lunedì 21 novembre 2016

UOE👍-Bergamo
20 Novembre 2016
C’è un paese incantato dove le Alpi si tuffano nell’azzurro del lago di Garda e le atmosfere alpine abbracciano quelle mediterranee. Un paese dove il fascino di una natura incontaminata appaga lo spirito e dove la vita scorre semplice e tranquilla, seguendo il ritmo delle stagioni.
Tremosine, con la sua Pieve che si sporge sulla roccia a picco sul lago di Garda, è uno dei “Borghi più belli d’Italia”, prestigioso “club” al quale appartiene un limitato numero di paesi che si contraddistinguono per bellezze paesaggistiche, armonie architettoniche, patrimonio ambientale, ricchezze storico-artistiche-culturali ed interessanti tradizioni religiose, popolari e gastronomiche. Raggruppa numerosi piccoli borghi, caratteristici e molto suggestivi, incastonati in un ambiente naturale davvero unico con dei paesaggi e dei panorami di straordinaria bellezza: un vero paradiso situato nel cuore del Parco Alto Garda Bresciano!
Noi ci siamo! E tu? Dopo una ricerca affannosa di…caffeina, attraversiamo il ponticello nelle vicinanze della piazza di Campione. E’ l'unica frazione a lago del comune di Tremosine ed è situata sul delta del torrente S. Michele. La penisola di Campione fu sede, a partire dal XVI secolo, di varie industrie: cartiere, fucine e mulini che sfruttavano la caduta dell’acqua del torrente che scende a precipizio dall’altopiano sovrastante. Nel 1700 l’acquistarono gli Archetti, ricchi mercanti di Brescia, che vi aggiunsero una filanda, vi eressero un palazzo (1730-1740) e una chiesetta dedicata S. Ercolano e demolita nel secolo successivo. L’alluvione che si abbattè sul territorio nel 1807, distrusse le antiche officine e Campione rimase pressochè disabitata per circa un secolo. Nel 1896 Giangiacomo Feltrinellì e Vittorio Olcese vi eressero un cotonificio e un villaggio operaio con chiesa, teatro, convitto e spaccio. Dopo la chiusura del cotonificio avvenuta nel 1981, ha subito una fase di abbandono e solo recentemente è iniziato il recupero del villaggio con finalità turistiche.
Proseguiamo su una scalinata per lo più in cemento: qui inizia la condotta forzata che permetteva il funzionamento del cotonificio. In seguito incontriamo una galleria (è bassa, attenti alla testaa…aahhh!! Ragazzi…che botta!!), un camminamento con numerose opere idrauliche e due bacini, varie canalizzazioni e un ponte sopra la forra profondissima del fiume San Michele. Il sentiero richiede particolare cautela, i panorami sono da brivido, la macchina fotografica è sempre in funzione. Più avanti il percorso diventa ripido, molti i gradini in pietra a volte scavati nella roccia e tutto intorno una magnifica vegetazione da macchia mediterranea.
Neanche il tempo di scambiarci due brevi parole…di più non riusciamo perché abbiamo appena finito lo sciroppo amaro della salita… che, come per incanto, il paesaggio cambia radicalmente e il sentiero passa in mezzo ad olivi, con prati delimitati da muretti a secco, non sempre in buono stato, con la pietra di “Lo”: per diversi portali e per il pavimento della Chiesa di Pieve è stata utilizzata questa pietra. Un anziana signora dai capelli rossi intenta a pulire le verdure del suo ancor rigoglioso orto ci racconta che anche l’asilo di Pregasio è stato costruito con questa pietra. Da questa località, sede dì un’antica cava di pietra, la vista spazia incontrastata sul lago, sul Monte Baldo e sul Montecastello. Oramai ci siamo: passiamo per il bel centro storico di Pregadio…volevo dire Pregasio (un po’ di stanchezza abbinata all’età…scusatemi!!) e, tra potature di olivi, arriviamo con soddisfazione a Pieve.  
