venerdì 28 aprile 2017

RODODENDRO - Marzo/Aprile 2017

Nel salire verso la meta che era stata programmata per una piacevole escursione, un masso erratico di eccezionali dimensioni, l'autore dell'articolo scopre man mano gli aspetti forse non previsti di un ambiente che lo colpisce e lo fa riflettere. Ad impressionarlo non è solo la bellezza della vegetazione e degli ampi panorami che si aprono stupendamente davanti a lui, ma pure le opere che l'uomo ha effettuato in montagna prima del definitivo abbandono, e ancora più il lento lavorio della natura che nel corso di un tempo indefinito ha disegnato quel territorio che ora lo incanta. Con una descrizione decisa e avvincente riesce a convincere che anche presso casa si possono trovare bellezze del mondo che non risultano sponsorizzate dalla pubblicità del turismo.
Renato Frigerio.

martedì 25 aprile 2017

Natale partigiano
di Renzo Baccino


Un racconto tratto dal 2° volume di “Quando si combatteva per la libertà…”,
un libro per ragazzi edito dall’ANPI alla fine degli anni 70.



In quella vigilia di Natale del 1944 si era combattuto aspramente presso il Ronco, un minuscolo villaggio posto a cavaliere di un colle prealpino. I tedeschi volevano occuparlo, perché il Ronco rappresentava come il cardine della resistenza partigiana. I difensori, un pugno di montanari, quasi tutti vecchi alpini, si erano asserragliati nell’ultima casa del villaggio, posta proprio al sommo del colle, e di lassù nessuno era riuscito a sloggiarli. La casa contesa era un’antica «caminata», dai muri spessi come quelli di un fortino. I colpi di mortaio l’avevano ridotta a un cumulo di macerie, ma fra i muri smozzicati i partigiani avevano costruito un nido di mitragliatrici.
All’imbrunire i tedeschi avevano sferrato ancora un assalto, ma sotto le secche falciate di una mitragliatrice pesante, erano stati costretti a ripiegare. Uno di essi era rimasto e giaceva supino, informe macchia grigia, sul bianco della neve che copriva la strada.
Era una notte fonda, una gelida notte invernale, piena di brividi lontani di stelle. Non una luce brillava, e tuttavia la neve ch’era intorno avvivandosi delle luci sideree, emanava un tenue bagliore. Lontano, duri profili di montagne tagliavano l’orizzonte come lame di ghiaccio.
Dai comignoli delle case occupate si dipanavano dense colonne di fumo: i soldati tedeschi avevano cercato riparo al freddo e dividevano con i contadini il tepore dei focolari. Solo alcuni erano rimasti agli avamposti. I partigiani avevano trovato rifugio in un locale seminterrato e cercavano di scaldarsi a un misero focherello. II comandante Folgore era rimasto fuori all’addiaccio, assieme a un mitragliere, e, avvolto in un vecchio giubbone di pelliccia, a ridosso di un muro, scrutava le tenebre, mentre il suo orecchio esercitato vagliava ogni rumore, ogni scricchiolio.
II silenzio era alto, quasi solenne. Nulla si muoveva intorno. C’era solo quel morto disteso supino laggiù sulla strada, che sembrava guardare il cielo gremito di stelle.
Improvvisamente un suono lontano, tanto lontano che pareva nascere dal profondo dell’animo, giunse all’orecchio di Folgore: un tintinnio di campane… E allora ricordò. Era Natale! E quel suono scendeva dalle pievi dei suoi monti, dalla zona franca partigiana, ove regnava la libertà, ove si poteva suonar le campane in barba ai tedeschi e ai fascisti.
Tacquero le campane dei monti e fu ancora silenzio. II morto era sempre là e pareva che anche lui tendesse l’orecchio per ascoltare la sua campana di Natale. Sì, anche lui, pensò Folgore, aveva una casa lontana, moglie, figli che in quel momento uscivano per recarsi alla messa… E non sapevano che…
Uno strano scricchiolio interruppe le meditazioni del comandante. Qualcuno camminava nella notte… Ma non dalla parte del nemico, bensì dalla vallata che stava alle spalle dall’appostamento.
Folgore lanciò un breve avvertimento ai partigiani e tosto essi uscirono dal loro rifugio e presero posizione. Immobili stettero con le armi impugnate ad ascoltare la notte.
Sì, qualcuno si avvicinava. Si udiva il ritmico infrangersi della crosta gelata sotto il peso di chi si avvicinava. Poi, a un tratto, su di un sentiero lungo una siepe apparve una strana ombra grigia che avanzava lentamente.
Ora la strana ombra, avvicinandosi, si andava delineando. Erano due bambini, quelli, non c’era alcun dubbio! Due bimbi che andavano attorno soli, in quella gelida notte, piena di agguati mortali. Venivano innanzi adagio, incespicando e gemendo, e a tratti parlavano fra loro:
– Ho freddo, Maria, ho freddo – diceva una vocina tremante.
– Zitto, Carlo… Ecco il Ronco. Fra poco saremo dalla nonna – rispondeva un’altra vocina più ferma.
