venerdì 29 luglio 2022

giovedì 28 luglio 2022

 EDO, GALDI, GIANPAOLO & RITA
28 luglio 2022


Ringrazio la brava Gisella (dolce ragazza di…Crema!) che, nel lontano aprile, mi aveva suggerito questo nuovo rifugio. Io, che dire, ci ho voluto picchiare il naso! Inaugurato nel mese di giugno 2021, il Rifugio Alpe Cantedoldo è situato a m1501 nel territorio del Comune di Averara (Alta Val Brembana). La costruzione, in legno, ha inglobato parte dei muri in pietra della vecchia casera dell’alpeggio. Al piano terra ci sono bar, sala da pranzo e cucina mentre, su di un soppalco, c'è un locale con otto posti letto.

Percorriamo il fondovalle della Val Brembana. Attraversata Mezzoldo, troviamo il laghetto artificiale in località Ponte dell'Acqua m1250. Lasciamo la macchina in un piccolo spiazzo adiacente. Ci incamminiamo su una sterrata verso il cancello della centrale idroelettrica. In salita entriamo in pineta e guadiamo un torrente che forma una bella cascata. Restano i segni del tremendo temporale con grandinata del martedì. Il sentiero diventa una serpentina che, con molti piccoli tornanti, ci fa guadagnare quota. Percorriamo tratti con poca pendenza alternati a “strappetti”. Molte radici degli alberi affiorano dal sentiero un po’ umido e bisogna prestare attenzione. Si sale, sempre, e notiamo la presenza di molti formicai giganti. Ora i pini sono molto più radi e sono attorniati da zone erbose. Ci avviciniamo a due edifici e, tra l’erba, arriviamo all’Alpe Gambetta m1600 dove, sulla via del ritorno, acquisteremo del buon Formai de Mut dalla Rita. Prendiamo il sentiero che inizia scendendo, in modo abbastanza ripido, tra i pini. Poi, attorniati dai prati, la pendenza diminuisce e, subito dopo diventa una stradina sterrata. Raggiungiamo il lungo stallone: vediamo la casera tra gli alberi. Due cartelli informano che siamo nel Parco delle Orobie Bergamasche - Valtorta e Valmoresca. Oltre il prato, vediamo il rifugio Alpe Cantedoldo m1501 e cominciamo a sentire il profumo della polenta. Due chiacchiere con GianPaolo, il rifugista, che ci invita a proseguire per altri m200 e vedere uno straordinario balcone panoramico su Santa Brigida. Menu: polenta con arrosto, panna, funghi e pancetta, formaggio stagionato 2021, vino (in giusta dose per godere dei suoi effetti) e caffè. Pesantezza dello stomaco per la digestione? Noo! Pesantezza delle spalle per la quantità di formaggio nello zaino.











Il ponte tibetano più corto e basso d'Italia


Tentativo di omicidio


La polenta deve essere dura...

...e la va "menata"!


Effetti "desiderati" del vino








lunedì 25 luglio 2022

 GALDI - 24 luglio 2022

Poco puttanaio di gente: si sono sciolte le camere (troppo caldo?) e la gente è stata a casa a pensare per chi votare il prossimo 25 settembre: per quel cog….. di… o per quel testa di ….. di…! E la fiaba continua tra DRAGHI, CONTI, insaLAta RUSSA e MAIOnese, piselli e MELONI magici,… Si SALVINI chi può! Ma…mi permetta ! Mi consenta! Andate TUTTI a prenderlo dove…pisciano le oche!
Percorro parte del DOL (Dolori Origine Lombare), rimanendo tra la Valle Imagna, la Valsassina e la Valboazzo, andando in uno di quei posti in cui mi “sento a casa”, talmente sono le volte che ci sono stato (lo stesso vale per Morterone). Perciò poche ciance, anche perché non saprei cosa dire di nuovo, e vi parlo, aiutandomi con interdett, della vecchia utopica idea e realizzazione della stazione sciistica e, per finire, un po’ di storia non fa mai male.