Si trova sulla sommità di una falesia scavata dal ghiacciaio. Il Garda è a m. 65 s.l.m., il capoluogo a m. 423. Per secoli li ha uniti uno dei sentieri più belli del mondo, il Sentiero del Porto, che faremo al ritorno dopo un lauto pranzo degno di un “Angelo”, gustando un panorama mozzafiato e lasciandoci accarezzare dalla brezza che viene dal lago. L’antico selciato e le pietre annerite dei muretti di riparo raccontano di uomini e baratti, di merci portate a spalla con fatica mostruosa. Arrivati in alto, la terrazza panoramica che ti riconcilia con il paradiso intorno. Su e giù…giù e su…prima per arrivare al porto, quasi nascosto al piede della valletta, poi per raggiungere il cotonificio, a Campione, fonte di lavoro per centinaia di operai. Su e giù…anche per andare in montagna, a tagliar erba per gli animali, a fare la legna per il focolare ma anche per la calchéra e il poiàt. Poi la caccia, la stalla, la locanda...Pieve vive ancora questa dimensione tra lago e cielo, mentre il Baldo, la montagna imponente che si allunga sulla riva veronese, assomiglia ad un guardiano attento e fedele. Al tramonto il grappolo delle case intorno al Castèl e alla chiesa ti accoglie nei suoi vicoli stretti e ti protegge. Un giro e d’uopo…si dice così? Il tempo di un pranzo…io che non l’ho fatto per girovagare in questo piccolo paradiso!
Procedendo a piedi…mi viene in mente i bus di Bergamo con scritto: ”Io vado a metano!” e mi vien da ridere…verso la chiesa di San Giovanni Battista con il bel campanile romanico. Esisteva già nell’VIII-IX secolo una cappella, poi abbattuta per far posto alla pieve, in stile romanico, dedicata a Santa Maria, citata in una bolla del 1186 del papa Urbano III. Di quell’epoca restano il campanile e alcuni muri della canonica. Infatti intorno al 1570 la chiesa romanica fu demolita e fu costruito un nuovo edificio sacro, dedicato a San Giovanni Battista. Oltre agli altari essa custodisce veri e propri capolavori, tra cui la cantoria del presbiterio e gli scranni.
Giungo in piazza A. Cozzaglio da cui si gode, dalla terrazza panoramica, di una bellissima cartolina sul lago, con la classica romantica nebbietta, e sul Monte Baldo. Lo so! lo so! Sono ripetitivo ma, credetemi, vale veramente la pena! Un veloce sguardo all’edificio con fontana, antica sede comunale, e al muro dell’Archivio Storico Comunale, con il leone di S. Marco che regge un libro, spesso erroneamente associato al Vangelo, con la scritta: “Pax tibi, Marce; evangelista meus” ((Pace a te, Marco, mio evangelista), ricordo della dominazione veneta (1426-1797). Il Luca, maximum sapiencia, mi spiega che il libro aperto è simbolo della condizione di pace e di sovranità della Serenissima mentre chiuso è ritenuto simbolo della sovranità delegata.
Se a Pieve si domanda di un personaggio, non c’è che l’Arturo, l’Arturo dela scala tónda. La sua casa, antica e modesta, conserva ancora la struttura, gli interni, le finestre e la scala esterna su cui egli amava sostare. La scala è stranamente tónda, l’unica del genere in paese; a lui piaceva così tanto che cominciò a farsi identificare con quella più che col suo cognome. Per ricordarlo, a Pieve gli hanno dedicato anche la piazza e una lapide.
Arturo Cozzaglio (1862-1950) è senza dubbio il figlio più grande di questa terra così aspra. Progettò  nel 1913 la strada di collegamento con il porto sul lago. Un vero gioiello, incastonato nelle viscere della montagna, lungo una sua spaccatura. È obbligo percorrerla ammirando le pieghe della roccia, ma occhio a come si deve mettere i piedi per la discesa, che come spire di un serpente avvolgono l’antro infernale.
Chi dal lago guarda le case di Pieve allineate sull’orlo dell’altopiano si chiede come possa una strada giungere fin là. Per secoli il sentiero, praticamente una scalinata ripidissima che sbocca sulla terrazza a lago in “sima port”, ha unito il porto al capoluogo, e per secoli gli uomini hanno trasportato a spalla legna, carbone, olio, grano. Poi c’era da solcare l’ampia distesa del lago, verso Desenzano, Torbole e Bardolino, prima affidandosi a barche e barconi, poi ai battelli che nel secondo decennio dell’Ottocento comparvero anche sul Garda.
Seguiamo il tragitto abbandonato della vecchia strada Gardesana, dove la natura si sta riprendendo quello spazio che era suo e che l’uomo ha voluto cambiare, dove l’asfalto è stato sostituito con le numerose vie di arrampicata etichettate per nome e per grado di difficoltà, e arriviamo alla nostra strameritata…merenda! Dannazione! Manca il ginger!! Ma cosa sono venuto a fare oggi? Ciao a tutti, alla prossima stupenda gita con la UOEI e, mi raccomando,...
 …acqua in bocca!!
Ringrazio Elisa, Caterina e Marco per le fotografie in cui...ci sono io!