Erano oramai a pochi passi, quando Folgore li chiamò, a bassa voce:
– Ehi! Bambini, per di qua! … Silenzio che ci sono i tedeschi in paese!
II gemito del piccolo cessò di botto. La bambina chiese sgomenta, con un soffio di voce:
– Chi chiama?
– Zitti! … Venite qui da noi!
I due avanzarono ancora e furono tra le rovine. Erano molto piccoli, la maggiore forse di dieci anni e il bimbo di cinque o sei. Tremavano dal freddo e dalla paura. I partigiani li presero in braccio e li portarono accanto al fuoco. Seduti, si strinsero l’un con l’altro, come per difendersi dall’ignoto che li circondava.
Un partigiano porse loro da bere, ma essi si schermirono. Folgore li guardò un istante, poi con voce stranamente dolce, chiese loro:
– Di dove venite, piccoli?
– Da casa – fece la bambina. – È la cascina del Rosso la nostra casa.
– E perché l’avete lasciata la vostra casa per andare attorno la notte?
– Eravamo soli… il papà… – e la bambina ebbe la voce smorzata da un singhiozzo – è in guerra, disperso…
– E la mamma?
– La mamma non ce l’abbiamo. È morta…
– Oh, poveri piccoli. Ma dove volete andare a quest’ora?
– Dalla nonna – disse il piccolo con ansia, nascondendo subito il viso in grembo alla sorellina.
– Ma al Ronco ci sono i tedeschi. Non potete proseguire – interloquì un partigiano.
– Dovete tornare indietro. Vi accompagnerò io – aggiunse Folgore.
Fu silenzio per un istante, e si udì solo il lieve crepitare della fiamma. Folgore pensava. E nel pensare si risovvenne di quel suono di campane udito fuori, poco prima… E poi chissà perché, ripensò a quel morto ch’era fuori, supino sulla neve… Natale!
Si alzò deciso – Andiamo – disse – Tenterò di mandarvi dalla nonna.
Un partigiano osservò: – Se li fai uscir fuori te li fulminano!
– Forse non spareranno – rispose il comandante – Lascia fare a me.
Uscì, seguito dai suoi e dai bimbi, e a cauti passi si portò presso il suo solito osservatorio. Poi, con tutta la forza dei suoi polmoni da montanaro grido:
– Ehi, Tedeschi! … Mi sentite?
Ripeté tre volte il suo grido che smoriva senza echi nel silenzio. Al terzo richiamo una voce sorda rispose: – Noi Tedeschi sentire… Chi chiamare?
– Siamo noi i partigiani… Ascoltate: ci sono qui due bambini…
– Due bambini? Sì, capito… due bambini.
– Sono soli, senza casa, senza nessuno, vogliono andare nella casa dalla nonna che abita costì, nella casa sotto la chiesa…
– Nonna? Oh, sì… Großmutter … Capito.
– Volete lasciarli passare?
La risposta si fece attendere. Poi, giunse come esitante:
– Non potere… no, non potere.
– Ma domani è Natale e sono soli!
– Natale… sì, Natale… Capito!
Ci fu una pausa che parve interminabile. S’udì come un parlottio aspro, concitato, poi la solita voce nemica parlo:
– Avanti i due bambini… Soli… Noi non sparare.
– Possiamo fidarci di voi?
– Sì, noi non sparare su piccoli. Parola di soldato!
Folgore si voltò, carezzò il capo dei bimbi e disse brevemente:
– Andate. Buon Natale.
I due fanciulli entrarono nella strada e avanzarono esitanti, tenendosi per mano. I partigiani, con le armi puntate verso il nemico, li seguivano a ogni loro passo.
Ma non accadde nulla. I bimbi si fermarono esitanti un istante presso quel morto disteso sulla neve, poi proseguirono, piccola macchia grigia su di un candido lenzuolo. A un certo punto svoltarono e fu silenzio.
Ancora i partigiani si ritirarono nel loro rifugio e Folgore rimase immobile nella notte, con gli occhi fissi a quel buio che aveva inghiottito i due fanciulli. Pensava. Quelli di là non avevano sparato. Anche in loro dunque c’era un briciolo di umanità. Erano uomini anche loro, infine. E nella notte di Natale anche nel loro cuore indurito si era accesa una fiammella di umanità.
Guardò ancora quel morto, supino sulla neve ghiacciata. Guardò su verso i monti dov’era la sua casa, i suoi bimbi. Poi si decise. Si affacciò al muretto e gridò:
– Tedeschi! Ohé… Tedeschi!
La risposta fu pronta:
– Qui Tedeschi… Che volete partigiani?
– Sentite… Quel vostro camerata ch’è in mezzo alla strada… Venitevelo a prendere… Non spareremo!
– Non sparate voi?
– No. Parola di partigiano!
– Venire… sì subito venire…
Ci fu ancora un attimo di quiete, poi di lontano fiorì un allegro scampanio che riempì la notte di un miracoloso senso di gioia.
Era mezzanotte! Cristo era sceso in terra e le pievi ne davano l’annuncio. Folgore stette immobile ad ascoltarle, mentre nella sua mente era un tumulto di strane immagini: ceri accessi, bimbi sperduti, un soldato tedesco supino sulla neve con le braccia spalancate… Finché s’accorse che il gelo gli mordeva gli occhi. Quando fa molto freddo, le lacrime fanno questi scherzi. 

