mercoledì 28 settembre 2016



Il 2 ottobre si celebrano gli"Angeli custodi".

Tu Sarai 

I nonni giocano con i bambini che si entusiasmano al passaggio dei treni
guardano il cielo e in uno scambio sicuro sanno se il tempo cambierà.
I nonni sono dei giardinieri e sanno tutto sui pomodori
passano il tempo coltivando fiori pregano dentro per quel mondo fuori.
I nonni insegnano senza parlare che senza amore questo mondo muore.
I nonni cercano di farci capire qual è la strada per non soffrire.
I nonni viaggiano in bicicletta e si ritrovano per un caffè
fanno la spesa senza tanta fretta nel seggiolino ci sei proprio te.
Tu sarai un uomo migliore se porterai quei nonni nel cuore perché lo sai,
l'amore non muore mai lo sai, lo sai che quegli occhi sinceri sono i bambini di ieri.
I nonni giocano come bambini e si entusiasmano se i figli van bene.
I nonni prendono per mano il futuro I nonni aiutano davvero.
I nonni insegnano senza parlare che senza amore questo mondo muore.
I nonni cercano di farci capire qual è la strada per non soffrire.

Tu sarai un uomo migliore se porterai quei nonni nel cuore perché lo sai,
l'amore non muore mai lo sai, lo sai che quegli occhi sinceri 
sono i bambini di ieri e che i nostri bambini sono i nonni di ieri.

TANTI, TANTI, TANTI!

La canzone ufficiale della Festa dei Nonni è Tu sarai, una melodia scritta e composta nel 2005 dal cantautore Walter Bassani. 

C'è anche un altro tema melodico da cantare ai nonni nel giorno della loro festa riconosciuto come la canzone italiana dei nonni.
Si tratta del tenero brano dal titolo Ninna Nonna, scritto da Igor Nogarotto e Gregorio Michienzi.

martedì 20 settembre 2016

18 SETTEMBRE 2016 (pomeriggio)
 Lago Maggiore (sponda varesina)

Abbarbicato su uno strapiombo di parete rocciosa a picco sul lago, l'Eremo di Santa Caterina del Sasso è senza dubbi uno tra gli scenari più suggestivi del Lago Maggiore.
La tradizione vuole che l'Eremo sia stato fondato da Alberto Besozzi, un ricco mercante locale che, scampato ad un nubifragio durante la traversata del lago, decise di ritirarsi su quel tratto di costa e condurvi vita da eremita. Lì il Beato Alberto fece edificare una cappella dedicata a Santa Caterina d'Egitto, attualmente visibile sul fondo della chiesa. La cappella, che risale al XII° secolo, fu presto affiancata da altre due chiese, quella di San Nicola e Santa Maria Nova, la cui esistenza è certa a partire dal XIV° secolo. 


Dopo un primo periodo storico, durante il quale vi soggiornarono i Domenicani, dal 1314 al 1645 guidarono l'Eremo i frati del convento milanese di Sant'Ambrogio ad Nemus, sostituiti poi dai Carmelitani fino al 1770. Da sottolineare è il miracolo di inizio Settecento, quando cinque enormi massi "ballerini" precipitarono sulla chiesa, ma restarono impigliati nella volta di una cappella, senza causare gravi danni, rimanendo sospesi per quasi due secoli, fino al 1910. 
Questi sassi "traballanti" sembrano dare il nome all'eremo che, per esteso, è Santa Caterina del Sasso Ballaro, anche se è più probabile che l'etimologia del nome sia legata al vicino centro abitato di Ballarate. Dal 1970 l'Eremo è proprietà della Provincia di Varese. Dal 1986 al 1996 è stato retto da una comunità domenicana, oggi invece è passato agli oblati benedettini.


Alla Chiesa si accede attraversando un portico formato da quattro archi a tutto sesto, d'impronta rinascimentale. L'edificio attuale ha una struttura davvero singolare, frutto della fusione di tre cappelle, che erano originariamente distinte e che sono sorte in epoche differenti. Numerosi sono i cicli pittorici presenti all'esterno e internamente alla chiesa, che coprono un periodo che va dal XIV° al XIX° secolo. Arte e storia si integrano splendidamente in un quadro naturale tra i più suggestivi, quasi una balconata che si protende verso il golfo borromeo, Stresa e le isole.


