lunedì 31 agosto 2015

U.O.E.I. - Sezione di Bergamo
30 agosto 2015
RIFUGIO

m. 2671 (TN)
Cara signorina Rottenmeier, ma non si doveva andare a Pisa 'sta domenica?
Non mi dica che ho capito "Tone per Bilone"???

 Prendiamo posto sulla nostra "quattro posti cabriolet"! Siamo a Obereggen, 1540 m.
Arriviamo a Oberholz, 2080 m. e cominciamo subito a salire...ma non è una novità!
Il gruppo è unito: prendiamo le curve del sentiero alla Valentino Rossi.
Saliamo! Saliamo! Sempre più in alto, verso il cielo, verso il sole,...
..e il sole bacia le persone bell(uo)e(i).
Siamo nel caratteristico ambiente dolomitico, la Forcella dei Camosci, 2590 m.
Lasciamo parlare gli occhi e il cuore!



Superiamo uno stretto e incassato canalino e ci affacciamo sul grande anfiteatro interno del Latemar.
Ci rifocilliamo dividendo il "frugal mangiare" con tutti...

...anche con quelli che non sono del nostro gruppo!

Lo spettacolo è fantastico: sembriamo tante piccole formiche.
 Saliamo verso un'insellatura dalla quale si può ammirare la Torre di Pisa che da il nome al rifugio...

...e la piccola Porta del Latemar: chissà quanto ancora reggerà lo stipite!
Ridendo e scherzando (non prendetemi alla lettera!) arriviamo al rifugio Torre di Pisa, 2671 m.

Giunge l'ora più triste: dobbiamo rientrare.
Suonata l'adunata, cominciamo a scendere, per balconate rocciose, su un altro sentiero a gradini.
In discesa mi sembrava, a dire il vero, di sentire il classico rumore di "ossa delle ginocchia"...ma senz'altro sbagliavo! 

E' stata un'escursione in alta montagna
Grazie, Elisa!
Grazie, Maria Grazia!

Il cielo delle fotografie in alcuni casi è molto blu...troppo! 
A qualcuno sembrerà corretto con qualche filtro particolare.
E' stato usato solo il filtro di S. Sereno...lo giuro!!
Quello che scrive su questo blog è uno dei due che sono sulla Torre di Pisa. Indovinate quale.

giovedì 27 agosto 2015

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LA LEGGENDA DELLA VALLE D'INFERNO
ORNICA

La leggenda, che ancora oggi si racconta a Ornica, è per la verità alquanto ingenua. In valle c’erano molti forni e fucine per la lavorazione del ferro. Il più grosso di questi forni era gestito in epoca assai remota da persone forestiere, forse della Valsassina, specialiste del mestiere, che si dedicavano senza sosta a ridurre il minerale in ferro puro. Questi forestieri non vedevano di buon occhio gli abitanti di Ornica, al punto che, ogni tanto, trovandosi a corto di legna o di carbone, non si facevano scrupolo di prendere qualche ornichese che passava da quelle parti e gettarlo vivo nella fornace per alimentare il fuoco. Una terribile paura assalì allora gli abitanti di Ornica che presero a chiamare quel luogo la "Valle d'Inferno" (1). 


Le prepotenze dei forestieri durarono a lungo, finché un bel giorno i capifamiglia di Ornica, risoluti a porre fine a quelle crudeltà, si riunirono in assemblea e decisero di inviare tre loro rappresentanti a Venezia per chiedere aiuto al governo lagunare. Il viaggio dei tre delegati fu proficuo: infatti dopo un paio di mesi essi se ne tornarono a Ornica portando con loro un carro carico di archibugi e bombarde. Felici per il buon esito della missione, gli ornichesi costruirono un fortino in località Piazze, proprio dirimpetto al forno infernale, vi installarono le armi e rimasero in attesa. Non passò molto tempo che i forestieri si presentarono armati di tutto punto per dar corso alle solite prepotenze, ma questa volta trovarono pane per i loro denti: furono investiti da una valanga di fuoco che li distrusse assieme al loro impianto, facendo sparire in breve ogni cosa. Così del forno maledetto si sono perse le tracce, ma il nome dato alla Valle d'Inferno è rimasto fino ad oggi.


(1)Una delle zone più frequentate dagli amanti della montagna è la Val d'Inferno, quella lunga e ripida distesa di boschi e pascoli che da Ornica sale fin verso il Pizzo dei tre Signori. Un tempo la valle non aveva questo nome, ma si chiamava Val Fornasicchio, probabilmente per la presenza, nella sua parte più bassa, di forni e fucine per la lavorazione del minerale ferroso che si estraeva dalle miniere della zona. Il minerale, estratto a fatica dai minatori, veniva trasportato a Ornica a dorso di mulo e sottoposto a procedimento di fusione nei forni, per essere trasformato in verghe di metallo puro, pronte per la lavorazione nelle numerose fucine (chiodarole) del paese. Fu la presenza di tali impianti ad alimentare nella fantasia popolare l'accostamento dell'immagine del fuoco a quella dell'Inferno, luogo del fuoco per eccellenza.

"Vidi tutte le reti del Maligno distese sulla terra e dissi gemendo:
Chi mai potrà scamparne?.
E udii una voce che mi disse: l'umiltà".
S. Antonio abate