martedì 26 aprile 2016

U.O.E.I. - Sezione di Bergamo
24 Aprile 2016 - Genova
Questa è una storia semplice e per questo molto concreta. Tutto inizia il 29 agosto 1490. 
Benedetto Pareto, contadino di Livellato in Valpolcevera, porta al pascolo il suo gregge sulla vetta del Monte Figogna, come fa ogni giorno. È in quella sua concreta quotidianità e nel suo ambiente di vita, che la Madonna gli si manifesta. Per Benedetto si tratta di un incontro straordinario e semplice al tempo stesso. Non si domanda tanto come sia possibile che gli appaia la Madonna ma piuttosto come sia possibile che la Madre di Dio appaia a lui, un contadino nascosto nella storia e in un luogo di periferia, e gli chieda di costruire una cappella. Maria lo rassicura e lo incoraggia.
Il trenino di oggi e quello di allora: non trovate una certa assomiglianza?
In lontananza una luce: che sia la porta del Paradiso?
Benedetto trova una prima resistenza nella moglie, che lo mette di fronte alle sue responsabilità: “Tutti sanno che sei un uomo semplice, ora diranno che sei anche pazzo”. Benedetto riflette e desiste. Poi però cade da un albero e si riduce in fin di vita. Maria gli appare nuovamente e lo risana. Di fronte al miracolo della guarigione inspiegabile, mentre i medici ne avevano diagnosticato la morte imminente, tutta la famiglia si unisce al compito di Benedetto: costruire!
E c’è di più: la bellezza di questa storia sta anche nel fatto che i suoi protagonisti la testimoniano davanti ad un notaio, pochi decenni dopo i fatti: la famiglia ha voluto mettere nero su bianco, con uno scritto civile, un fatto soprannaturale, per dire: è accaduto davvero, credeteci!
E ci hanno creduto in tanti, dal 1490 in poi! Migliaia di costruttori con Maria, piccoli e grandi ma tutti pietre angolari della "cappella" che Maria voleva. Perché Benedetto non poteva immaginare che la sua piccola costruzione era solo un punto di partenza, un simbolo.
Dalla sua disponibilità prese avvio un grande movimento di riforma popolare della fede, che contagiò le comunità della valle, scese al mare e a Genova, coinvolse il clero locale, superò i confini liguri, viaggiò in Italia e diede il suo contributo in tutto il mondo, muovendosi accanto ai liguri emigranti e missionari. 
Il Cristo Nero della prima metà del '900 e l'Altare Maggiore in marmo bianco.
Nel frattempo il primo manufatto di Benedetto crebbe e si moltiplicò. Sempre più fedeli salivano a quella che fin dalle origini fu chiamata la “Madonna della Guardia”, con tutti i mezzi di locomozione ma soprattutto a piedi: gli otto chilometri in salita che portano alla vetta divennero così un “pellegrinaggio”, su strada sterrata prima e asfaltata poi, che moltissimi facevano a piedi nudi.
Il presbiterio e l'Altare della Vita: santa  Gianna Beretta Molla.
Per accogliere tutti si costruì un primo santuario, che tuttavia presto non bastò: così nel 1890 si edificò la Basilica attuale, frutto di un grande concorso di popolo, opera di fatica, con squadre di uomini da tutta la vallata e dalla città che prestavano giornate intere per portare in vetta materiali e costruire.
Come ti ho promesso, "fratello" Sandro, ti ho acceso una candela nella sala dei ceri.
Mi auguro di vederti molto presto: ho una gran voglia di starti dietro nella prossima camminata...
anche perchè d'avanti è impossibile!
Il lavoro fu lungo e paziente: la nuova basilica era già a buon punto quando si scoprì che il terreno cedeva. Fu demolita e rifatta. Tutto si fece perché Maria aveva chiesto una casa e perché tutti intuivano che sarebbe stata casa di tutti. Ecco. Questa è la casa in cui anche noi oggi (non tutti...per la verità ben pochi!) siamo entrati. 