Entrando nell'eremo, si incontrano dapprima il Convento meridionale (XIV°-XVII° secolo) con interessanti affreschi nella sala del camino, poi il Conventino (XIII° secolo) decorato, appena sotto le finestre del primo piano, da una lunga affrescatura secentesca ispirata alla Danza Macabra, ed infine la Chiesa, che ingloba al suo interno la cappella di Santa Caterina.


Nella parete del sottoportico è presente un altro importante ciclo di affreschi del Cinquecento, raffiguranti Santa Lucia, Santa Maddalena e Santa Caterina, così come altrettanti santi, tra cui si riconoscono Pietro da Verona e Nicola da Bari.


All'interno della Chiesa, si sottolinea la presenza di un Cristo benedicente in mandorla, affiancato dai quattro simboli degli Evangelisti (Giovanni, Matteo, Luca e Marco) e che domina dall'alto l'altare della chiesa, mentre le due vele ai lati sono occupate dai Dottori della Chiesa in trono. Il cielo pittorico sembrerebbe alludere alla divulgazione della parola divina, ed è stato probabilmente eseguito da un artista identificabile con il Maestro di S. Abbondio.


Sulle pareti della stessa cappella gli ultimi restauri hanno fatto riemergere i resti di un altro ciclo trecentesco di affreschi, dove spicca lo splendido frammento di una Crocifissione. Nei tre sottarchi sono invece dipinti il Re Davide con la cetra e il cartiglio, sul lato a monte, un angelo che sveglia il profeta Elia, sul lato interno, e Melchisedech sul trono, sul lato verso il lago.


Il presbiterio è, invece, di puro stile barocco (1610-1612) con affreschi di De Advocatis, tra cui spiccano un "Matrimonio mistico" di S. Caterina, e le figure ai lati dell'altare delle beate Giuliana da Busto e Caterina da Pallanza. Un altro rilevante documento figurativo dell'Eremo è rappresentato dalla Deposizione presente nella Sala capitolare. La cromia vivace e l'energia del dipinto (apprezzabile soprattutto nel gruppo degli armigeri, interessanti anche per la puntualità descrittiva delle armature) che porta a forzare le fisionomie, ne fanno un unicum di grande interesse per l'area varesina, da situare probabilmente attorno alla metà del Trecento.
 

Per quanto riguarda la torre campanaria, la sua costruzione risale al Trecento, è alta 15 metri, comprese la cuspide e la croce, ed ha base rettangolare. In origine la torre era stata costruita come campanile della chiesa di San Nicolao che aveva una sua entrata autonoma, oggi murata. Nel XVI° secolo, quando le chiese sono state conglobate nell'attuale edificio sacro, è stata aperta la porta d'ingresso che oggi permette l'accesso alla chiesa dal portico rinascimentale. Il materiale edilizio con cui è stata costruita la torre è di varia natura, per esempio negli spigoli le pietre sono più lavorate e squadrate. La cella campanaria ha un'apertura su ciascun lato: si tratta di quattro feritoie sormontate da un'architrave di cui una (quella a nord) è stata murata, mentre le due visibili sono dotate di una colonnina che dà loro l'aspetto di bifore. Interessante è anche il sacello: è il cuore ed il primo nucleo del Santuario, la cui edificazione risale al 1195.


Fu costruito su un livello più basso rispetto alle altre parti della chiesa, con le stesse dimensioni del sepolcro di Santa Caterina sul Sinai. Sulla parete esterna sopra la finestra è affrescato il trasporto del corpo di Santa Caterina sul monte Sinai da parte degli angeli; sulla facciata sono affrescate le nozze della Santa, fra S. Ambrogio, S. Gregorio Magno e S. Agostino (XVI sec.). All'interno del sacello si conservano, dal 1535, le reliquie del Beato Alberto Besozzi, e sulla volta sono affrescati una raggiera con lo Spirito Santo, sotto forma di colomba e circondato da angeli. Nel sottarco, un affresco del 1892 raffigura il Beato Alberto in preghiera. Nella sala capitolare è esposta una preziosa documentazione fotografica che illustra l'impegnativo intervento di restauro fatto dalla Provincia, la quale inaugura qui, ogni anno, il suo programma di concerti estivi.

lunedì 19 settembre 2016

18 SETTEMBRE 2016 (mattino)
Castiglione Olona

“L’isola di Toscana in Lombardia”: è la celebre definizione data da Gabriele d’Annunzio a Castiglione Olona, borgo che conserva ancora oggi il sapore di un prezioso scrigno quattrocentesco. Di origine tardoromana, fu riplasmato tra 1421 e 1441 secondo il modello delle città ideali del Rinascimento, per volere del cardinale Branda Castiglioni, uno degli uomini più insigni della sua epoca, cultore delle arti e grande diplomatico, uomo di fiducia di diversi papi e dell’Imperatore Sigismondo di Ungheria.


