venerdì 28 luglio 2017

27 luglio 2017
Introbbio - rifugio Madonna della Neve 
seguendo l'antica Via del Bitto.

Arrivati ad Introbbio (m588) si parcheggia al "Piazzale dei Carabinieri" (se avete "mezzi idonei" - così dice l'ordinanza del Sindaco - potrete invece percorre ancora un tratto di questa strada di dieci chilometri fino al "Secondo Ponte"). Ma se volete vedere la bella cascata della Troggia con il suo salto verticale di m100 ("In Valsassina, infra Vimognie e Introbbio a man destra, entrando per via di Lecco, si trova la Trosa fiume che cade da uno sasso altissimo, e cadendo entra sotto terra, e li finisce il fiume" Leonardo da Vinci), conviene lasciare la macchina alla prima sbarra gialla e, lasciata la strada sterrata, seguire il percorso nel bosco.


 
Il sentiero ci porterà poi a sbucare sulla stessa sterrata che porta a Biandino. Al "Primo Ponte"monumento ai caduti della 55A Brigata Partigiana Rosselli ("...perchè l'Italia fosse libera democratica unita nel progresso sociale..."), si segue un sentiero che è segnalato su di un grosso masso. Percorsi pochi passi troverete l'indicazione per il Rifugio Grassi ma noi percorreremo un suggestivo ponticello che ci condurrà all'imbocco del sentiero nel bosco.


 
Percorrendo questo sentiero sbucheremo di nuovo sulla sterrata che seguiremo fino alla fontana denominata "Acqua San Carlo" (circa m1100) e quindi troveremo le indicazioni per Biandino e per l'Agriturismo "La Baita".



Molte fontane lombarde portano il nome di San Carlo e per ognuna di esse si tramandano eventi miracolosi. Anche per questa sorgente si narra la leggenda che il Santo, passando per la Valle della Troggia, avesse sete: come Mosè, percosse col bastone una roccia e questa si spaccò, facendo uscire acqua fresca dalla fenditura. Imboccato il sentiero lo dovremo percorrere fino in fondo tra suggestivi passaggi tra le rocce, ponticelli e cascatelle.



Passata la stele in ricordo della 55A Brigata Rosselli ("Compagni, voi non siete morti nel nostro spirito. Più viva che mai è la stessa fede e la stessa certezza negli ideali supremi cui offriste il sangue e le lacrime, le sofferenze, il dolore, sereni e consapevoli di compiere il più alto dovere"), finito questo bellissimo sentiero, ci troveremo alla Bocca di Biandino (m1490) dove ci sono i rifugi "Tavecchia" e "Bocca di Biandino".



Da qui già potremo vedere il rifugio e, percorrendo la sterrata, con un ultimo facile sforzo attraverso la valle saremo al "Rifugio Madonna della Neve" in Biandino (m1595). Da sempre, nei mesi estivi la Valle di Biandino è stata molto popolata soprattutto dagli alpeggiatori. A causa della distanza dalla Parrocchia di Introbio e della difficoltà della strada, non potevano recarsi alla Santa Messa domenicale, nè tantomeno ricevere l'assoluzione dai peccati in caso di morte. Fu così che i capi famiglia chiesero alla Curia di poter edificare, a loro spese, un tempio in Val Biandino, dove il prete si sarebbe recato ogni domenica.



La Chiesa venne realizzata nel 1664 e fu tenuta in custodia fino agli anni '50 dagli alpeggiatori stessi, che avevano la cura delle suppellettili sacre e degli arredi. Nel 1836 la Valsassina, come buon parte della Lombardia, era alle presse con una terribile epidemia di colera. Gli Introbiesi fecero voto che, se fossero stati risparmiati dal contagio, si sarebbero recati ogni anno a piedi al Santuario di Biandino, nel giorno della festa della Madonna della Neve. Da allora ogni 5 agosto una devota processione risale a piedi lungo la Via del Bitto, in pellegrinaggio, per ringraziare la Madonna della protezione concessa.



Per il ritorno seguiremo passo per passo la strada sterrata passando per la Baita degli Alpini "Magni" (ANA), per la Cappelleta di Ringraziamento (guerra di Crimea) e per poter fare la cosa, come fotografo, che più mi piace: insectbusters ...l'acchiappa (foto) insetti sui fiori!! 

lunedì 24 luglio 2017

22 luglio 2017
m1960/2290 - Alta Valmalenco - Sondrio



Dal piazzale antistante la chiesa di Chiareggio imbocchiamo il sentiero che scende, con una serie di tornanti, verso il greto del Torrente Mallero: attraversato il corso d'acqua una lunga e larga mulattiera porta ai rifugi Gerli-Porro e Ventina. Il percorso sale dolcemente, guadagnando quota alle falde delle pendici settentrionale del Monte Senevedo e poi, con una larga curva, entra nella Valle Ventina. Con interessanti scorci sulla sottostante confluenza fra questa vallata e le valli Sissone e Muretto, guadagniamo quota fino a che la mulattiera esce dal bosco. In alto, su un dosso boscoso, si individua già il caratteristico tetto rosso del rifugio Gerli-Porro. In questo tratto incontriamo la deviazione che porta all'Alpe Pirola ed all'omonimo lago. Dopo aver lungamente traversato il ripidissimo pendio coperto dal bosco di abeti e larici aggiriamo un costone ritornando in vista della valle di Chiareggio. Poco dopo si esce dal bosco per giungere ai prati dell'Alpe Pirola da dove si apre una splendida vista sulle antistanti cime del gruppo Monte dell'Oro-Cima di Fora.
Superato l'alpeggio il sentiero risale a tornanti i ripidi pendii erbosi con rocce affioranti e canalini detritici che portano alle case costruite per servire la costruzione della diga del lago Pirola. Oltre le costruzioni proseguiamo brevemente per giungere, infine, a superare il muro del bacino, e affacciarci sul lago. Costeggiandone le sponde il sentiero porta nella desolata conca di pietrame che lambisce le sue rive meridionali. Percorriamo la conca, destreggiandosi fra i grossi massi di serpentino e piccoli affioramenti rocciosi, e raggiungiamo la larga dorsale che divide la conca del lago dalla Valle Ventina. A questo punto, chi vuole, segue la dorsale raggiungendo in breve e senza difficoltà la cima del Torrione Porro da cui si apre un panorama interessantissimo su tutte le vette dell'alta Val Malenco. Ritornati al punto in cui abbiamo abbandonato il sentiero principale iniziamo la discesa verso la valle Ventina. Si perde quota seguendo una valletta fino a raggiungere le rocce ammassate ed i residui morenici delle varie fasi glaciali.