giovedì 17 novembre 2016

2016
"A fronte di precedenti articoli già pubblicati su "Il Rododendro" relativi alla medesima esperienza, l'autore è riuscito a parlare di un argomento noto in modo nuovo e attraente, intercalando nozioni storiche e tecniche con osservazioni e considerazioni colorite, che rendono partecipi i lettori delle emozionanti sensazioni che afferrano il turista man mano che quel famoso trenino sale verso la stupenda meta programmata. Risulta particolarmente apprezzabile la vivacità della forma e la capacità di sintetizzare i concetti in modo stringato, ma al tempo stesso esauriente".

Renato Frigerio, ex Presidente Nazionale

giovedì 10 novembre 2016

Pochi trucchi per un bucato perfetto
e per azzeccare sempre il programma giusto.

Ti è mai capitato di dover lavare qualcosa e non sapere come? Perderti tra i programmi e fare zapping con la lavatrice? Invochi l’aiuto da casa della mamma o qualche santa protettrice che ti viene in mente al momento? Oppure sei moderno e ti colleghi a Interdet? Ecco. Dopo essermi documentato consultando vari esperti del settore, ossia la vicina di casa, un amica con prole numerosa, la sacrestana, la Pro Loco ho deciso di stilare questa guida per le persone “impedite” come me. 
La lavatrice è come la tua migliore amica: sceglila con cura e trattala bene e ti sarà fedele finché idraulico non vi separi.

La lavatrice è razzista: i bianchi non si mischiano mai con i colorati.

I neri se la fanno coi loro simili (sì con grigi, blu e marroni).

I colorati adorano i climi “rigidi” (massimo 40°).

Le etichette sono come la stele di Rosetta: una volta decifrate ti si aprirà un mondo.
Le coppie di fatto vanno in lavatrice: mutande di lui + mutande dell’altro, calzini + mutande, reggiseni + mutande, calzini tuoi + mutande sue. Le ammucchiate di genere, insomma, funzionano.

I delicati sono un mondo a parte: meglio trattarli “a parte”, appunto. E non farli surriscaldare (non oltre i 30°) che poi se la prendono e si “rap-prendono”

Anche le oche, le piume d’oca per l’esattezza, vanno in lavatrice ma ci stanno poco: lavaggi brevi, no centrifuga e mai l’ammorbidente. Ci mettono un po’ di più ad asciugare ma almeno non ti troverai con le palle di piuma nel piumone. 

Ci sono quelli che se la tirano: di solito ostentano etichette del tipo “lavare separatamente”. Ma dopo il primo lavaggio a mano puoi buttarli nella mischia, fidati. 
I sintetici amano lavaggi brevi, sintetici appunto. 

I grandi (lenzuola, tovaglie, copripiumino) si lavano meglio se sono in pochi ma non disdegnano le alte temperature.

Metti a tacere i capi che potrebbero ferire gli altri (zip, clip, bottoni chiusi!). 

A 90° muore qualsiasi batterio. Ma pure le fibre dei tuoi capi e la resistenza della tua lavatrice. Meglio qualche droga in più per la tua lavatrice (leggi prodotti antibatterici) e temperature low che ritrovarsi con una lavatrice “giovane” ma già esausta.

I capi in lavatrice possono soffrire di claustrofobia, non pressarli troppo: piuttosto fai due mezzi carichi.

Ai vestiti, ai jeans, ai pantaloni piace stare sottosopra, accontentali (cioè girali al rovescio e si rovineranno meno).
Svuota le tasche: quando si dice che le penne feriscono più delle parole ci si riferisce ai danni provocati al cestello della lavatrice da quelle dimenticate nelle tasche.

Seta e cachemire falli lavare a mammà o alla lavanderia: meglio non rischiare con lavaggi approssimativi. Idem i capi decorati. Lo strass che stress. E poi dimmi, se hai bambini piccoli, hai ancora il coraggio di indossare seta, cachemire e robe sbrilluccicanti? No. Appunto, problema risolto.

Prima di alzare la temperatura con “gli sporcaccioni” (leggi tute da lavoro, body dei più piccoli, macchie ostinate) ammorbidiscili: usa prodotti pre-lavaggio adatti al tipo di macchia da eliminare e vedrai che anche a 60° ti daranno soddisfazioni insperate.

Le lavatrici rapiscono i calzini. Per evitare figli, ehm, calzini unici, metti tutti i “piccoli” negli appositi sacchetti traforati (si comprano al supermercato).

