lunedì 29 agosto 2016

U.O.E.I. Sezione di Bergamo
28 agosto 2016
Quando ho saputo che, per questa domenica, il percorso era dolce ho subito pensato al….Monte Bianco!!
La passeggiata che porta al rifugio Elisabetta è una delle più facili che si possa percorre in Valle d'Aosta. In due ore e mezza di facile cammino si arriva in un luogo dove sono concentrate curiosità storiche e naturalistiche con una densità inusuale: si costeggia la morena del Miage, una delle più impressionanti della Valle d'Aosta; con una piccola deviazione si raggiunge il lago glaciale del Miage che è un'autentica rarità glaciologica; si attraversa il lago Combal e sue fortificazioni del XVII secolo; si arriva infine ai fabbricati militari utilizzati durante la seconda guerra mondiale e al rifugio. Poco più in alto si trova il bivacco Hess, sospeso tra i due ghiacciai della Lex Blanche e Des Échelettes, le fortezze scavate nelle Pyramides Calcaires, la palestra di roccia omonima ed il Colle della Seigne.
Un itinerario da non perdere, adatto a tutti, e particolarmente agli appassionati di storia che potranno visitare le fortificazioni che si trovano al rifugio Elisabetta.
Lasciato il pullman a Curmayeur (m.1225) andiamo alla località La Visaille (m.1660) con il bus navetta. E’ il momento più difficile e duro della giornata. Siamo in cinquantuno pigiati sul mezzo più gli altri passeggeri: per fortuna trovo un…posto in piedi! Ma mi viene un dubbio: se prendevamo l’intero non stavamo più comodi?. Dopo aver oltrepassato la sbarra che delimita il passaggio delle macchine saliamo lungo la strada asfaltata...altro momento duro!...che porta fino ai bordi del lago Combal. Sulla destra si alza ripida la parte esterna della morena del Miage: oltre questa parete alta un centinaio metri, formata da enormi massi e sabbie sottilissime, scende il fiume di ghiaccio che parte dai più di 4800 metri del Monte Bianco e arriva fino ai 1800 metri dove, poco più in su delle case di La Visaille, si scioglie alimentando il torrente del Miage. Dall'altra parte della Dora di Veny si alza una impressionante parete di roccia sedimentaria bianca che erosa al piede dalle acque sembra reggersi per miracolo. Lentamente spuntano in fondo alla valle le Pyramides Calcaires: sono delle formazioni calcaree che, viste dal lago Combal, appaiono piramidali, dentro le quali sono stati scavate delle fortificazioni nella prima metà del 1900. Ai loro piedi si vede il rifugio dedicato a Elisabetta Soldini, e sotto di esso i fabbricati che ospitavano la guarnigione. Il torrente si allarga in una pozza nella quale l'acqua ha dei riflessi turchese.



Tale colore è dovuto alla particolare mescolanza tra le acque di fusione dei ghiacciai, che sono lattiginose a causa del limo in sospensione, e quelle purissime e trasparenti che escono dalle sorgenti che alimentano il lago. Questo colore, unico in valle, varia durante il giorno e le stagioni. Il momento migliore per apprezzare le sue sfumature e a metà mattina con il sole alle spalle. Alla fine della leggera salita si raggiunge il ponte sulla Dora di Veny, il torrente emissario del Lago Combal. In fondo alla vallata si vede il colle della Seigne, sulla destra le Pyramides Calcaires e i ghiacciai des Échelettes e della Lex Blanche che scintillano sotto il sole.


 
 

Con una breve deviazione  andiamo al rifugio Combal:  dietro alla grande morena del Miage si nasconde il lago omonimo, una vera rarità geologica stretto com'è tra il bordo della morena e il fiume di ghiaccio che scende dal Monte Bianco. Ritornando sui nostri passi si attraversa il ponte sul lago Combal e si prosegue sulla strada militare che porta fino alla caserma della Seigne. Il primo tratto è stretto tra le acque del lago e il pendio che sale verso lo spartiacque tra la Val Veny e la valle del Piccolo San Bernardo poi un'ampia curva porta il tracciato verso il centro del pianoro dove si cammina circondati dalle acque trasparenti che scendono dolcemente verso valle.