Bisogna fare molta attenzione: il sentiero scompare e bisogna seguire solamente le varie indicazioni sui sassi, saltando da uno all'altro. Superato un leggero risalto di pietrame si perviene alla bocchetta che divide le valli Pirola e Ventina. Il panorama è veramente impressionante, immenso, paradisiaco: si apre a ventaglio con le Cime del Duca, il Pizzo Rachele, il Pizzo Sassersa, il Pizzo Cassandra, il Monte Disgrazia, il Pizzo Ventina con il suo ghiacciaio. Si giunge all'inizio di ripidi pendii posti alla base del Torrione Porro. Si scende, seguendo una traccia che si fa sempre più evidente, nel lariceto secolare, con magnifici esemplari, fino ad oltrepassare un dosso sassoso. Per ripida traccia fra mughi e radi larici ci si abbassa con tracciato sempre più marcato, fino a raggiungere i prati dell'Alpe Ventina dove sorgono i rifugi Gerli-Porro e Ventina e dove si incrocia il sentiero che ci riporta a Chiareggio.




Quasi come se occupasse il cratere di un antico vulcano spento, l'oscuro Lago Pirola è incastonato in una delle aree più desolate e riarse dell'alta Val Malenco. Le sue acque sembrano essere l'unica nota di gentilezza in un ambiente dove predomina l'elemento roccioso, costituito da grandi pietraie e piccole falesie di rosso serpentino. Il piccolo lago si trova in una conca dalle sponde parzialmente rocciose, racchiusa fra il Monte Senevedo e il Torrione Porro. Raggiunta la vicina vetta del Torrione, il panorama, che prima si apriva per lo più sulla sottostante Valle di Chiareggio, si estende su tutto il bacino del Monte Disgrazia. La veduta è incomparabile e merita senza dubbio la fatica fatta per arrivare fin lassù. La gita è abbastanza faticosa, ma si svolge sempre su buon sentiero, ben segnalato. La segnaletica, sempre abbondante, aiuta a non perdere la traccia nei punti in cui si deve camminare fra i roccioni che circondano il lago.


Sulla vetta del Torrione Porro un semplice monumento, eretto con le pietre del luogo, ricorda la tragedia che nel 1966 funestò il corso di alpinismo della Sezione Valtellinese del CAI. Durante la fase di avvicinamento alla parete Est del Torrione, usata come palestra, una grande frana si staccò dalla montagna, travolgendo allievi ed istruttori. 



Fu una tragica fatalità, per certi versi inspiegabile dato il tipo di roccia e la bassa quota della montagna, poco soggetta quindi a grandi fenomeni erosivi di tipo glaciale o meteorico. Comunque ancor oggi la parete del Torrione Porro, alta circa 250 metri e percorsa da diverse vie, è usata come palestra di roccia per allenarsi ai più impegnativi cimenti dell'alta quota.





Posto a 2283 m. di altitudine in un luogo appartato e solitario, il Lago Pirola dalle profonde acque blu è un piccolo bacino naturale il cui livello è stato alzato artificialmente mediante la costruzione di una piccola diga che chiude e sovralza parzialmente il lato verso Nord da cui defluisce l'acqua. Contrariamente agli altri laghi di origine glaciale della Val Malenco posti a queste quote, il Pirola ha una forma molto allungata e sembra quasi adagiato in una sorta di profondo fiordo con andamento Est-Ovest, che solo in parte può essere dovuto all'escavazione glaciale, ma che si trova anche su una linea di frattura verticale delle rocce. Il lago ha quindi una probabile origine tettonica. Ci troviamo, infatti, nel punto di contatto fra le serpentine, che verso Sud formano tutta la Valle Ventina, e le formazioni della falda Margna che caratterizzano il paesaggio geologico verso Nord, comprendendo la linea spartiacque principale delle Alpi.




Curioso è anche il netto contrasto fra la sponda settentrionale del lago, erbosa e dolce, e quella meridionale formata da pareti rocciose e ghiaioni. Difficilmente spiegabile è anche il regolare solco rettilineo che taglia orizzontalmente un tratto della sponda meridionale poco sopra il pelo dell'acqua. Secondo alcuni, la formazione è stata prodotta dagli effetti disgreganti del gelo e del disgelo delle acque a contatto con le rocce ben esposte al sole e quindi riscaldate.

Le impenetrabili acque del lago riflettono tutte le vette circostanti creando affascinanti quadretti alpini, ma in quell'abisso si celano altre curiosità. Durante la costruzione della diga, sul fondo del lago furono rinvenuti enormi tronchi di larice, la cui presenza appare inspiegabile a queste altezze. Probabilmente si tratta dei resti di alcune delle grandi conifere che circondavano le sponde del lago oltre 6500 anni or sono, durante il periodo Atlantico, quando il clima era notevolmente più favorevole e le temperature più elevate di quelle odierne.