Le lavatrici amano le diete personalizzate: non esagerare con detersivi e ammorbidente, igienizzante e anticalcare, le giuste dosi la tengono in forma.
Dimenticavo: vanno pazze per gli integratori. Dagli a ogni lavaggio una pastiglietta di anticalcare e per la lavatrice sarà meglio di un antiage.
Ciao…e buon lavaggio!!

lunedì 7 novembre 2016

UOEI Bergamo - 6 novembre 2016
Una giornata in cui anche mio cugino Clemente avrebbe detto che era meglio…stare a letto! Un gruppettino fortunato (sedici!) di persone si sono ugualmente trovate all’appuntamento, nonostante la pioggia, dando un gran lavoro straordinario all’Ufficio Recupero Credito della sezione. Il sentiero, reso molto bello dai colori dell’autunno e dal paesaggio sfocato dall’umidità, era ben segnato da bolli gialli su fondo nero. Tante le salamandre incontrate e molti i flash per portare ai propri figli l’immagine di un animale che i più piccoli non avevano ancora visto. S. Sereno, stando alle voci giunte da Radio Maria, era stato convocato urgentemente in Vaticano e perciò una giornata, sempre metereologicamente parlando, di m…..! Ma bisogna sempre guardare non solo in superficie ma dentro la “sostanza” in questione (vedi fondo pagina).
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Ha reso possibile i collegamenti con i territori della media e bassa Valle Brembana e con gli importanti centri di Zogno e San Giovanni Bianco. L'imbocco della strada è ubicato in località Ponti di Sedrina, sul lato di monte della strada provinciale che sale a Brembilla, in corrispondenza del bellissimo ponte medioevale del Cappello, inizio della Valle Brembilla, anticamente utilizzato da coloro che, provenienti da Almenno, sede della Corte e del potere centrale, volevano raggiungere la valle attraverso Ubiale e Clanezzo.
Il percorso congiunge le contrade di Cà Meneghina, Cà Marta, Pratonuovo e Maroncella fino a raggiungere Sant'Antonio Abbandonato, Catremerio e, poco oltre il valico di Crosnello, le contrade alte dei comuni di San Pellegrino Terme e San Giovanni Bianco. In origine la mulattiera assunse la denominazione di Strada Meneghina di Brembilla, dato che il primo abitato ad essere raggiunto è quello di Cà Meneghina. Successivamente, anche sulle antiche mappe catastali lombardo-venete, viene indicata come Strada Taverna, probabilmente in virtù di qualche importante luogo di sosta lungo il tragitto per la Valle Brembilla. Una testimonianza che potrebbe avvalorare questa ipotesi si incontra a Castignola di Là, frazione di Sant'Antonio Abbandonato di Brembilla, dove è rimasto intatto un bell'edificio caratterizzato da un'ampia sala lastricata con camino centrale; sul portale di ingresso si può osservare l'incisione che reca la data del 1507, la più antica trovata nel Comune di Brembilla. 