Sopra la città di Lecco, sostenuta dalle bastionate calcaree dell’omonimo Pizzo e ai piedi delle creste sommitali del Monte Resegone, si trova la bellissima località dei Piani d’Erna, frequentatissima in tutte le stagioni grazie alla facilità di accesso su sentiero e, ancor più, per la presenza di una funivia che la raggiunge partendo dai sobborghi collinari di Lecco. In verità di “piano” i Piani d’Erna non hanno molto, presentandosi come un’ampia conca prativa circondata da boschi i cui pendii in passato, stante proprio la vicinanza alla città, hanno rappresentato i campi sciistici per eccellenza dei lecchesi: bastava un breve viaggio in auto o con i mezzi pubblici, la rapida salita in funivia e in una manciata di minuti dal centro cittadino si era sulla neve, sci ai piedi. Queste caratteristiche particolari hanno fatto sì che tempo fa ai Piani d’Erna non si mirasse solo a creare una “normale” stazione sciistica: negli anni Sessanta del secolo scorso - periodo nel quale il boom economico e industriale faceva pensare che nulla fosse impossibile - qualcuno pensò un progetto tanto grandioso quanto utopico e assurdo ma del tutto emblematico riguardo ai meccanismi di pensiero e d’azione che hanno sviluppato il turismo sciistico dalla seconda metà del Novecento in poi. Meccanismi che poi il tempo e la realtà (non solo quella climatica) hanno spesso rivelato come fallimentari e deleteri per la montagna, ma che incredibilmente ancora oggi, e non di rado, in certi luoghi si vorrebbe riproporre e perseguire: come se il mondo fosse ancora quello, come se il tempo si fosse fermato o se non si volesse capire (consapevolmente o no) come stanno realmente le cose, nel presente e ancor più nel prossimo futuro.
La storia del folle progetto sciistico dei Piani d’Erna l’ho rapidamente riassunta (www.lucarota.it) in un capitoletto dedicato sul libro Sò e sò dal Pass dal Fò. In cammino da 75 anni sui sentieri del Resegone che ho scritto e curato nel 2015 per la Sezione CAI di Calolziocorte. Ve lo propongo di seguito, aggiungendo che nel giugno 2020 i rottami degli skilift che erano stati installati sui pendii dei Piani d’Erna, chiusi fin dal 2005, sono stati smantellati e riportati a valle, donando nuovamente al luogo la bellezza e il fascino originari e così preziosi.









UTOPIA. L’apertura della funivia che collega Versasio ai Piani d’Erna, nel 1965, nonché gli skilift che per qualche decennio hanno lassù animato i mesi invernali, sono in verità solo una parte di un progetto ben più grande, e francamente utopico, che formularono intorno al 1960 alcuni imprenditori lecchesi, con in testa Angelo Beretta, proprietario della nota ditta di caldaie, e l’ingegner Riva. In effetti, Erna era molto frequentata dai lecchesi già prima della Seconda Guerra Mondiale, poi il conflitto e il difficile periodo susseguente fece scemare parecchio quella frequentazione. Beretta e Riva, insieme con altri professionisti lecchesi, decisero di rilanciare la località e di farlo alla grande seppur con intendimenti in qualche modo avanzati, di sentore contemporaneo: rifiutarono ad esempio la costruzione di una strada carrozzabile, troppo costosa e, soprattutto, tremendamente impattante per quell’angolo montano così piacevolmente integro. Optarono dunque per la funivia, mezzo di trasporto sicuramente più ecologico; in teoria il progetto prevedeva un ulteriore tratto che giungesse fino alla vetta del Resegone, per la cui mancata realizzazione probabilmente oggi non possiamo che essere felici. Ma c’era molto di più: nelle idee della SPER, la società che fu costituita ad hoc per la gestione dei vari interventi, Erna doveva diventare una vera e propria città satellite di Lecco in quota, al fine di attirare il maggior numero possibile di turisti anche da lontano. L’architetto milanese Gianfranco Gelatti Mach de Palmstein fu incaricato di stendere un piano urbanistico per l’edificazione sui terreni, nel frattempo lottizzati di case, alcuni alberghi, una scuola, attrezzature sportive varie, una chiesa, un eliporto e addirittura un piccolo ospedale. Nel complesso la città satellite di Erna sarebbe dovuto constare di sei piccoli quartieri: Funivia, Bocchetta, Romini, Laghetto, Teggia e Ospitale, collegati da un’arteria principale e da una fitta rete di percorsi pedonali. Era un progetto che sotto certi aspetti ricorda nel principio quello di Consonno (a bloccare la vita del futuro parco divertimenti fu, nel 1976, una frana. Il borgo fu completamente isolato, inaccessibile e da quel momento iniziò la sua decadenza trasformandolo in un borgo fantasma – N.D.R.), scaturente da una visione del progresso urbano tipica di quegli anni d’intenso boom economico nei quali pareva che pure le idee più difficili potessero divenire realtà. Ma le prime difficoltà di realizzazione sorsero presto; solo alcune case furono edificate (facilmente riconoscibili dal fatto di essere quelle dal disegno architettonico più moderno, lassù) insieme a qualche semplice struttura sportiva, poi nel 1993 la SPER fallì e ci si misero pure i cambiamenti climatici, che resero la neve a Erna una cosa assai rara. Così, il visionario progetto di Erna, la città dello sci a pochi minuti dal centro di Lecco, tornò nel fumoso regno delle utopie irrealizzate. Giudicate voi se sia stato meglio così, oppure no. Di certo l’amenità dei Piani d’Erna, con quel meraviglioso e imponente sfondo delle punte del Resegone appena al di sopra dei suoi verdi prati, resta comunque grande.







