta una suggestiva processione della Vergine sul fiume. Nell’acqua si svolgevano anche i giochi del lunedì, come la cuccagna e il salto dell’oca, che consisteva nel prendere un’oca sospesa viva sul fiume tuffandosi dalle imbarcazioni. Lo spettacolo pirotecnico è uno dei momenti centrali della festa fin dalle origini: i primi documenti d’archivio che ne parlano son del 1862.
Seguendo l’argine dell’Adda mi dirigo verso la Madonna della Rocca di Airuno con il suo bel panorama sul fiume e sul lago di Olginate.
“Verticale” la sua Via Crucis…fino al Sepolcro!
NOTIZIE (dalla lapide posta sulla facciata) appartenenti alla Rocca Situata nel territorio di Airuno Pieve di Brivio Registrata nell’antiquario della Diocesi di Milano. Airuno aveva una Rocca assai forte di cui s’impadronì Francesco Sforza Duca di Milano nel 1450 con grave danno dei Veneti. Eravi nella detta Rocca un’antica Chiesa di S. Michele nella quale un’Immagine di Maria a cui fu poi sostituita nuova Chiesa dai devoti che vi concorrevano a venerarla.
Cammina, cammina arrivo, casualmente dopo un bel lungo giro, alla trattoria Cantù, sempre sull’Adda, sul confine tra Airuno e Olginate: fritto misto mare/fiume, patatine fritte, una fresca mezzana di birra e caffè. 






















Sulla via del ritorno scorpacciata di prugne gialle: quella dopo era sempre più buona della prima.
Sono…appena in tempo…arrivato a casa che…


Quattro passi, quattro orette, quattro…pesciolini…chiamatela come volete!


lunedì 26 luglio 2021

 25 luglio 2021
Caterina, Federico, Galdino, Micaela, Vico
e altri amici

Sono invitato dagli amici Caterina e Vico nella loro baita di Cà Meròsa, situata poco sotto i Tre Faggi in una zona di confine tra la Valle Imagna e la Val Brembilla, per una polentata. Come faccio a dire di no! Il Vico è un maestro nel cucinare la carne sulla griglia e la Caterina ha il suo punto forte nel croccante di noci e miele. Come faccio a dire di noo!! Aggiungete del buon vino - chissà perché in quota è ancora più buono - i formaggi, i salumi, i dolci, il caffe con grappino a parte. Come faccio a dire di nooo!!! Perciò parto abbastanza presto (oddio!): voglio camminare un paio d’ore prima di arrivare all’invito. L’anello attraversa variegati ambienti di aria e luce che in poche ore tante emozioni lascia nel cuore. Supero una pineta, la località Piazza m11291 e raggiungo la caratteristica Bocca del Grassello m1430 con il suo piccolo stagno. Risalgo prima in un bosco e poi su traccia erbosa fino al culmine dei Canti m1563 con la sua bella Madonnina. Nuvole basse: ogni tanto devo chinarmi per evitare di sbatterci la testa! In cima l’atmosfera è speciale e il mondo immenso. Scendo sull’affascinante filo di cresta che m’immette, tra saliscendi rocciosi, passaggi inattesi e forme fantastiche, lasciando alle spalle guglie imponenti e i ghiaioni che danno la percezione dell’alta quota, in una bella faggeta godendomi i passi sino a trovarmi di fronte ai bellissimi tre faggi m1393 dove vale la pena sostare per godere di un orizzonte a perdita d’occhio nella mia geografia interiore. Mi tiene compagnia un raggio di sole, solitario ma caldo! Sento già a distanza il profumo della polenta e della carne alla brace. Ho un olfatto fine e perciò non posso sbagliare strada! Temporale e grandinata mentre siamo all’interno a…degustare! E..."dopo aver mangiato e ben bevuto...e ben bevutooo" scendo, a zig zag, tramite strada forestale nei bei prati di Pralongone e nella magnifica faggeta fino a Fuipiano. Non mi ricordo dove ho posteggiato la macchina. Senz’altro sarà l’età che avanza!!!
Grazie Caterina! Grazie Vico! Veramente una bella domenica...