All'inizio del rettilineo che porta ai piedi delle Pyramides Calcaires il rifugio Elisabetta sembra a portata di mano ma i minuti passano e lui è sempre lì, in fondo alla strada sterrata che sembra non finire mai. E’ come se ci fosse qualcuno che…tirasse il percorso e lo allungasse!. 
Si inizia la salita finale: è possibile affrontarla velocemente utilizzando le numerose scorciatoie che tagliano i tornanti e finiscono sotto i fabbricati militari oppure seguire con più calma la strada che con pendenza regolare arranca sui ripidi pascoli ai piedi del rifugio.


Il ghiacciaio della Lex Blanche si fa sempre più vicino, i riflessi azzurrini del ghiaccio riempiono gli occhi e intanto passando davanti alla vecchia caserma e alla stalla dei muli il pensiero va ai tristi giorni in cui i soldati italiani presidiavano queste montagne. Si combatteva allora una guerra che vista ora, con i nostri occhi di cittadini europei, appare ancora più insensata di quanto non apparisse a metà del 1900. Poi, fatti pochi passi, si raggiunge il rifugio e il grandioso spettacolo delle cime del Monte Bianco spazza i brutti ricordi che la storia ha lasciato in questi luoghi. Il rifugio fu fatto costruire nel 1953 da Mario Giuseppe Soldini alla cara memoria della moglie Elisabetta, che queste montagne prediligeva, e per ricordare la sorella Teresa: “Viandante o alpinista, nel tuo cammino ti proteggano dal cielo quelle anime buone. Per esse un pensiero una preghiera”. Dalla terrazza si domina tutto il pianoro del Combal chiuso in fondo dalla morena del Miage. Sulla sinistra fanno capolino in lontananza le Grandes Jorasses strette tra l'inconfondibile punta aguzza dell'Aguille Noire du Peuterey e quella ben più tozza del Mont Rouge de Peuterey. Sulla verticale della strozzatura che nasconde la Dora di Veny, il torrente emissario del Lago Combal, si vede in lontananza il Mont Chétif, proseguendo lungo lo spartiacque, sopra il lago Combal il Mont Fortin e all'altezza del rifugio il Mont Percé separato dal Mont Léchaud dal colle des Chavannes.


E qui inizia la stagione della caccia. Ma ha che cosa? All’accaparrarsi il posto a sedere per il pranzo a cui tutti partecipano. Continuo così come Bobby Solo...con una lacrima sul viso…ho capito tante cosee…. Solo, tranne tre ardimentosi (chiamiamoli così!!) che fanno il giro più lungo e completo attorno alle Piramidi Calcaree. Per circa 50 minuti proseguo lungo il sentiero tracciato dai militari che risale il vallone in direzione del colle. La pendenza è modesta, si sale con le rocce calcaree sulla sinistra e la parte esterna della morena del ghiacciaio delle Échelettes sulla destra. Proseguendo lungo il sentiero ci si lascia alle spalle il terreno morenico ricco di sabbie e limi per entrare nella fascia pietrosa sottostante il colle. Il sole scalda questa conca e il paesaggio appare tremolante dietro le colonne d’aria calda che si alzano dal pietrame.


Dopo un modesto nevaio che resiste fino luglio inoltrato…volevo giungere al colle delle Pyramides Calcaires dal quale si vede all’orizzonte il più famoso colle della Seigne che separa l’Italia dalla Francia (sarò volgare ma una “pisciatina“ sui cugini francesi l’avrei fatta volentieri) e che per secoli è stato attraversato da genti in armi ma, il tempo è tiranno oggi, mi tocca scendere all’appuntamento prefissato per il rientro. Quindici minuti... ancora quindici minuti e potevo... Mannaggia!! Ho un orario inderogabile per il bus navetta e non posso mancarlo!

