Quella che ti voglio raccontare…
è una bella storia…stai ad ascoltare!
La figlia di un ricco possidente di Branzi era innamorata di un pastore della Valle Taleggio, dal quale era teneramente ricambiata. Il loro amore era però risolutamente ostacolato dalla famiglia della ragazza che avrebbe preferito per lei un partito migliore di quanto non costituisse quel modesto pastore, costretto ogni anno ad andare in cerca di lavoro, accudendo a pecore e capre che si faceva affidare da allevatori della zona per portarle a pascolare sulle montagne dell’alta Valle Brembana. La ragazza era stata da qualche tempo promessa dal padre a un proprietario di fucine della Val Fondra, piuttosto attempato e per nulla piacente, ma assai ricco e influente nella vita politica ed economica della zona. Nemmeno le lacrime più strazianti e le suppliche più insistenti riuscirono a sortire un qualche effetto, e così l’infelice ragazza, dopo aver inutilmente dato fondo a tutte le sue risorse di convincimento, dovette prendere atto, con il più grande sconforto, che il suo destino era segnato e la condannava a passare il resto della sua vita accanto ad un uomo che non amava e non avrebbe mai amato. Mentre si avvicinava il giorno delle nozze, fissate in tutta fretta, l’infelice ragazza trascinava stancamente le sue giornate, monotone e senza speranza, tutta sola, chiusa nella sua camera, con le mani abbandonate in grembo e gli occhi persi nello spazio indefinito, sospirando l’amore impossibile per il suo bel pastorello. Costui, nel frattempo, si trovava sui monti col suo gregge ed era ben consapevole del progetto che riguardavano la sua amata, dal quale era stato drasticamente escluso con la perentoria minaccia di non farsi più vedere dalle parti di Branzi.
Ma la ragazza non si rassegnava a perdere il suo amore: così cominciò a non mangiare più e a dar segni di squilibrio mentale, al punto da sembrare uscita di senno. Il padre ricorse a ogni mezzo per riportare la figlia in buona salute, interpellò tutti i medici della valle e scese fino a Bergamo per consultarsi con i luminari di allora, ma non ottenne nessun risultato. Finalmente un giorno si presentò nella casa della fanciulla un medico che all’apparenza non dava particolari garanzie di professionalità, poiché oltre che assai giovane era anche vestito in modo piuttosto dimesso e si esprimeva con un linguaggio non proprio all’altezza di un uomo di scienza. Ma pur di salvare la figlia, il padre accettò anche le prescrizioni di quel mediconzolo che, per la verità, si mostrava assai sollecito e puntuale nel recarsi tutti i giorni a visitare la giovane paziente. Nell’incredulità generale, la ragazza cominciò come per incanto a migliorare: tornò a sorridere e a parlare, riprese a mangiare con gusto e in fretta le sue gote ridivennero rosee: sembrava di nuovo innamorata della vita. Ormai anche voi, distratti lettori, avrete intuito la vera identità di quell’improbabile medico e vi sarete fatti un’idea della natura delle cure cui era sottoposta la ragazza. Egli altri non era se non il pastore che, approfittando dell’equivoco sulla sua identità, non passava giorno che non s’incontrasse con la sua bella per trascorrere con lei momenti meravigliosi, coperti dalla scusa della riservatezza di una visita medica. Ma ovviamente il gioco non poteva protrarsi troppo a lungo e se i due innamorati fossero stati scoperti, avrebbero pagato caro quell’inganno. D’altronde essi non erano per nulla disposti a lasciare che le cose tornassero come prima: così decisero di scappare per cercare di coronare il loro sogno d’amore lontano dalla valle.
Una notte, dopo aver preparato un fagotto con poche cose, lasciarono di nascosto il paese e, per evitare il rischio di essere scoperti, preferirono non scendere verso il fondovalle, ma scelsero di seguire la strada più difficile delle montagne, che il pastore conosceva bene perché vi portava le sue bestie al pascolo. Di buona lena salirono lungo il sentiero della Val Borleggia e arrivarono al Piano delle Casere ma, quando si fermarono per riposare un attimo, udirono il suono delle campane a martello proveniente dal campanile di Branzi: la loro fuga era stata scoperta e in paese si stavano organizzando per venire a riprenderli. Più disperati che mai, ripresero il cammino quasi di corsa ma, raggiunte le pendici del monte Farno, la ragazza, nel superare un tratto piuttosto impervio, mise un piede in fallo e scivolò. Nella caduta batté la testa contro un sasso e rimase a terra svenuta. Il pastore, dopo aver cercato inutilmente di farla rinvenire, udendo in lontananza i rumori delle persone mandate alla loro ricerca, prese la ragazza tra le braccia e si mise a correre su per la montagna, incurante dei pericoli. Per il buio fitto il sentiero era quasi invisibile e così a un certo punto, ormai allo stremo delle forze, il pastorello perse l’orientamento e si trovò a procedere in un luogo scosceso e impraticabile. Qualche passo incerto e una scivolata sui sassi di un ghiaione e i due poveri innamorati precipitarono, stretti in un abbraccio estremo e disperato, fino al fondo di un precipizio. Nel luogo dove caddero i loro miseri corpi, si aprirono due conche circolari dalle quali cominciarono a sgorgare due limpide polle d’acqua che, zampillando senza sosta, formarono due laghetti quasi della stessa forma e dimensione: i laghi Gemelli. Oggi si potrebbe affermare che i laghetti dei due innamorati si sono fusi in uno solo, a coronare per sempre il loro sogno d’amore…
Luglio 2022. Le scarse nevicate dell’inverno e la grande siccità della primavera, tuttora presente, hanno "portato all’occhio" la forma originale dei Laghi Gemelli m1953 (foto di centro); quella forma che era stata cancella dalla costruzione della grande diga nel 1932. Un passaggio di terra permette di transitare da una parte all’altra, con la sensazione di…camminare sulle acqua! Fanno da compagnia l’aspetto lunare del lago Marcio m1841 (prime foto) e il grande canyon del lago delle Casere m1841 (ultime foto).
Nessun commento:
Posta un commento