Mi sono fatto la morosa...per la Madonna!! Ciao Piera!

Vorrei ringraziare la redazione de "Il Rododendro" per aver scelto, tra decine, ma cosa dico!,
 tra centinaia di articoli, il mio "Trenino che scala la montagna" pubblicato sul n.2/16.
Grazie! Grazie di cuore!
Vi invio il mio codice iban (IT..............................000) per il versamento dei 300 euro pattuiti.
Grazie ancora!! E che Dio vi benedica!!

RadioValleImagna, frequenza 55 battiti al minuto.

Domenica c'erano 24 gradi, stamattina solo 6! Pazzesco!! Esco pazzo!!!

lunedì 25 aprile 2016

17. 1945: LA LIBERAZIONE
IL NOSTRO INNO

1945. Bergamo. Comizio del comandante Fletcher
con i membri del CLN dopo la Liberazione.
Ed arriviamo così al mese di aprile 1945 ed ai giorni dell’insurrezione.
Le forze partigiane potevano ormai contare su centinaia di uomini armati ed addestrati: ottanta inquadrati nella 86A “Garibaldi” e venticinque nella “Matteotti” in Val Taleggio, cinquanta nei “Cacciatori delle Alpi” in alta Valle Brembana, duecento nella “XXIV Maggio” e duecentocinquanta nella “Fratelli Calvi” in Valle Serina e nella zona di Villa d’Almè, più altri pronti ad intervenire in caso di necessità. Dall’inizio di aprile ogni giorno fu un susseguirsi di sabotaggi sulle strade e sulla linea ferroviaria, cattura di prigionieri, fucilazione di spie, scontri armati.
Il 25 aprile 1945 i primi ad entrare in azione furono i partigiani della “XXIV Maggio”, stanziata a Serina, comandati dal commissario di Divisione Mario Invernici e dal capitano inglese Manfredi che nella nottata occuparono la caserma delle G.N.R. di Zogno, la caserma della Brigata Nera e gli uffici della Forestale di San Pellegrino, imponendo la resa incondizionata a tutti i fascisti.
Il 26 aprile venne occupato San Pellegrino: i duecento fascisti presenti in paese si arresero rapidamente. Dall’alta valle in­tanto scese la formazione “Cacciatori delle Alpi” che liberò Piazza Brembana, mentre l’86A “Garibaldi” occupò San Giovanni Bianco attaccando il presidio fascista che si arrese nel giro di poche ore e danno luogo al alcune esecuzioni di elementi da tempo segnalati per la loro attività anti-partigiana. I partigiani della “XXVI Maggio” decisero di fucilare a Cornalba un gruppo dei militi della Forestale di San Pellegrino autori dell’eccidio della fine del 1944. Causa un guasto, il
camion che li trasportava si fermò proprio sulla salita del laghetto di Algua e qui otto forestali furono fucilati. Arrivati a San Pellegrino tutti i partigiani si diressero verso Bergamo, fermandosi a Pontesecco, in attesa che si concludessero le trattative di resa, e dove era già arrivata la brigata “Vittorio Veneto”. Respinti dai cecchini presenti sulle mura di Città alta e arrestati dal posto di blocco nei pressi di Borgo San­ta Caterina, il grosso dei partigiani attesero il giorno seguente. Bartoli e la “Cacciatori delle Alpi” si avviarono verso San Virgilio, occupando il colle senza trovare particolare resistenza.
Nella prima mattinata del 27 aprile le for­mazioni della Valle Brembana si diressero verso il centro, ad eccezione di venti uomini della “XXIV Maggio” che si diressero verso Città Alta, che fu liberata in poco tempo. Intanto in città, ma soprattutto in periferia, la tensione divenne altissima. Nei pressi di Seriate una colonna fascista incontrò i partigiani della 53A “Garibaldi” e alcuni della “XXIV Maggio”; caddero ventidue partigiani e dodici civili. Un’altra colonna da Colognola si diresse verso Martinengo, mentre una terza proveniente da Brescia aprì delle trattative con i partigiani, evitando di entrare in città. In centro si scatenò la caccia al fascista e ai cecchini repubblichini che sparavano dai tetti in direzione dei partigiani e dei civili. Dopo lunghe ore di trattative con i tedeschi, in prefettura, brulicante di parti­giani, venne consegnata la dichiarazione di resa agli inglesi; essendoci solo due inglesi a Bergamo i partigiani la stracciarono. Nella nottata si scatenarono scontri tra partigiani e fascisti in rotta per tutta la pia­nura. Gli scontri più sanguinosi avvennero a Seriate, Capriate, Cisano Bergamasco, Caravaggio, Ciserano e Fara.
All’alba del 28 aprile, stremati da una notte di combattimenti, una staffetta tedesca con­segnò in prefettura la dichiarazione di resa agli inglesi e agli italiani:

Bergamo è libera, Bergamo è anti­fascista!


Le prime forze partigiane che entrarono in Bergamo il 26 aprile 1945 furono i partigiani della “XXIV Maggio” mentre gli alleati entrarono a Bergamo il 29 aprile.
Il 4 maggio ebbe luogo a Bergamo la sfilata ufficiale di tutte le formazioni partigiane. Ma ben presto tutti i gruppi furono smobilitati, in modi anche alquanto bruschi.
A San Pellegrino i partigiani della “XXIV Maggio” furono disarmati il 27 maggio sulla pubblica via da una ventina di carabinieri al comando di un capitano inglese.

Il giorno della Liberazione a Piazza Brembana.




Concludo questa mia ricerca in diciassette "pagine" con dei pensieri a me cari.
“Non è possibile parlare di Resistenza senza parlare di sentieri, di colline, valli e montagne. Per capire che cosa è capitato dall’8 settembre 1943 al 25 aprile 1945 è necessario cercare di ascoltare alberi, fiumi, colline, montagne, prendere uno zaino e infilarsi un paio di scarponi.
Per ricordare bisogna camminare, e il cammino diventa ricordo e scoperta: dentro la bellezza della natura, si scoprono e si ritrovano la storia degli uomini e delle idee. Si ritrovano la storia e le idee di quegli uomini e donne che dopo l’8 settembre 1943 scelsero di andare a combattere in montagna per un muto bisogno di decenza”.
Primo Levi  - Se non ora, quando?.
Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani…”.
Piero Calamandrei - avvocato, padre costituente, giornalista, politico e docente universitario.
“Dio mio, quanto vi siete divertiti!”.
Italo Calvino -  letterato e partigiano.
 

Grazie a tutte quelle persone che mi hanno seguito in questo racconto. Facciamo in modo che il 25 Aprile non resti solamente una giornata da picnic, da passare "fuori porta"...per non dimenticare!.

giovedì 21 aprile 2016

16. LA BATTAGLIA DI FONTENO
E MONTE TORREZZO
KalinKa - Canzone popolare russa
Per...non dimenticare...i partigiani russi che hanno combattuto. 