Il più importante monumento voluto da Branda è la Collegiata, che sorge sul colle più alto del borgo, sul sito dell’antico castello di Castiglione, di cui è ancora visibile l’antico portale d’ingresso.
Il complesso museale comprende la Chiesa e il Battistero, affrescati da Masolino da Panicale, artista fiorentino tra i più grandi mediatori della straordinaria epoca di passaggio dal Gotico Internazionale al Rinascimento. Insieme al senese Lorenzo di Pietro detto il Vecchietta e al fiorentino Paolo Schiavo, attivi al suo fianco nell’abside della Collegiata, Masolino ha lasciato a Castiglione il suo capolavoro: il ciclo affrescato del Battistero, con la sua suggestiva mescolanza di paesaggi e architetture, storia religiosa e attualità rinascimentale, amalgamate dalla limpida atmosfera caratteristica di Masolino, rende la cappella, dipinta in ogni centimetro, una delle vette artistiche del primo Rinascimento italiano. La Collegiata di Castiglione Olona fu realizzata in tempi assai brevi, tra il 1422 ed il 1425, dai famosi mastri Comancini Alberto Giovanni e Pietro Solari.


Il prospetto è a capanna innervato da quattro pilastri-contrafforti che scandiscono in tre campi la facciata, coronata da archetti ciechi pensili trilobati in cotto. Nei due campi laterali vi sono delle monofore trilobate, aperte, non in asse ma spostate verso il pilastro contrafforte. Nel campo centrale vi sono il rosone e il portale, opere di notevole pregio dei primi decenni del quattrocento, 1428, come scolpito sul portale. Quest'ultimo è scolpito con arco a pieno centro, recupera i modi della tradizione romanica e del primo gotico. In esso vi troviamo quattro tavole scolpite con i simboli degli evangelisti, Matteo (angelo) Giovanni (aquila) Marco (leone) Luca (toro) e la lunetta contiene la Madonna in trono col bambino in atto di benedire l'offerente inginocchiato (il Cardinal Branda Castiglioni), presentato loro da San Lorenzo, cui succedono verso destra San Clemente Papa, Sant'Ambrogio e Santo Stefano. L'artista che ha eseguito l'opera non è conosciuto, si presuppone realizzata da un maestro lombardo su disegno di Masolino.


All'interno della chiesa spiccano gli affreschi del presbiterio, alte testimonianze d'arte pittorica, ed a sinistra il monumento funebre del Cardinale. Il monumento funebre è eseguito probabilmente dopo la sua morte e s’ispira ai modelli di Ilaria Del Carretto realizzati da Jacopo della Quercia nel Duomo di Lucca.


Le volte, che evocano gli eventi gioiosi della vita di Maria, sono state affrescate da Tommaso di Cristofano di Fino, detto Masolino, e sono: L'annunciazione, Lo Sposalizio, La Natività, L'adorazione Dei Magi, La Dormitio, L'assunzione In Cielo e L'incoronazione.
La successiva decorazione, condotta a scendere dalle lunette alle scene sottostanti "episodi della vita dei santi Stefano e Lorenzo", è di mano di altri due grandi artisti toscani, Paolo Badaloni, detto lo Schiavo, e Lorenzo Di Pietro, detto il Vecchietta. Lo Schiavo affresca le lunette con le storie di San Lorenzo: la distribuzione del tesoro della chiesa ai poveri quando è condotto davanti all'imperatore Decio e quando converte e battezza in carcere. Altri suoi affreschi sono la trinità, le storie di Santo Stefano quando è consacrato diacono, la disputa con gli israeliti, il giudizio e la lapidazione.


Il Vecchietta ha affrescato le pareti con il martirio e la deposizione nel sepolcro di San Lorenzo al quale viene attribuito il busto di giovane che spicca nello zoccolo dipinto del coro. All'interno della chiesa vi sono altre opere di notevole valore di scuola veneta e lombarda come il tabernacolo, il pulpito in pietra di oggiono, il lampadario bronzeo a otto bracci che pende davanti all'altare maggiore fiammingo, le due pale d'altare scolpite in pietra poi colorata di scuola veneta, la tavola a fondo oro appesa sotto l'oculo della trinità, opera del fiorentino Neri di Bicci. 