venerdì 23 luglio 2021

 22 luglio 2021
Galdi Jones
alla ricerca del sentiero mancante

Due le possibilità. La più agevole con l'imbocco di una carrareccia dal Ponte della Lavina dove lascio la macchina, sarà il percorso dell’andata: il percorso è “quasi” pianeggiante, facile e ombroso, un po’ monotono e costeggia il corso dell'Enna, ora discostandosene appena e ora sfiorando il corso d'acqua. L'altra, parte della piazza del comune di Vedeseta, vicino alla chiesa, e s’imbocca la mulattiera in acciottolato: sarà quella del ritorno. Comunque i due percorsi, dopo circa km2 si uniscono. Da qui si prosegue a fianco del torrente e possiamo ammirare un susseguirsi di salti, pozze e cascatelle e il cui fluire a tratti fragoroso accompagna per il resto del cammino che continua sempre in fregio al corso d'acqua. Si incontra il primo ponte realizzato dopo il 1954 dalla Società Orobi (ora Enel) per agevolare il lavoro dei guardalinee e che permette di superare l'affluente di sinistra dell’Enna, il torrente Bordesiglio. Si giunge al secondo ponticello e poco oltre, in una radura, una freccia indicatrice invita ad abbassarci all’Acqua Rossa sul greto del fiume, nei cui pressi ci possiamo dissetare con l'acqua ferruginosa di una piccola sorgente. Ripresa la strada, dopo questa sosta, accompagnati dal rumore sempre più forte del torrente, attraversiamo altri due ponti poco prima che il sentiero, finora altalenante, inizi a salire fino a giungere nell'area dove, sul versante opposto, vi sono le sorgenti del torrente Enna. Lo scenario è di grande suggestione: il grande salto d'acqua con profonda marmitta fluviale (pozz de Fum lacc) del fiume latte (bianco come il latte per l'acqua bianca delle cascate) nelle pareti delle montagne che si stringono nella gola della Rèmola, il maggior tributario dell'Enna. Per vedere da vicino le sorgenti dell'Enna, lo dobbiamo guadare. Dobbiamo affidarci a massi un poco instabili e scivolosi... ma con attenzione si riesce ad andare sull’altra sponda, raggiunta la quale, risaliamo per qualche minuto il ripido pendio lungo un sentierino abbastanza impegnativo anche dall’umidità che lo rende scivoloso. Ci godiamo da vari punti di vista l’affascinante ed emozionante spettacolo delle cascate, formate dall'acqua appena fuoruscita dalla caverna sotterranea e subito precipitante a valle a salti e cascate che tagliano la scoscesa roccia. La fatica dell'arrampicata, non facilissima, è ricompensata. A oggi non si conosce ancora quale sia il bacino di carico della sorgente, se circoscritto solo alla Val Taleggio o se raccolga invece anche acque provenienti dalla Valle Imagna. Tutta la zona è immersa in una elevata umidità, provocata dai perenni spruzzi dell'acqua scrosciante e saltellante di roccia in roccia, di balza in balza. Alla fine mi sento abbastanza “inzuppato” dagli spruzzi “goduti” alle cascate. L'escursione può concludersi qui ma decido di proseguire fino ai piedi di Morterone, piccolo paese sulle pendici orientali del Resegone. Il percorso comincia a salire decisamente a tornanti, ma poi si spiana e scende a un solido ponticello un tempo più precario in quanto, come dice il nome, era fatto di corda, che aiuta a superare il profondo canyon della Rémola. Ci si “cala” al fondo della valletta (Enna sèca), si costeggia una seconda valletta che scende dalla cascina Carigù e si esce nei primi pascoli di Monterone. Comincio poco prima la mia ricerca del sentiero che sale a Frasnida, la frazione più caratteristica di Morterone, che ha conservato ancora gli edifici rurali dal tipico tetto spiovente e i ballatoi esterni in legno. Purtroppo non lo trovo: mi sarà passato sotto il naso! D’altronde lo spazio in cui cercare è esteso. Pazienza: ritornerò cercandolo dall’alto (a Frasnida so, dove inizia o finisce)!. Ritorno sui miei passi con una strana voglia (sarò incinto?): cappuccio e brioches. Mah! Saranno state le punture dei calabroni di questa settimana o…forse…AstraZeneca! Perciò “su” a Vedeseta a compiere la missione! Superate delle baite-stalle tipiche valtaleggine, si attraversa il bosco, noto col nome di Passione, dove si vedono affioramenti di rocce dalle caratteristiche stratificazioni geologiche inclinate e un’antica fontana alimentata da fresca acqua sorgiva. Si guada facilmente il torrente Casere con i pendii terrazzati con muri a secco, diffusi un tempo per la coltivazione del grano. Incontro dei prati da sfalcio e la scalinata-mulattiera, acciottolata, stretta tra le abitazioni. Ritorno su una mulattiera tagliando Vedeseta e arrivando alla piccolissima frazione di Lavina. Da notare: la fontana pubblica della fine del settecento: interessante struttura pubblica con due fonti, l’una per l’abbeverata degli animali e l’altra per la presa d’acqua potabile e lavatoio; le due belle santelle.