I colli di San Fermo erano presidiati dalla 53A brigata Garibaldi “Tredici Martiri di Lovere”, guidata dal comandante Giovanni Brasi “Montagna” e composta da circa settantacinque uomini bene armati grazie ad un aviolancio alleato.
La battaglia di Fonteno del 31 agosto 1944 fu un’azione di risposta al rastrellamento nazifascista operato per liberare due ufficiali tedeschi e il loro interprete che erano stati catturati tre giorni prima a Solto Collina e rinchiusi in una baita presso la località Casini.
Prima dell’alba, una pattuglia tedesca guidata da Fritz Langer, comandante delle SS di stanza a Bergamo, circondò il paese di Fonteno e raggruppò in piazza numerosi civili inermi, insieme al parroco, minacciandone la fucilazione qualora i tre prigionieri non fossero stati rilasciati entro le ore 15. Nel frattempo una compagnia fascista, la O.P. Macerata, partita da Foresto Sparso, salì ai Colli per compiere da sud un rastrellamento dei partigiani.
Benchè accerchiati, i partigiani effettuarono un’azione fulminea e certamente inattesa: passando per i percorsi più impervi scese­ro a Fonteno. Circa metà della brigata scese rapidamente verso il paese, riuscì a rendere inoffensive le sentinelle tedesche intorno all’abitato e a sua volta occupò il paese, riuscendo a capovolgere la situazione. I tedeschi furono fatti prigionieri e gli abitanti liberati.
L’altra metà della brigata, appostata sulla cresta che collega il monte Torrezzo al monte Sicolo, riuscì a contrastare l’attacco e a respingere le truppe fasciste. Data la situazione, Langer concordò con i partigiani il ritiro dei tedeschi da Fonteno e delle truppe fasciste dai Colli di San Fermo, a patto che il paese non subisse in seguito alcuna ritorsione. Nonostante la promessa dell’ufficiale tedesco, il 7 settembre fu compiuta una prima rappresaglia, seguita da una seconda il 31 dicembre 1944.




La lapide posta alla chiesetta della B.V. del Santello, poco fuori l'abitato di Fonteno,
sulla mulattiera che porta al Monte Torrezzo.
La Battaglia di Fonteno si svolse nell'agosto del 1944 fra la brigata partigiana Garibaldi e le truppe S.S. e fasciste, comandate dal maggiore Langer, dopo che il maresciallo della caserma di Sovere decise di catturare alcuni abitanti del paese di Fonteno e farli deportare in Germania.
Il 6 agosto il maresciallo della caserma di Sovere venne catturato dalle truppe partigiane della 53A brigata partigiana "Garibaldi" venne processato ed incolpato della deportazione di circa ottanta abitanti di Fonteno e del- l'uccisione di sei civili, e fu fucilato.
Per la cattura del maresciallo, i partigiani chiesero la collaborazione dell'amante e, col suo aiuto, fecero in modo di organizzare un appuntamento serale fra i due, lungo la strada che dal comune di Pianico conduce a Sovere.
Quando il maresciallo giunse al punto d'incontro, ad aspettarlo vi erano alcuni componenti della 53A brigata partigiana “Garibaldi”.
Lo catturarono e lo condussero in una zona montuosa nel comune di Fonteno. Fu processato per due giorni: al termine fu condotto presso il cimitero di Fonteno, dove venne fucilato.
Le truppe fasciste dislocate nella zona, avvisate dell'accaduto, decisero di dare la caccia ai partigiani, e per risposta, escogitarono di mandare nel paese, ragazze che ufficialmente fotografavano luoghi e abitanti vendendo lieviti per il pane porta a porta, ma, in realtà, con l'intento di curiosare e capire dove si nascondessero i partigiani.
La lapide commemorativa posta nella piazza di Fonteno.