domenica 23 aprile 2017

PRE-ESCURSIONE U.O.E.I. 

IN PROVINCIA DI TRENTO
Ogni 10 anni circa l'invaso viene svuotato quasi completamente per poter permettere la manutenzione della centrale idroelettrica di Nembia, ovvero le opere idrauliche e la galleria di scarico. Ciò comporta ogni volta preoccupazioni da parte dei pescatori per la sopravvivenza del salmerino e questo evento vissuto dalla comunità come una ferita. Ma l'opportunità di vedere questo bacino vuoto, con aspetti panoramici spettacolari, attira moltissima gente. Nella stagione invernale 2017 in corso il lago di Molveno sta subendo lo svuotamento delle proprie acque a causa di un lavoro di manutenzione degli impianti da parte della Hydro Dolomiti Energia.
DATI GPS (Galdin Positioning System)
Lunghezza: km 15 
Durata: 4.30/5.00 h. 
Dislivello: m 90 
Dopo il campeggio, a sinistra si segue il sentiero che conduce al Ponte Romano e alla vicina cascata del Rio Ceda; da qui in breve salita arriviamo ad un incrocio: svoltando a sinistra raggiungiamo le rovine dei Fortini di Napoleone, costruiti nel 1805 dagli austriaci per contrastare l’avanzata di Napoleone; svoltando a destra si raggiunge la Baita Fortini. Proseguendo invece diritto sul sentiero principale e superata la cascata, si arriva all’estremità del lago (Nembia - oasi WWF). Dopo mangiato, s'imbocca il sentiero in riva al lago che, con andatura altalenante, corre lungo la sponda meridionale. 
In località Lasta il sentiero si sposta sopra la strada e con lievi saliscendi arriva nei pressi del Grand Hotel Molveno; qui si segue il sentiero Re dei Belgi che, in mezzo al bosco, lungo il lago, arriva al Ponte di Bior.
Due passi e...siamo arrivati!
 Però devi aspettare il
Ciaooo!!
P.S.: il lago, giurin giuretta, sarà di nuovo pieno! 
Ringrazio PierAngelo, MariaGrazia ed Elisa per la magnifica giornata trascorsa insieme;
la signorina Rottermaier per le foto che mi hanno immortalato...sapete...ogni 10 anni!! 