Cosa volevo vedere! Presto detto: i resti di un malloppo fatto saltare dopo la fine della seconda guerra mondiale, come previsto dal trattato di pace italo-francese che imponeva la distruzione di ogni fortificazione esistente entro la fascia di 20 Km dai nuovi confini; un buco scavato nella parete delle Pyramides cioè l’entrata della fortezza dalla quale di domina il colle; delle reti metalliche su cui dormivano i soldati, degli armadi in ferro e i resti del sistema di aerazione; le porte blindate deformate dall'esplosione che ha fatto saltare la postazione, una torretta demolita dallo scoppio,…
All’esterno, seguendo gli ometti di un tratto di pietraia, tracce di filo spinato e i resti di un'altra postazione. Incontro i tre ardimentosi (richiamiamoli cosi!) ma non mi parlano di queste cose: solo del tempo che ci hanno messo…anche questo è andare in montagna! Mahh!!
Al sottoscritto interessava di più i ganci enormi che reggevano la teleferica di collegamento alla fortezza principale, il bunker con lo scudo di blindatura quadrato spesso quattro dita che l'esplosione ha scagliato lontano dalla sua sede, l'entrata principale dalla quale si accede a una comoda scala lunga 70 gradini che si insinua all'interno della roccia, la porta blindata con cui si raggiunge un'altra torretta salendo una trentina di gradini…. "Ci siamo fermati solo cinque minuti per mangiare un panino e via di corsa…" mi dicono i tre……!!! Mahh!! Ripeto!! Anche questo è andare in montagna!!!



Nel 1691 le truppe francesi di Luigi XIV, il Re Sole, penetrarono in Valle d'Aosta dal colle della Seigne. A nulla valse il tentativo di resistenza delle truppe valdostane che per ragioni difensive avevano fatto alzare le acque del Lago Combal con una piccola diga.
Le forze comandate dal generale La Hoguette, calarono in valle razziando e saccheggiando i villaggi e distruggendo le strade e i ponti durante la ritirata. La loro vittima più illustre fu il ponte romano di Châtillon di cui lasciarono in piedi solo l'arco centrale che si vede ancor oggi.

Il bivacco Hess (m. 2958) è una “scatola” a semi botte, alta non più di 120 cm, posta su un terrazzino roccioso a strapiombo sul Ghiacciaio della Lex Blanche. Fu collocato dal CAI nel 1925 in questo ambiente roccioso, selvaggio ed emozionante. E’ dedicato ad Adolfo Hess, forte alpinista, ideatore e realizzatore del bivacco fisso.

lunedì 8 agosto 2016

CHAMANNA COAZ
7 AGOSTO 2016

“La Svizzera, la Svizzera, la Svizzera, la Svizzera... xe una nazion!" (Canzone triestina).

...ancora una volta in una delle regioni più belle del mondo!!!.

Nell’Engadina, uno di quei posti di cui è praticamente impossibile non innamorarsi, la Chamanna Coaz è situata a m.2610 proprio nel cuore del gruppo Bernina, coronata dai monti che si elevano verso il cielo. Ghiacciai impressionanti si trovano direttamente davanti alla capanna: un posto eccezionale in mezzo all'alta montagna che vale sempre un'escursione. E’ così facile arrivare qua e lasciare dietro di sé la routine quotidiana. Mi tocca...giù le mani!...scoprire questo gioiello.



Ma prima una risata che vi devo raccontare: poco prima dell'arrivo a Silvaplana, Freccia avvista, fuori dal finestrino del pullman, un grosso capriolo. Additandocelo ci grida, cogliendoci di sorpresa: "Al là! Al laàaa!! E' grande!". Subito abbassiamo tutti la testa sotto il sedile...e cominciamo a pregare!
A tu per tu con i ghiacciai: in passato, oggi e nel futuro. Questo impressionante giro escursionistico parte dalla stazione di mezzo di Corvatsch Murtèl (m.2702) passa la Forcola di Surlej (m. 2755) fino al Lago di Vadret e alla Chamanna Coaz (m.2610) e sale attraverso la Val Roseg fino a Pontresina. Con la funivia del Corvatsch (la gabina sembra un monolocale e io non ho pauraa dellaaa funiviaaaa!! Un saaaaalto di 900 metri tutti in un fiaaaaaato!!!) si raggiunge la stazione intermedia di Murtèl. Già qui si gode di una magnifica vista sull'altopiano dei laghi engadinesi. Chi poi vuol ammirare uno spettacolare panorama a 360°, sale in funivia fino alla stazione a monte del Corvatsch (m.3303).