Nel tratto iniziale, camminando ancora sul selciato originario, si sale con ripidi tornanti fino alla santella votiva dedicata alla Madonna e ai Santi protettori Gaetano ed Antonio. 
Superati gli edifici di Cà Meneghina si raggiungono gli enigmatici muraglioni di Cà Marta, imponenti strutture apparentemente senza senso, che rappresentano forse l'elemento più misterioso della strada. Si tratta di una serie di muri costruiti lungo il pendio e delimitati da scalinate che salgono dal fondo fino alla sommità. Anche se attualmente gli spazi tra i rilevati sono utilizzati a prato per il foraggio degli animali, appare improbabile che queste impegnative costruzioni fossero originariamente dei semplici terrazzamenti per le coltivazioni. Secondo l'ipotesi più plausibile ed accreditata i muri costituirebbero le fondamenta di una fortificazione degli inizi del 1400, costruita dai ghibellini brembillesi per difendere l'entrata della valle dall'avanzata dei guelfi veneti. Un'altra teoria indicherebbe un'origine molto più antica, forse correlata con le grotte preistoriche presenti a Carnito. Appena superati i muraglioni, si arriva alla contrada di Pratonuovo, con la chiesetta di San Gaetano, Santo della provvidenza e, forse, protettore della Strada Taverna, vista la sua presenza anche a Catremerio nella parrocchiale e nella santella di Cà Meneghina.
Pratonuovo si è formata durante lo sviluppo abitativo del 1700, attraverso una consistente operazione di disboscamento delle selve circostanti. Fino a non molti anni fa il borgo era molto conosciuto e, grazie all'influenza della potente famiglia dei Fustinoni, era il centro di una florida attività manifatturiera legata all'allevamento del baco da seta e alla tessitura dei filati su caratteristici telai. La mulattiera della Valle Brembilla sale poi alla Maroncella, bellissimo esempio di comunità contadina e di architettura rurale, oggi purtroppo completamente disabitata. Ormai poche case resistono al tempo e all'abbandono; tra i ruderi di epoca settecentesca spiccano ancora l'antica taverna, la fontana, la casera, l'arco d'entrata alla piazzetta, un tempo chiuso da un portone e l'essiccatoio delle castagne. Rimangono un ricordo le grandi distese di terrazzamenti coltivati a grano, frumento, canapa, vite, caffè e miglio, intercalati dai bei castagneti da frutto che qui hanno caratterizzato il paesaggio fino agli anni Sessanta. Uscendo dalla contrada la mulattiera prosegue per un lungo tratto, lungo il quale si incontrano alcune fontane e abbeveratoi per il bestiame.
E' da osservare come a queste strutture della Valle Brembilla si accompagnino sempre manifestazioni votive e testimonianze di fede poste a protezione dell'acqua, risorsa indispensabile e simbolo della vita stessa. Il tracciato che si alza fino a raggiungere la costa del Tiglio è sicuramente il più suggestivo, per la visuale che si apre sulla pianura, ma soprattutto per il suo svolgersi sinuoso nei pascoli, sottolineato dai bei muretti a secco che delimitano la strada e che la rendono riconoscibile anche dall'osservatore più lontano. Sfiorate le case di Tiglio, il sentiero continua salendo a Castignola di Là e Muraca, contrade del borgo di Sant'Antonio Abbandonato di Valle Brembilla. Il nucleo di Castignola è di origini cinquecentesche e si possono osservare le caratteristiche architettoniche originarie di alcuni edifici. Il più importante è proprio l'antica taverna del 1507, che presenta una grande sala di dimensioni ed altezze insolite, con un grosso camino centrale e con un sistema di scale mediante il quale si accede alle stanze superiori. Il pavimento è ancora perfettamente lastricato con grandi pietre rettangolari.
Gli edifici circostanti sono altrettanto antichi e mantengono le connotazioni proprie delle case contadine. Nelle vicinanze della contrada in località Muraca di Brembilla si può osservare un caseggiato rustico, con ballatoi esterni in buono stato di conservazione, su cui campeggia un affresco della Madonna della Cornabusa, datato 1807. 
A poca distanza da qui si trovano i caratteristici sapèi, sentieri scavati nella roccia e utilizzati per spostarsi tra i fondi coltivati, evitando di calpestare il terreno e di danneggiare le coltivazioni. Da Castignola di Là il sentiero prosegue fino a giungere all'altra contrada di Sant' Antonio, Castignola di Qua, anch'essa esempio di architettura contadina e nucleo abitativo montano di origine cinquecentesca. 
Oltre la contrada la strada prosegue pianeggiante per un paio di chilometri attraversando una suggestiva faggeta, fino a giungere all'abitato di Catremerio. Dopo le recenti iniziative di restauro e ristrutturazione, promosse e realizzate dalle associazioni volontarie, Catremerio è diventata un simbolo e una meta del turismo culturale. Qui è possibile osservare alcune caratteristiche del borgo rustico montano, con numerosi elementi ancora ben conservati e con evidenti testimonianze delle antiche attività rurali. Tutte le abitazioni sono disposte in circolo e si affacciano su una piazzetta che è stata recentemente ricostruita con selci di pietra locale, rispettando l'antica collocazione dei cordoli e del canale scolatoio. Gli elementi architettonici tipici delle case contadine del cinquecento e del settecento sono numerosi: gli interni a volta (silter), i giochi di ballatoi in legno che collegano i caseggiati, i comignoli e i bei tetti in coppi, i canali di scolo tracciati nel selciato, le edicole votive e tanti altri particolari. Da osservare anche il caratteristico porticato di passaggio che attraversa una abitazione e permette l'accesso alla mulattiera di collegamento con l'altra contrada e la chiesa. Molte delle case sono abitate ed è ancora evidente la vocazione contadina del borgo, testimoniata dalle numerose piccole stalle.




Oggi, come dicevo, è stata per le fotografie una giornata di m....!
Ma si sa...
 
Si mormora che più alto è il vibram della suola
e maggiore è la fortuna!
Io ho appena fatto risuolare i miei scarponcini!!