lunedì 17 aprile 2017

LA PLAYLIST DEL BUON UMORE

Al primo posto c’è We Will Rock You dei Queen,
inno generazionale lanciato nel 1977 dalla band capitanata da Freddie Mercury.
Seguono Three Little Birds di Bob Marley,
Amazing Grace di Elvis Presley
e Another Brick in the Wall dei Pink Floyd.
Questi i brani simbolo della playlist che cura l’umore, i più utilizzati in assoluto nei programmi di musicoterapia attivati nel Regno Unito per aiutare le persone con problemi di salute mentale e neurologici, secondo un’indagine condotta fra gli operatori sanitari del settore e pubblicata sul Daily Mail.
“In molti modi We Will Rock You rappresenta una naturale terapia musicale” commenta Daniel Thomas managing director di Chroma, la società britannica attiva nel settore dell’arteterapia, autrice della ricerca “la canti a squarciagola, batti il tempo con i piedi e immediatamente ti senti sollevato”.

domenica 9 aprile 2017

9 APRILE 2017
Guardando verso nord dalla pianura,
è inconfondibile la sagoma del monte tanto caro al Manzoni detto
"...con voce lombarda, il Resegone, dai molti suoi cocuzzoli in fila,
che in vero lo fanno somigliare a una sega...".

PIAZZALE DELLA FUNIVIA DEI PIANI D’ERNA (m.610)
RIFUGIO STOPPANI (m. 890)
CAPANNA GHISLANDI (m. 1284 - Passo del Fo).

Dislivello: m. 674.
Tempo: 2.00 ore (+ 1.30 il ritorno).
Difficoltà: elementare su mulattiera e facile sentiero.

Parcheggiata l'auto nell'ampio spazio del piazzale della stazione a valle della funivia dei Piani d'Erna, scendo lungo il sentiero seguendo i cartelli gialli “tutte le direzioni” e il segnavia bianco/rosso/giallo n.1, fino a giungere alla strada asfaltata che arriva da Versasio. Ho la fortuna di incontrare Enrico che sta recandosi, con sua moglie, alla loro baita appena 200 metri più in "sù" (come sentiero) del rifugio Stoppani e conoscitore di tutta la matassa di sentieri che ci sono in zona: mi accompagnerà fino al Passo del Fo. Ci immettiamo verso destra e proseguiamo fino a quando la strada asfaltata termina con il cancello di un agriturismo. Procediamo sulla mulattiera: il percorso non è quasi mai particolarmente faticoso se non in qualche breve strappo. Arriviamo dopo circa 30 minuti di cammino in località Costa bassa.




Qui troviamo un bivio (mt. 770): a sinistra si entra nell’abitato di Costa alta (indicazioni “Costa, Resegone, rif.Stoppani, Erna, rif.Azzoni, Cappella votiva Madonna del Resegone”…dedicata ai caduti sulle pendici del monte) mentre noi puntiamo decisamente diritti procedendo verso “rif.Azzoni” e “Campo de Boi”. Il Rifugio Stoppani è normalmente un frequentatissimo punto di passaggio per innumerevoli tipologie di escursioni sul Resegone: dai semplici trekking, alle più difficili vie ferrate (Gamma), alle salite alpinistiche riservate ad esperti. Il sentiero è ben tracciato, di difficoltà elementare, e consente di avere una visuale abbastanza interessante su Lecco e sulle bastionate rocciose del Resegone. Decido di passarci al ritorno e consumare un lauto pranzo sulla terrazza panoramica del rifugio.