A piedi si avanza, dunque, lungo l'ampio sentiero (temperatura +5, molti indossano i guanti) e dopo una mezz'ora circa si arriva alla Forcola di Surlej, 50 metri di dislivello, dove sorge l'omonimo rifugio.



Gli ultimi metri prima di arrivare alla Forcella sono carichi di attesa; attesa che è prontamente ripagata, non appena superiamo il valico che ci porta in Val Roseg, con uno dei più spettacolari panorami alpini.
Lo sguardo si perde in una suggestiva arena di ghiaccio e rocce, con sullo sfondo il Pizzo Tschierva (m.3546) con le impressionanti morene laterali del suo ghiacciaio, il Pizzo Morteratsch (m.3751), il Pizzo Bernina (m.4049) e la celebre cresta Bianco, il Pizzo Roseg (m. 3937), i Pizzi Gemelli (m.3508/3479) e il gruppo del Sella, circondati, anche loro, da incredibili ghiacciai.


Intorno alla Forcola di Surlej si trovano i silenziosi testimoni dell'ultima era glaciale: rocce tondeggianti, levigate dalle masse di ghiaccio, tra le quali si formarono piccoli laghi. Ed è sulla Forcola di Surlej che inizia la vera alta via. L'itinerario corre incontro al maestoso scenario di ghiaccio e dopo un'ora circa si raggiunge Plaun dals Süts, appena sopra il Lago glaciale di Vadret.

Si prosegue in tutta tranquillità: da qui in poi è una lunga passeggiata praticamente pianeggiante verso il rifugio Coaz, che troneggia su un balconcino roccioso nei pressi del ghiacciaio. La giornata è stupenda, la vista sulle montagne e sui numerosi ghiacciai pure ma, purtroppo, non possiamo indugiare in quanto la strada da percorrere è ancora molto lunga anche se tutta in discesa o in falsopiano.




Secondo il capannaro (oste=osteria; trattore=trattoria; capannaro=capanna) ci vogliono quattro ore per arrivare, prima al rifugio Roseg e poi a Pontresina. Ci mangiamo i famosi Rösti (Ho capito! Mi metto il grembiule da cuoco! E' un piatto a base di patate; spesso vengono aggiunte cipolle, spek, formaggio, erbe aromatiche), una fetta di torta appena sfornata e ci riposiamo un po'.


Salgo dietro il rifugio Coaz: in 10 minuti sono al cospetto del ghiacciaio. C'è molto da scoprire: piccole marmitte glaciali, minerali, piante pioniere, una bocca del ghiacciaio, ecc. Certamente si vedono anche le tracce che il ghiacciaio a lasciato ritirandosi anno dopo anno. Di ritorno al rifugio, si ripercorre per 30 minuti il sentiero dell'andata fino alla biforcazione che scende in modo deciso fino al Ova da Roseg, il fiume sottostane. Il lago glaciale, che abbiamo lasciato alle nostre spalle, formato dalla fusione delle masse di ghiaccio, è sorto all'incirca negli ultimi 50 anni.