Sul portale che immette nella sacrestia, al riparo dalle intemperie, si trova una lunetta in pietra dipinta che rappresenta la vergine col bambino tra i Santi Lorenzo e Stefano. Sul lato opposto il portale, da cui si accede al cortile dell'antico chiostro (non più presente) e al piu' importante battistero, si trova, in prossimità di quest'ultimo, una lunetta rovinata dalle intemperie dove e' rappresentata l'immagine di cristo nel sepolcro tra i simboli della passione (opere di maestri lombardi).

Il battistero sorge a settentrione, sul corpo mozzato di una torre dell'antico castello opposta all'altra, servita da base al campanile. E' stato interamente affrescato da Masolino con storie di San Giovanni Battista e rappresenta l'opera migliore e la più significativa lasciataci dall'artista toscano. Alle pareti, sopra lo zoccolo dipinto in finto marmo, vi sono in sequenza le storie di San Giovanni: l'annuncio dell'angelo al padre Zaccaria, la visitazione di Maria Vergine alla madre Elisabetta, la natività e l'imposizione del nome al Battista, la predica del Battista nel deserto, il Battista sulle sponde del giordano addita Gesù alla folla, il battesimo di Gesù, il rimprovero del Battista a Erode la prigionia, la decapitazione ed infine il banchetto di Erode, Salomè ed Erodiade e, sullo sfondo, la sepoltura.


Sulla volta a crociera sono affrescati i quattro Evangelisti, su quella a botte l'Eterno Padre e nell'intradosso dell'arco vi è la data del 1435, epoca di esecuzione dei lavori.


Il vaso battesimale è un'opera scultorea di notevole qualità, sul piede ottagonale poggiano quattro putti nudi messi in modo tale da sostenere senza sforzo la sovrastante vasca ottagonale, dentellata, che si propone come calice sfaccettato con due rilievi distinti dai restanti motivi vegetali uno il battesimo di Gesù e l'altro con lo stemma dei Castiglioni. La si considera opera di uno scultore lombardo con influenze toscane.

martedì 6 settembre 2016

2° Pellegrinaggio Diocesano Notturno - Sotto il Monte / Santuario della Cornabusa

Un pellegrinaggio notturno
per la custodia del creato
sui passi di Giovanni XXIII.