Tutti i martedì, si recavano  a Solto Collina nel ristorante vicino alla farmacia, alcuni militari tedeschi ai quali le ragazze riferivano quello che avevano visto e raccolto.
I partigiani avvertiti di quanto accadeva, aspettarono i tedeschi al ristorante e ne catturarono tre, due soldati ed un interprete, portandoli sui monti della zona. 
Il giovedì successivo il paese fu invaso da truppe tedesche, alla ricerca dei loro prigionieri.
Alle cinque del mattino, il paese era circondato: i tedeschi passarono al setaccio casa per casa facendo confluire tutti gli abitanti in piazza.
Presi il parroco don Mocchi, il curato Vittorio Musinelli, don Giacomo Pedretti, la maestra Faustina Bertoletti, il falegname Angelo Pedretti, a loro dettarono l'ultimatum: riconsegnare entro mezzogiorno i prigionieri catturati dai partigiani altrimenti avrebbero ucciso tutte le persone radunate in piazza e dato fuoco a tutte le abitazioni del paese.
Don Giacomo Pedretti, fratello maggiore di Daniele Pedretti, sedicenne staffetta partigiana, conoscendo la montagna dove erano custoditi i prigionieri tedeschi, la raggiunse informando i partigiani di quanto stava succedendo e chiedendo la liberazione dei prigionieri. Ma la risposta partigiana fu univoca. " Niente da fare!". Gli uomini della 53A brigata "Garibaldi", decisero di liberare gli abitanti di Fonteno; un gruppo scese verso, il paese mentre gli altri rimasero a guardia dei prigionieri.
Il monumento posto sul Monte Torrezzo, presso la località Colletto, in memoria dei partigiani caduti
nel corso dei rastrellamenti nazifascisti operati nella zona.
I trentacinque componenti le truppe SS, comandate dal maggiore Langer, risalendo verso i Colli di San Fermo, dove avevano individuato il nascondiglio partigiano, iniziarono a bruciare le cascine.
Intanto da Monasterolo del Castello una colonna di automezzi fascisti, proveniente da Clusone, iniziò la risalita del monte sul versante opposto con l'intento di circondare le truppe partigiane.
A mezzogiorno ebbe inizio la battaglia. Le truppe tedesche continuarono la salita verso i Colli di San Fermo, il comandante delle SS, maggiore Langer, sicuro del successo, intimò la resa alle truppe partigiane, pena la morte di tutti i civili in ostaggio a Fonteno.
Ma i partigiani, conoscitori delle zone, con un'abile manovra, passando da sentieri impervi, scesero a Fonteno, immobilizzarono i pochi tedeschi rimasti in paese e liberarono tutti gli abitanti, distruggendo gli automezzi tedeschi con bombe a mano.
Poi risalendo alle spalle dei tedeschi, dirigendosi verso il Colletto, riuscirono a raggiungere le truppe tedesche e catturare il maggiore Langer, obbligandolo, in cambio della sua libertà e di quella dei suoi soldati catturati, di ordinare la ritirata ai fascisti e alle SS, e di lasciare il paese di Fonteno, senza armi e senza mezzi con l'impegno di non operare ritorsioni e rappresaglie.
Impegno che non fu mantenuto. Nonostante la promessa dell’ufficiale, il 7 settembre fu compiuta una prima rappresaglia: catturarono due cacciatori di cinquant'anni, un ragazzo di trenta che era con le sue bestie  ed uno di venti che concimava il prato, li portarono dietro il cimitero e li fucilarono. Seguì una seconda rappresaglia il 31 dicembre: i tedeschi tornarono a Fonteno e compirono un nuovo rastrellamento fra le abitazioni, ma i partigiani anche questa volta erano riusciti a scappare. Presero tre persone, Angelo Cadei, il padrone del "Belvedere", Angelo Pedretti, falegname e Francesco Donda, contadino, e li portarono a Sant'Agata con l'intenzione di deportarli in Germania.