Si prosegue quindi lungo il fiume continuando a guardare i ghiacciai Roseg e Tschierva. Dopo ore di escursione attraverso le incantevoli bellezze di questo altopiano si arriva al rifugio Roseg Gletscher (m.1999). Riprendiamo un po’ le forze e siamo tentati di proseguire fino a Pontresina comodamente in carrozza trainata da cavalli per evitare gli ultimi sette chilometri. "Ma daiiii....sono due passii!". Ci avviamo a piedi, prima  su di una strada sterrata in leggera discesa, poi nel bosco alla ricerca di cince e scoiattoli (avevo portato una manciata di sale da mettere loro sopra la coda)  ma…sicuramente troppo lunga…alla stazione del Trenino Rosso del Bernina dove è presente il nostro autobus che ci condurrà finalmente a Berghem! Il capannaro aveva ragione: 3.45 ma...che tirata!! 
Foto Elisa
Foto Gabriele


...proprio un bel posto questa Chamanna Coaz!!! In casi come questi il sostegno di un ottimo meteo (www.sansereno.it) fa la differenza, così come l'avere buone gambe con un minimo di allenamento. Non si tratta sicuramente di un'escursione impegnativa dal punto di vista tecnico, ma di sicuro, a fine giornata, ci siamo ritrovati con piedi e gambe "fumanti" per via dei quasi 24 km percorsi. Senza le dovute e meritate soste ci vogliono circa sette ore di cammino (i primi!). Il dislivello complessivo è abbastanza contenuto: poco più di 350 metri in salita ma ben 1240 metri in discesa. Anche se una deviazione ci fa innalzare queste cifre!
Proprio un bel posto questa Chamanna Coaz!!!.

venerdì 5 agosto 2016

HA REALIZZATO DEI GUADAGNI ESORBITANTI
E DA CAPOGIRO PER IL LAGO D'ISEO.


Il Ponte di Christo ha guadagnato più di 88 milioni di euro in poco più di quindici giorni. L’opera d’arte monumentale, allestita dall’artista statunitense di origine bulgara che si fa chiamare Christo, ha avuto dei numeri da capogiro. The Floating Piers ha attirato 460.000 turisti da tutta Italia e più di 700.000 dal resto del mondo, e il lago e le aziende locali ne hanno beneficiato in termini economici, tanto che ora esiste persino un detto secondo il quale il ponte di Christo avrebbe trasformato in oro le sponde del lago d’Iseo.
Il guadagno giornaliero delle varie attività ricreative della zona è stato pari a circa 4,5 milioni di euro. Si tratta di un aumento di fatturato di oltre 76,5% rispetto alla norma dello stesso periodo dell’anno 2015.
Del The Floating Piers hanno beneficiato tutti.
A partire dal ponte stesso, che ha incassato cifre da record irraggiungibili per qualsiasi altra opera d’arte, passando per le oltre 110 cantine appartenenti al consorzio Franciacorta (che sono state visitate da quasi 125.000 persone e hanno avuto un aumento di fatturato del quasi 40%) e finendo con le già citate attività ricreative, quali bar, ristoranti, hotel e tanto altro ancora. Il Ponte di Christo, sembra, insomma, essere un successo da tutti i punti di vista. Sulla passerella allestita sul lago d’Iseo hanno camminato più di 1.200.000 persone che sono arrivate in provincia di Brescia appositamente per godersi quest’opera di arte moderna.
Un’opera che, nonostante l’enorme successo mediatico e popolare, non è piaciuta ai critici italiani. Il primo di essi, Vittorio Sgarbi, l’ha definita come “un ponte verso il nulla”, mentre per Daverio il Ponte di Christo è stato una “baracconata”.
I negozianti locali, però, non sono d’accordo.
Il ponte di Christo è una benedizione!” affermano loro, e forse, a vedere le cifre, hanno ragione. Basti pensare che alcuni esperti in economia sono convinti che The Floating Piers sia stato qualcosa di più utile persino dell’Expo, anche perché coloro che hanno visto l’installazione, sono riusciti ad apprezzare anche la natura circostante e sicuramente torneranno di nuovo.
Ora che i dovuti calcoli sono stati effettuati e i soldi raccolti, si pensa di investirli nella cultura e nelle infrastrutture ricreative locali.
Infatti si stima che molti dei visitatori torneranno e bisogna preparare per loro le condizioni giuste. In provincia di Brescia, insomma, si sta discutendo sulla strategia di turismo locale, su come passare dal classico “mordi-e-fuggi” turistico, a progetti da sviluppare a lungo termine.
Non resta che augurare loro buona fortuna.