Siamo arrivati a casa dell’Enrico: lascia lo zaino e si avvia con me verso il mio traguardo di giornata. Mentre camminiamo non interrompiamo una grande e simpatica chiacchierata: ci promettiamo, dopo uno scambio di cellulari, di ritrovarci per alcune escursioni a metà settimana…S. Martino/rifugio Piazza…rifugio Madonna delle Nevi/Val Biandino,…)
A mezza costa, attraverso una faggeta, arriviamo ad un boschetto sotto un pendio erboso e si prosegue guadando le acque (?) del ramo settentrionale del torrente Bione, seguendo la deviazione superiore al sentiero originale deturpato da un grosso  smottamento. Raggiungiamo un bivio dove si lasciano a sinistra i sentieri per i Piani d'Erna e per il Monte Resegone, e prendiamo quello di destra ombreggiato da alcuni faggi.



Si procede a mezza costa con moderata pendenza per superare un torrentello, si lascia un altro sentiero (senza segnavia) e si continua in piano verso il fondo di una convalle della val Còmera (in primavera-estate fioritura di aconiti napelli e genziane maggiori).
Il sentiero, ora largo, piega con un tornante a sinistra, rientra nel bosco e si alza con numerose svolte abbastanza ripide (alle spalle panorama sul Pizzo d'Erna).
Fuori dal bosco si passa tra cespugli di giovani faggi e si continua a salire tra rade betulle per poi tornare con una serie di tornanti, traversi e zig zag, ad un quasi-ripido pendio. Piegando a destra si rientra nel bosco, poi se ne esce e sempre in salita si percorre un tratto cespuglioso al di sotto della bastionata del Resegone, giungendo al bivio con il sentiero per i Piani d'Erna.




Si prosegue  a destra con altre svolte ripide nel bosco e qualche gradino di roccia e si arriva alla dorsale della Cornisella, dove alcune tracce conducono al poggio erboso: bel panorama verso Lecco, il lago, il Monte Rosa, il Monte San Primo, il Coltignone, il Pizzo d'Erna, il Resegone, le Grigne e il Monte Magnodeno.
Dopo un breve tratto quasi-ripido si continua a mezza costa in pendenza più moderata e si giunge ad un bivio, ove si trascura a destra una deviazione che porta ad una fonte, per procedere diritto nel bosco. 
Superando il sentiero che porta ai Piani d'Erna e al Monte Resegone (n.5...fatto domenica scorsa con gli amici della UOEI)) e quello che risale la sorgente, dopo un gradino di roccia e un ultimo traverso nel bosco si raggiunge il Passo del Fò dove sorge la Capanna Ghislandi (guida alpina travolta da una valanga), un rifugio di ristoro della sezione di Calolziocorte del CAI.



Un ambiente veramente famigliare: la fortuna ha voluto la presenza di alcuni componenti del coro di S. Martino che si stavano “sciogliendo“ la voce per i canti del dopo pranzo. Un Crodino e via sulla stessa strada del ritorno: il pranzo (casoncelli al pomodoro, polenta con spezzatino di maiale, torta della casa) era deciso al rifugio Stoppani.


Oh ragassi....Siam mica qui a mettere i pannelli fotovoltaici alle lucciole'!