domenica 17 aprile 2016

Una bella giornata soleggiata ma con un vento forte e freddo.
Semplice ma bella, breve ma commovente la cerimonia delle nostre Associazioni d'Arma della valle a perenne ricordo dei caduti della Grande Guerra del 1915-18.
Un cuscino fiorito tricolore è stato deposto all'interno del sacello della Madonnina del Grappa, sotto la sua statua.

"Lassù ti faranno corona a mille a mille le tombe degli Eroi che caddero e, ricordando la madre, Ti invocarono,[...] Ascendi Regina della Pace e di là ove Ti adergerai silente fra i monti nostri, stendi l'ombra della Tua protezione sulla Veneta terra e sopra l'Italia tutta! E sia la pace un nuovo trionfo tuo - Madonna del Grappa - e segni nuova grandezza della Patria Nostra".



Il Sacrario Militare del Grappa Grappa si sviluppa sul costone di Cima Grappa a 1776 m. di quota.
Il complesso monumentale ospita i resti di 12615 caduti italiani, oltre diecimila dei quali ignoti, e 10295 caduti austro-ungarici, conservati in due distinte strutture, collegate tra loro.
Sull'ultimo ripiano, la tomba del generale Gaetano Giardino, comandante dell'Armata del Grappa.
Più in alto il sacello della Madonnina del Grappa, consacrato nel 1901 da Giuseppe Sarto, poi Pio X. Sul terrazzo-osservatorio un plastico di spiegazione delle operazioni militari e uno ...sterminato panorama!
La via Eroica porta al Museo e alla galleria Vittorio Emanuele III, parzialmente visitabile: lunga 1500 m. corre scavata sotto il crinale della vetta per oltre 5000 m (con le diramazioni).


Da visitare assolutamente a Bassano del Grappa:
la Piazza Garibaldi, dominata dalla Torre Civica e la chiesa romano-gotica di S. Francesco, eretta alla fine del 1200;
la Piazza della Libertà, con la loggia del Comune, dalla caratteristica loggia terrena quattrocentesca, il palazzo del Municipio (sec. XVIII) e la chiesa di S. Giovanni Battista fondata nel 1308;
il Duomo, nel recinto del castello Superiore sovrastato da un'alta torre del sec. XIII detta ser Ivano;
il Tempio Ossario, ex duomo e ora luogo adatto alla tumefazione di circa 5500 salme di caduti, disseminati nei vari cimiteri del circondario, custoditi in loculi nelle pareti che fiancheggiano le navate e nella cripta (durante la Grande Guerra caddero sulla città di Bassano 527 bombe di aereo e 2641 granate);
il Ponte Vecchio, in legno sul fiume Brenta, più volte ricostruito nei secoli, l'ultima nel 1948. Bellissima la vista dalle sue arcate;
i vari musei: civico, della ceramica, degli alpini, ma soprattutto, credetemi...della grappa!! 

martedì 12 aprile 2016

UOEI - Sezione di Bergamo
10 aprile 1016

La 38° edizione della “Su e Zo per i Ponti di Venezia”, lungo un percorso di 11 km con ben 36 ponti, è un evento che coinvolge migliaia e migliaia di persone in una passeggiata di solidarietà per le calli di Venezia: una folla festante di giovani e meno giovani, famiglie, scolaresche, gruppi, associazioni sportive, tutti uniti in una giornata all’insegna dell’aggregazione, dell’amicizia e della solidarietà.
Il ponte di Rialto, il più antico e famoso di Venezia, è diventato uno dei simboli architettonici della città.
Il percorso si snoda tra gli angoli meno conosciuti della città lagunare, senza però tralasciare i luoghi che la rendono famosa nel mondo: una giornata, nel rispetto della città che ci ospita, alla scoperta della sua arte e della sua storia, della sua vera anima, della sua essenza.

Il Canal Grande (per i veneziani anche Canalazzo) è il principale canale di Venezia che divide in due parti il centro storico.
 Lungo circa 3800 metri (larghezza dai 30 ai 70 m, profondità media 5 m).
Da sempre gli eventuali ricavati vanno a sostegno di realtà impegnate nel sociale e nell’educazione, con particolare riguardo alle missioni salesiane in tutto il mondo.