Papa Francesco sin dall’inizio del suo ministero, ed ora particolarmente con la sua ultima Enciclica (Laudato sì), ricorda la necessità e l’urgenza di riappropriarci delle tematiche legate alla nostra casa comune che è la terra, capendo che parlare di attenzione all’ambiente non è diverso ne distante dal parlare dell’uomo, della società nella quale viviamo e anche delle dinamiche più concrete che ognuno di noi quotidianamente sperimenta.
"Tu infatti ami tutte le cose che esistono e non provi disgusto per nessuna delle cose che hai creato; se avessi odiato qualcosa, non l'avresti neppure formata".
Alla luce di questo invito la Diocesi di Bergamo in occasione della 11a giornata per la Custodia del Creato, ha riproposto questo Pellegrinaggio Diocesano Notturno. La presenza di così tante persone interroga sul senso di tutto questo: camminare nella notte non può essere solo un momento di svago alternativo di fine estate! Il pellegrinare nel silenzio della notte e in mezzo al creato riapre spazi all’anima che spesso, nella vita quotidiana sono chiusi e forse anche sbarrati. E’ come se, per il tempo di un cammino, ti accorgi che non sei solo, ma con te c’è un fiume di uomini e donne che senza conoscersi, si sostengono e s’accompagnano. Allora di nuovo in cammino, sulle strade di sempre, con il coraggio di cercare qualcosa di nuovo e inaudito, che solo il respiro della notte è capace di raccontare. E’ il mistero del creato che ci parla sempre di Lui, e che sempre fa capolino in ogni cosa, con i tratti della misericordia. E’ la brezza di vita della creazione, che ancora soffia nelle profondità di ognuno di noi perché immagine sua.
La partenza è stata data alle ore 22 di sabato 3 settembre da Sotto il Monte e si è conclusa con la Messa delle ore 7.00, presieduta dal Vicario Generale monsignor Davide Pelucchi, al Santuario della Cornabusa domenica mattina 4 settembre. 
Un magico, lungo, commovente momento di raccoglimento nel Giardino dei Giusti, di silenzio rotto solo dalla voce di Madre Teresa di Calcutta che ci parlava mentre scorrevano le immagini della sua vita che la resa Santa proprio oggi. Poi la consegna della Croce dei pellegrini e la benedizione hanno dato l’inizio al cammino. E’ stato un cammino lungo, circa 27 chilometri, fatto con verità e passione, come il Maestro ci ha insegnato sui sentieri della sua terra. Ogni comunità parrocchiale ricordi questo momento dedicato alla custodia e bellezza del Creato come un segno importante, nel momento delle Celebrazioni Eucaristiche domenicali nel mese di settembre, con la convinzione che poi da lì possa scaturire qualche confronto e azione concreta che sappia dare vita e verità alle parole pregate.
Un quadro con un grande bastimento che fende con sicurezza le acque mentre entra in un'ampia baia con delle case bianche sullo sfondo e la scritta: “Noi di Valle Imagna residenti a Buenos Aires alla beata Vergine che nel santuario di Cornabusa si onora”: è solo uno delle centinaia di ex voto conservati nel santuario di Cornabusa, un luogo che accoglie i pellegrini già dal 1400 e nel quale la devozione alla Madonna Addolorata si unisce a quella per papa Giovanni XXIII che aveva molto caro questo luogo.
"Carissimi, affido a voi la Croce che vi farà da guida nel vostro pellegrinaggio al Santuario della Cornabusa. Imparate dall'esperienza di questa notte a seguire, anche sulle strade del vostro quotidiano, la Croce di cristo, nella quale è salvezza, vita e resurrezione. Tenete fisso , in questa notte, lo sguardo su Colui che dalla croce non smette di amarci".

Don Alessandro Locatelli è il rettore del santuario della Valle Imagna, detta “di smeraldo” per il verde dei boschi che la contraddistingue e che si può godere in tutta la sua bellezza dalla terrazza della struttura annessa al santuario. E' lui a raccontare ai visitatori la storia di questo luogo di pace nato dalla guerra.
“Il santuario è ospitato in una grotta naturale che ha milioni di anni. E' la parola “cornabusa” a spiegarci di cosa si tratta: “corna” in dialetto lombardo indica la roccia che sporge dalla montagna; “busa” vuol dire buca: roccia buca, cioè grotta. Tra il 1350 e il 1400 la valle fu teatro di scontri violentissimi tra guelfi e ghibellini e la popolazione correva a rifugiarsi qui”.
Sull'esempio del santo papa Giovanni XXIII lasciamo che il silenzio diventi profondo dialogo: "Nelle mie conversazioni notturne ho sempre avuto davanti a me questo Gesù crocifisso, con le braccia aperte per ricevere tutti".

La tradizione vuole che la statuetta della Madonna con il Cristo morto tra le braccia che c'è oggi nel santuario sia stata portata da una signora spinta dal desiderio di evitare che cadesse in mani sbagliate e per invocare protezione da Maria in quei tempi assai pericolosi. Poi la pace tornò, ma la statua rimase dimenticata nella grotta. Finché circa un decennio dopo la trovò di nuovo una pastorella sordomuta che improvvisamente riuscì a sentire l'acqua scorrere nel laghetto che c'è ancora nella grotta e riacquistò la parola tanto da poter raccontare il prodigio una volta tornata a casa. La notizia si diffuse rapidamente e la gente tornò a salire alla grotta e ad affidarsi a Maria. In onore della Vergine fu costruita una prima cappella, poi ampliata e decorata e nel 1510 la grotta divenne ufficialmente un santuario.
“Ancora oggi i pellegrini si bagnano con l'acqua del laghetto raccolta in alcune bacinelle e si puliscono il volto, in particolare orecchie e labbra, per essere guariti da ciò che ci rende muti e sordi e incapaci di testimoniare la nostra fede. Poi ci si ferma in preghiera davanti alla statua di Maria”.
"La Beata Vergine Maria, stella luminosa che annuncia il mattino della redenzione, vi accompagni sempre sulle strade della vostra esistenza".