STORIA. Subito dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, i Piani d’Erna furono uno dei primi luoghi dove si radunarono molti tra sbandati ed ex prigionieri, che decisero di opporsi all’invasione tedesca e alla neonata Repubblica Sociale Italiana. Più che sul piano militare, però, le azioni condotte da questi gruppi autonomi di sbandati acquisirono una grande importanza dal punto di vista simbolico: per la prima volta, infatti, qualcuno si opponeva in armi alle forze nazifasciste e dopo nemmeno un mese di attività partigiana, i tedeschi furono costretti ad attaccare il Pizzo d’Erna, supportati dall’artiglieria e da tremila Alpenjager, i Cacciatori delle Alpi austriaci, divisi in quattro colonne provenienti dalle quattro direttrici principali che conducevano in Erna. Le operazioni di rastrellamento iniziarono tra il 16 e il 17 ottobre 1943 e si distinsero in due momenti specifici: il primo, durato fino al 18 ottobre, registrò l’occupazione della Valsassina, con la chiusura di tutti gli sbocchi delle vallate minori che scendevano verso il lago; il secondo, invece, corrispose agli scontri avvenuti presso la Capanna Stoppani, a Campo de’ Boi e al Pizzo d’Erna tra il 18 e il 20 ottobre. Dopo aver respinto i primi attacchi tedeschi tra il 16 e il 17 ottobre, la trentina di uomini asserragliati in Erna furono avvertiti da alcuni giovani saliti da Lecco delle intenzioni tedesche di organizzare “una battuta in grande stile ed in pieno assetto di guerra”. Nel pomeriggio del 18 ottobre 1943 le SS tedesche iniziarono a salire contemporaneamente da tutti e quattro i versanti della montagna. Nella marcia d’avvicinamento al Pizzo, i partigiani del rione di Bonacina furono catturati dai tedeschi e costretti a portare le loro munizioni; lungo il percorso che dalla frazione di Costa conduce ai Piani d’Erna, oltre a requisire bestiame e vestiario, vennero incendiate tutte le baite e i fienili situati lungo il sentiero. Le poche decine di partigiani rimasti ai Piani d’Erna, non avendo i mezzi adatti per rispondere all’offensiva tedesca, capirono di essere stati accerchiati dal nemico e la fuga sembrò ormai essere compromessa, visto che tutti i versanti del monte erano sbarrati; in montagna restarono quindi soltanto alcuni prigionieri francesi, slavi e russi, che si trovarono ad affrontare le truppe tedesche. Arrivate ai piani d’Erna, le SS si accanirono contro baite e cascine, distruggendo a colpi di bombe a mano e mitraglia gran parte dei fienili che nascondevano viveri e armi, danneggiando seriamente anche la piccola chiesetta e la statua della Madonna al suo interno. Il violento scontro terminò con la distruzione pressoché totale delle baite e di tutti i punti d’appoggio usati dalle prime formazioni partigiane. Il bilancio fu tragico: i partigiani superstiti, dopo il rastrellamento, si sposteranno a Santa Brigida (in Valle Brembana).

La mia storia finisce, come al solito, dall'amico Berizzi del rifugio Grande Faggio: tagliatelle fatte in casa con ragù di salame, cacciatorino, birra grande e caffè! EWWIWA la Resistenza: la mia di andare tutte le domeniche lì!

lunedì 18 luglio 2022

 Galdi - 17 luglio 2022

Per la collaudata serie evito il puttanaio di gente, rimango in valle e vado sulle creste del Resegone, esattamente alla Forcella dei Solitari, un bellissimo e panoramico traverso che merita tutto il suo nome. Lascio la macchina, al solito posto, con due ruote in Fuipiano Imagna e le altre due in Brumano e mi avvio…a piedi! Incontro Enzo, un vecchio amico interista (mi dispiace per lui!). “Vai sul Resegone?”. “No” Arrivo ai Solitari”. “Ah! Solo fin li?”. Porca puzzola! Solo! Ha detto solo! Passo per il rifugio Resegone del Cai Valle Imagna m1265 e dalla bella Santella inaugurata l'anno scorso, dono degli Amici della Combricola. Subito una paletta mi fa deviare ed entrare nel bosco: inizia una bella salita, di quelle da bere in un colpo solo, fortunatamente al fresco e con un buon rifolo di vento. Bosco! Bosco! Solo bosco che però offre interessanti colpi d’occhio sulla sottostante amata Valle Imagna! Finalmente arrivo sui pratoni alti, dove piccoli pinnacoli di calcare e una bella fioritura di finocchio selvatico mi avvisano di essere quasi arrivato. E, infatti…eccomi al Passo o alla Forcella m1667 dove emergono i Solitari (tre!): solo le punte poiché le pareti restano nel versante lecchese. Giornata strana, abbastanza panoramica ma non per le foto e, sinceramente, mi scoraggio un poco. Tre gruppi di persone arrivano alla Forcella: due hanno sbagliato sentiero. Continuano per il Sentiero delle Creste: meta il rifugio Azzoni. Scendo per lo stesso sentiero perché il buon Berizzi mi ha invitato al rifugio del Grande Faggio a mangiare…ma non riesco a capire una cosa! M’invita e poi mi…fa pagare il conto! Mah! I Valdimagnini! Dimenticavo: polenta e coniglio, polenta e formaggi stagionati, vino, caffè.