È affiancato per tutta la lunghezza da magnifici edifici, in gran parte dei secoli tra il XII e il XVIII,
che manifestano il benessere e l'arte creati dalla Repubblica di Venezia.
Quest’anno la comunità salesiana di Damasco in Siria sarà al centro dell’attività sociale della manifestazione.
Il Canal Grande fu la sede più ambita dei palazzi di rappresentanza delle famiglie patrizie, il luogo dove esaltare la propria ricchezza.
E’ una vera giornata di festa: i numerosi gruppi folk, che tradizionalmente si esibiscono in Piazza San Marco e nei campi e campielli lungo il tracciato del percorso, rendono la città un tripudio di suoni e colori che rimane impresso nella memoria dei partecipanti.
L'Arsenale di Venezia è un antico complesso di cantieri navali e officine che costituisce una parte molto estesa della città.
 Fu il cuore dell'industria navale veneziana ed è legato al periodo più florido della vita della Serenissima.
La prima “Su e Zo per i Ponti” si svolse nel 1975 registrando una così vasta partecipazione da convincere gli organizzatori a riproporre l’iniziativa.
Ma ad aspettarci al centro del Campo Ss. Giovanni e Paolo, uno dei più ampi della città, c'era un bergamasco "doc":
il monumento equestre dedicato a Bartolomeo Colleoni opera del Verrocchio.
Negli anni si è aggiunta la partecipazione di vari gruppi folcloristici e bande musicali che vivacizzano con spettacoli di vario tipo le tappe del percorso.
I ponti di Venezia sono più di 400 tra pubblici e privati la maggior parte dei quali costruiti in pietra; altri materiali utilizzati sono il legno e il ferro.
Collegano tra loro le 116 isole che formano la città, attraversando 176 canali (detti 
rii).
Ogni anno partecipano mediamente più di 10.000 persone (io avevo il cartellino n. 12696), oltre ai 500 volontari che prestano servizio ai ristori e lungo i percorsi.
I ponti veneziani fino al 1500 erano sprovvisti di gradini: questo per permettere il passaggio dei cavalli,
uno dei pochi mezzi di trasporto che abbiano mai attraversato le stretti calli della città di Venezia. 
Lo slogan "A BRACCIA APERTE" è un semplice e diretto segno di accoglienza verso tutti i partecipanti alla manifestazione, perché possano sentirsi partecipi in prima persona in questo evento.
Il Ponte dell'Accademia: edifici, sconsacrati e in disuso,  che sono diventati poi sede dell'Accademia di belle arti e attualmente ospitano le Gallerie dell'Accademia.
All’apertura del Giubileo della Misericordia papa Francesco ha affermato: “Il Padre vi aspetta a braccia aperte per darvi il suo perdono e accogliervi nella sua casa”.
sestieri suddividono la città di Venezia in sei parti. Per concetto corrispondono ai quartieri.
La numerazione civica è unica per ciascun sestiere e raggiunge numeri a quattro cifre, fino a toccare i quasi 7000. 
Anche noi sul suo esempio ci presentiamo aperti e accoglienti al prossimo, cercando anche attraverso questa passeggiata di solidarietà di sostenere chi è meno fortunato di noi.

Il ponte dei Sospiri collega, con un doppio passaggio, il Palazzo Ducale alle Prigioni Nuove.
Serviva da passaggio per i reclusi dalle suddette prigioni agli uffici degli Inquisitori di Stato per essere giudicati.

Un dotto gondoliere mi diceva...
Veneziani gran signori,
Padovani gran dotori,
Visentini magna gati,
Veronesi tuti mati,
Udinesi castelani col cognome de Furlani,
Trevisani pan e tripe,
Rovigoti baco e pipe,
i Cremaschi fa cojoni,
i Bressan tajacantoni,
ghe n'è anca de pì tristi: Bergamaschi brusa cristi.
La basilica di San Marco è la chiesa principale della città, cattedrale metropolitana e sede del patriarca.
Bellissima basilica con enormi mosaici d oro, tempio della cristianità e simbolo di quanto è stata grande Venezia.

L'isolotto di San Giorgio visto dalla area monumentale di Piazza San Marco tra l'omonima piazzetta e il molo di Palazzo Ducale,antica sede del Doge.
Ho così rinnegato per ben tre volte (ma mi sembra di non essere stato il primo!) che non ero bergamasco ma...milanese!! 
Ho potuto vedere  e respirare, purtroppo non toccando con mano, il grande potere romantico di Venezia!

Sic!...Peccato essere stato solo!...Sic! Sicc!!
Appena il Gazzettino Veneto ha diffuso la notizia che avevamo vinto una coppa,
tutti si sono presentati per.... Ma la coppa...
Una bella domenica abbronzante, dove ho camminato sulle acque (ma c'è già stata persona prima di me!), con ben 180 fotografie! Record personale!!
Insomma... una bella domenica sotto tutti...i ponti di vista!!