La Cornabusa è un luogo che appartiene alla devozione dei bergamaschi ma quassù vengono in tanti: ne passano almeno cento mila ogni anno. Le celebrazioni iniziano il giorno di Pasquetta e continuano fino alla fine di ottobre. Nel periodo invernale, se non c'è la neve troppo alta, la grotta è comunque accessibile e i fedeli salgono con qualsiasi tempo. Però è l'estate il tempo “forte” dei pellegrini: salgono insieme tante famiglie con i bambini, cogliendo anche l'occasione di trascorrere un giorno nella natura in un posto davvero bello. In tanti completano qui la ricerca dei luoghi di papa Giovanni dopo aver fatto visita alla sua casa natale di Sotto il Monte.
"Vi consegniamo o fratelli in Cristo, la nostra ricchezza, la nostra unica speranza: la Croce di Cristo, scandalo e stoltezza per chi non crede,
ma per noi sapienza e potenza di Dio". 

“Papa Giovanni era molto affezionato a questo santuario”: nel Giornale dell'anima Roncalli testimonia che la sua famiglia era originaria della Valle Imagna e solo successivamente i suoi antenati si erano trasferiti a Sotto il Monte. Quindi era già venuto qui da bambino ma ci sono almeno tre occasioni ufficiali che attestano la sua presenza e sono raccontate da una lapide posta nella grotta. La prima risale al 1908 quando la statua di Maria è stata incoronata regina della valle Imagna: “l'unica foto rimasta testimonia che erano presenti il cardinale Maffi, che ha deposto la corona, un vescovo bergamasco e il vescovo di Bergamo di allora, Radini Tedeschi il cui segretario era Roncalli”. Quando era già patriarca di Venezia, Roncalli tornò alla Cornabusa nel 1954 per i 50 anni di ordinazione sacerdotale, trascorrendovi cinque giorni di ritiro spirituale. Infine, termina don Alessandro: “Nel 1958 Roncalli è venuto per la riapertura della grotta dopo i lavori di adeguamento che l'hanno resa come la vediamo oggi. "E' salito a piedi: in una foto si può intravedere il sudore che incolla i capelli. Si tratta di un bel pezzo di strada costellato di sette cappelle per i sette dolori di Maria. Poi Roncalli è andato a Roma per i funerali di Pio XII e non è più tornato”.
"Fare le cose con i piedi non è solo un'eccezione negativa".

Però la sua memoria è più presente che mai: la gente passa a visitare le stanze nella quale ha dormito in quei giorni di ritiro del 1956 e che sono state ricostruite nei locali attigui al museo del santuario che raccoglie antiche tavolette ex-voto in stile popolare e altri oggetti liturgici di pregio. Si può essere devoti alla Madonna e al beato Giovanni XXIII senza conflitti. E qui si sente l'”effetto papa Francesco” sulle confessioni: “in un santuario le confessioni frequenti sono un fatto abituale ma ultimamente mi è capitato di sentire più di una volta persone che magari erano più di 15 o 20 anni che non si confessavano e che si sono sentite spinte a farlo dalla carica di umanità intravista nel nuovo papa”.
Un santuario è un luogo dove la gente torna a ringraziare con semplicità per l'aiuto celeste ricevuto, come testimoniano le tante tavolette di ex voto che con un disegno raccontano di guarigioni da malattie o della caduta senza conseguenze da un albero in campagna. “Abbiamo lanciato un appello ai fedeli che hanno lasciato e continuano a lasciare a Cornabusa gli ex voto chiedendo loro di venirci a raccontare le storie per le quali ringraziano. Ci piacerebbe fare un archivio non solo di quadri o foto, ma anche di storie. E non solo: “Ho toccato con mano che questo è il santuario non solo di chi ha ricevuto la grazia ma anche di tutti gli altri. Anche se non è andata “bene” o nel modo in cui è stato richiesto, così come è legittimo chiedere, a Maria nostra mamma, però comunque hanno sentito la sua vicinanza nella vita e nella sofferenza e tornano a ringraziarla”. “Ecco - conclude don Alessandro - sarebbe bello mettere un ex voto per “tutti gli altri”.

domenica 4 settembre 2016

4 settembre 2016
SANTIFICAZIONE DI MADRE TERESA 
(morta a Calcutta il 5/9/1997).
Per la proclamazione a Santa è stata scelta la domenica più vicina al dies natalis,
 il giorno della morte che per i cristiani è di nascita alla vita eterna.
Poesia scritta da Madre Teresa di Calcutta