venerdì 28 agosto 2020

 EDO & GALDI - 27 agosto 2020


Escursione piuttosto impegnativa, non tanto per la lunghezza del percorso, quanto per l’attenzione che bisogna porre in alcuni tratti esposti. Prendiamo la funivia da Barzio e saliamo ai Piani di Bobbio. Si seguono le indicazioni per il Rifugio Lecco: se aperta consiglio uno sguardo al Santuario di Maria Regina dei Monti. Era il 5 settembre 1962 quando il cardinale di Milano Giovanni Battista Montini, che pochi mesi dopo sarebbe diventato Papa Paolo VI, poneva la prima pietra. 
Dal rifugio proseguiamo verso la vicina Bocchetta Pesciola ed imbocchiamo il Sentiero degli Stradini, un percorso a ridosso delle pareti rocciose dello Zucco di Pesciola. Il sentiero presenta brevi tratti esposti attrezzati con cavo metallico e, passando dalla Casera Campelli, conduce in poco più di 2 ore ai Piani di Artavaggio. In generale l’itinerario si sviluppa con continuo sali scendi, sempre rimanendo in quota e non presenta particolari difficoltà se non per l’attenzione che si deve porre nei tratti espositi, assistiti sempre dai cavi in acciaio, ma il panorama e la bellezza di queste montagne ripaga della fatica (se non ci sono le nuvole!). Alla fine del sentiero si giunge nei pressi del Cazzaniga Merlini dove pranziamo (pizzoccheri e torta saracena). Per il ritorno scendiamo a Moggio con la funivia e prendiamo la navetta gratuita di collegamento, disponibile nel periodo estivo, che porta a Barzio alla partenza della funivia. Un solo problema: “li mortacci tua” a quel c…… della funivia che ci aveva assicurato che la navetta c’era! Perciò…gambe in spalla e…pedalare!!































mercoledì 26 agosto 2020

 EDO & GALDI - 25 agosto 2020

Il Pizzo Baciamorti fa parte di quella lunga dorsale di monti che fa da spartiacque fra la Val Taleggio e la Valtorta, partendo dall’ameno Monte Venturosa e arrivando al dolomitico Zuccone Campelli: in mezzo tante altre cime, tutte sulla soglia dei m2000 e tutte apprezzate grazie agli ampi dorsali erbosi che ne fanno vette facilmente raggiungibili praticamente da chiunque.
Solito posteggio (ricordarsi il ticket!) a Quindicina-Capo Foppa m1300 circa, frazione di Pizzino. Lasciato un rado boschetto si sale, fra pascoli, alla Baita Fopa Lunga m1505,ai vicini Piani d’Alben m1538 e al Rifugio Gherardi m1687. Quante volte l’ho fatta…sempre fermandomi per un caffè e una fetta di torta dagli amici del Mato Grosso che lo gestiscono.






In breve si raggiunge il contiguo Rifugio privato Cesare Battisti. Si sale attraverso un semplice canalone detritico e molto friabile arrivando alla caratteristica Baita Regina m1853 e alla Bocchetta di Regadur. Da una parte il sentiero conduce al Sodadura e ai Piani d’Artavaggio: noi prendiamo l’altra parte... semplice, noo! 





Si tocca la bella conca pascoliva della Baita Cabretondo e il vicino Monte Aralalta m2003. In poco tempo di cresta erbosa si arriva alla Madonnina di vetta del Monte Pizzo Baciamorti m2009 dalla quale si gode un panorama impareggiabile sulla quasi totalità della catena orobica.








Il sentiero ora scende, in maniera molto decisa, la dorsale erbosa del Pizzo e, dopo poco tempo su questa ampia cresta pascoliva, si giunge al vicino Passo Baciamorti m1549 che gode di un’ampia visuale sull’abitato di Cassiglio e che permette l’ascesa al Monte Ventulosa. Ora il sentiero porta comodamente, fra arbusti, alla Baita Baciamorti m1450. Senza compiere dislivelli significativi ma permettendo all’escursionista di gustarsi appieno l’ambiente boschivo si ritorna alla macchina, contenti e soddisfatti per questo semplice, lungo ma bel giro ad anello.

 



Sono varie le tesi di perché questo bislacco toponimo: secondo la tradizione popolare, il nome Baciamorti deriverebbe dall’antica consuetudine di trasportare attraverso il passo i corpi delle persone della Valle Taleggio morte in alta Valle Brembana dove si erano recate per lavoro, o viceversa, per seppellirli nei paesi d’origine. Al passo Baciamorti avveniva la consegna del defunto al parroco e ai portantini della località di destinazione, i parenti lo salutavano dandogli il bacio d’addio. Dall’usanza di baciare i morti sarebbe derivato quindi il toponimo Basamorcc.
La seconda tesi, pubblicata nell’annuario del Cai del 2010, sostiene che il nome è la deformazione di un originario Pas di morcc, legato sempre alla traslazione di chi era deceduto lontano dal suo paese. Questa pratica sarebbe stata introdotta in occasione dell’interdetto comminato tra il 1606 e il 1607 dal papa Paolo V contro la Repubblica di Venezia. L’interdetto comportava il divieto di amministrare alcuni sacramenti e di ottenere la sepoltura religiosa. A seguito di questa condanna, gli abitanti della Valle Averara, affinché i propri defunti ricevessero esequie cristiane, avrebbero deciso di seppellirli nella chiesa di San Bartolomeo di Vedeseta, posta nello Stato di Milano, esente dall’interdetto. Il transito dei defunti sarebbe avvenuto attraverso questo passo che avrebbe preso il nome di Pas di morcc, divenuto poi Pasamorcc e quindi, per alterazione fonetica, Basamorcc.
La terza tesi: è entrato in uso come probabile trasformazione del nome Basamor, derivato da Masamoro, a sua volta originato dall’antico toponimo latino “masione mora” o “maxone mora”, che compare in atti notarili riferito alla baita che esiste tutt’oggi, in prossimità del passo, sul versante della Val Taleggio. Tale toponimo compare in alcuni atti della fine del 1200 in cui si legge: “culmen de masione mora versus casilium”, cioè culmine della magione mora verso Cassiglio”.
Magione significa casa, e secondo alcuni potrebbero significare, «magione scura», per via forse del colore delle “piöde”, le lastre di pietra usate per i tetti. 
La quarta tesi: si fa riferimento al latino mora inteso come “sosta”, per cui “masione mora” andrebbe intesa come luogo per la sosta. La baita infatti è lungo la strada di collegamento tra la Valle Taleggio e la Valle Averara, luogo ideale per la sosta dei mandriani e dei viandanti.