Grazie Enrico per la tua compagnia!
Alla prossima!

giovedì 6 aprile 2017

APRILE2017

Il nuovo navigatore della BMV:
TOM TOM Go più intelligente e veloce che mai.

lunedì 3 aprile 2017

ANELLO DEL RESEGONE
"Ma dopo qualche momento, voltandosi indietro, vide all'orizzonte quella cresta frastagliata di montagne,
vide distinto e alto tra quelle il suo Resegone, si sentì tutto rimescolare il sangue,
stette lì alquanto a guardar tristamente da quella parte, poi tristamente si voltò, e seguitò la sua strada".(I Promessi Sposi - capitolo 11)
E' da un po' di tempo che butto in sede (UOEI Bergamo) l'idea di fare il periplo o anello del Resegone.
Da Brumano? Non arriva il pulmann!... Da Fuipiano? Non arriva il pulmann!… E allora?...
Partiremo dai Piani d’Erna…ma...Casalpusterlengo...lo facciamo!
Quando esco di casa, alle 8.15, non posso fare a meno di apprezzare la puntualità dei miei compagni di (s)ventura, che sono in perfetto orario, se non addirittura in anticipo, e che mi aspettano a S.Omobono Terme.
L'anello del Resegone lo si può iniziare in più punti, ma noi, per evitare di pagare la funivia, scegliamo Brumano (Sbarra) e come punto di partenza il nuovo rifugio Resegone gestito da volontari del CAI. Lasciamo la Terrios in un praticello vicino al rifugio (ho voluto provare a fare il lecchino per farci aprire la sbarra che porta al rifugio...ma lo Jury...lo spiezzo in due a giugno!) e seguendo le indicazioni DOL (Dolori d’Origine Lombare… ma noooo!... Dorsale Orobica Lecchese) scendiamo verso le Cascine Zucchero e arrivati al bivio, anzicchè scendere in quel di Brumano, ci dirigiamo verso il Passo Porta e la Passata, che raggiungiamo in poco più di un'ora e mezza.
A questo punto il sentiero diventa pianeggiante e, proseguendo nel bosco, arriviamo, passando davanti alle vecchie miniere, alla Capanna Monza. S.O.S. caffeina…assoluto bisogno di caffeina!

Una breve salita ci conduce al Passo del Fò con il suo rifugio (privato), da dove proseguiamo per i Piani d'Erna, lungo un tracciato piuttosto esposto e protetto in alcuni punti da catene metalliche (sto scherzando!…saranno 10 metri…i famosi metri del Galdino!): troveremo un altro sentiero per evitare il panico...l'idea...con una dolce discesa al rifugio Stoppani...c'è già!.
Alla Bocca d'Erna la vista finalmente può spaziare sulle montagne e sulle vallate circostanti: in basso i laghi e di fronte a noi il Grignone, la Grignetta e il Due Mani. Sulla destra il rifugio Marchett dove consumiamo in terrazza …un giusto pranzo! 

Non è ancora la una e quindi decidiamo di forzare (ahaahhhaaah!!!) i tempi e di salire al Passo del Giuff per raggiungere, con una dolce discesa che ci accompagnerà fino alla Terrios, la Sorgente delle Forbesette. 
Parliamo del "Poiat", della "Calchera", ci fermiamo ad ammirare e fotografare la splendida e varia fioritura dove primeggia l'elleboro o rosa di natale: ormai manca poco per ritornare al rifugio e noi non abbiamo fretta.
Ci dedichiamo quindi al toto-dislivello e al toto-tempo: i miei calcoli mi dicono che abbiamo fatto 500 metri, ma con tutti i saliscendi ci piace esagerare e ipotizziamo di essere arrivati a 800 metri.
Non siamo sicuri che sia vero, ma ci piace pensarlo. Grande soddisfazione quando scopriremo che abbiamo indovinato: distanza percorsa km.15 con un dislivello salita/discesa di m.850.  Insomma, una bella camminata tra i 1084 e i 1510 metri in circa 5 ore e mezza.
Quando imparerò ad usare il GPS (Galdin Positioning System) forse riuscirò ad avere informazioni più precise.
Oggi con me hanno camminato l’Elisa, il Mauro e il Lele.
Ma sono sicuro che a giugno saremo molti di più!
Pronti?...Viaaa!!
Ciaoooo!!!