lunedì 27 marzo 2017

UOEI - Bergamo
26 marzo 2017
Il Sasso di Preguda, sul Monte Moregallo, è una meta che non può mancare tra le varie escursioni sulle montagne di Lecco.
Più di uno i motivi per decidere di intraprendere il sentiero che da Valmadrera ci ha portato a destino: ricchezze naturalistiche, panorama mozzafiato che lascia sicuramente a bocca aperta e i massi erratici di granito che hanno ricordato il passato delle glaciazioni. 
Parcheggiato il "Marcello" in Piazza Rossé, abbiamo raggiunto l’imbocco del sentiero dove è presente una tabella informativa con i vari percorsi presenti in zona. In piccola parte abbiamo fatto il percorso delle “casote” (tipico esempio di architettura rurale utilizzata nel passato dai pastori, realizzate nella gran parte in muratura a secco; hanno avuto un ruolo fondamentale in passato, diventando un riparo certo per l’uomo e un rifugio sicuro per gli animali) e il percorso dei “caselli del latte” (costruiti accanto a sorgenti d’acqua o torrenti; la loro funzione era quella di mantenere al fresco il latte appena munto per poi essere portato a valle e lavorato).
La comoda mulattiera e il sentiero, senza strappi faticosi, risalgono, tra pianori terrazzati e radi boschetti, le piacevoli pendici del versante sud-orientale del Moregallo, per giungere, alternando tratti a cielo aperto e zone boschive di biancospini, querce, carpini, frassini, pungitopo, in circa un’ora al cosiddetto Sasso di Preguda (a 400 metri di altezza del lago e a 650 metri su quello del mare). Straordinario punto panoramico che si apre sull’azzurro del lago di Lecco incastonato tra le aspre pareti incombenti delle Grigne.
Il gigantesco masso erratico di granito, lungo circa 6 metri, largo 3 e alto 7 per un volume di oltre 100 metri cubi e con una forma vagamente piramidale, è detto “ghiandone” per il suo colore di fondo scuro sul quale risaltano dei cristalli bianchi di ortoclasio chiamati “ghiande”. Oggi sappiamo che per capire come sia giunto qui il Sasso e tutti gli altri massi erratici nella zona, dobbiamo riferirci alle glaciazioni avvenute nell’ultima era geologica, che iniziò circa 2 milioni di anni fa. In quel periodo il clima divenne freddo e nevoso e sulle Alpi della Valtellina si formarono imponenti ghiacciai dallo spessore di 1000/1500 metri, che invasero le valli dei fiumi Adda e Mera. Le due grosse lingue glaciali si riunirono in un’unica immensa colata e avanzarono fino ai due rami del lago di Como. Ritirandosi, lasciarono depositati sul fondo i materiali trascinati con sé nel loro lungo percorso (morene): dalle sottili argille a massi di tutte le dimensioni, in particolare graniti, “ghiandoni” e serpentini della Valmalenco e della Val Masino. Il granito, formatosi in un periodo compreso tra 42 e 29 milioni di anni fa, è una roccia “intrusiva” perché deriva dal magma che non ha raggiunto la crosta terrestre e che si è raffreddato lentamente a una certa profondità, venendo poi alla luce per effetto degli agenti atmosferici che ne hanno eroso la copertura.
Poco tempo dopo che Antonio Stoppani lo scoprì per la prima volta, sulla cima del Sasso di Preguda fu issata una croce di ferro che indicava una delle stazioni nelle processioni di penitenza che si svolgevano nei tre giorni delle “rogazioni”, con canti di litanie e preghiere per implorare da Dio i beni spirituali e la prosperità delle messi e dei frutti della terra. Proprio perché a quei tempi molti degli abitanti di Valmadrera erano agricoltori ed il sostentamento delle loro famiglie dipendeva dal buon andamento dei raccolti, la venerazione a Sant’Isidoro agricoltore si diffuse in maniera rapida.
Addossata al Sasso vi è la sua chiesetta e, al suo interno, l’abside è la stessa parete del Sasso, in cui è stata ricavata una nicchia che accoglie la statua del Santo. Negli anni 80’ nacque l’idea di realizzare a fianco un locale da utilizzare come punto di accoglienza e di riparo in caso di intemperie e grazie ai volontari, la chiesa apre e accoglie i visitatori ogni prima e terza domenica del mese, da Marzo a Novembre. 
Una targa in memoria dell’abate Stoppani (1824-1891) celebra l’impegno di questo instancabile naturalista che con tanta passione si dedicò allo studio del territorio lombardo, in un’epoca in cui la comprensione dei fenomeni geologici era ancora parecchio nebulosa. 
« [...] Sulle acute rocce
adagia appena appena il grave fianco,
siccome lasso pellegrin che dorma,
assiso allato a polverosa via,
pronto nuovo cammino, appena il sonno
gli avrà rifatta la perduta lena;
o com'aquila audace che un istante
raccolga il volo sull'aereo poggio,
bramosa di lanciarsi ove si annera
per soverchi seren, l'aere sottile,
coll'immota pupilla incontro al sole». 
A fianco della chiesetta una ben visibile palina indica la direzione per Forcellina/Sambrosera. Percorriamo così un piacevole sentiero che con moderati saliscendi segue le ondulazioni del versante meridionale di questa bella montagna: solo all’inizio un breve passaggio su roccette, attrezzato con catene, richiede un minimo di attenzione. In nostro aiuto la provvidenza di S. Sereno che ha aperto il cielo al sole e, grazie al contemporaneo passaggio di un nutrito gruppo di adolescenti, ci ha fatto rallentare notevolmente l'andatura togliendoci dalla testa "eventuali" segni di fretta.
Dopo aver salutato la “Madonna dei Monti” arriviamo alla Fonte di Sambrosera con altare votivo: un luogo di sosta obbligato, un vero e proprio punto di riferimento. Oramai ci siamo! Un bel bosco e un sentiero molto “radicato” ci accompagna alla bella località di San Tomaso, splendido balcone panoramico su Valmadrera, Lecco e le sue montagne. Sorge su un terrazzo naturale, il vecchio “pascolo dei caprari”, a 560 metri di altitudine.
Si può apprezzare un panorama vasto, piacevole e riposante che, partendo da sinistra, abbraccia la Grigna, il San Martino, il Due Mani, il Resegone, il lago di Garlate, il corso dell’Adda, i laghi di Annone e Pusiano e le colline della bassa Brianza.
Una delle caratteristiche più amate dai visitatori è la fioritura dei mandorli che circondano il prato retrostante la chiesa: un rosa tenue dipinge i suoi contorni. Peccato per i giorni precedenti...l'acqua li ha fatti un pò "sfiorire".

Dopo un giusto e meritato riposo e…pranzo, riprendiamo il nostro percorso che ci riporterà dal "Marcello"…ricordate!…lo abbiamo parcheggiato a Valmadrera. Transitiamo presso l’antica frazione di Mondonico e giunti alla cappellina della V.A.R.S., lasciando la sterrata, perchè il sentiero poco avanti è stato trasformato in un piccolo torrentello, e prendiamo la comune strada che ci riporta, in un tipico paesaggio collinare, alla nostra meta.
Al nostro posteggio la sfilata di Mezza Quaresima, davanti ai tavolini della merenda, è puntuale.
"320 4597___.
Pronto? Don Agostino?".
"Sii!".
"Ciao, Don! Siamo davanti alla Stalla di Don Guanella.
Ti aspettiamo per una breve visita e storia della struttura".
"Arrivoo! Sono in bici".
"Da corsa?.
"Si".
"Allora arrivi subito".
Grazie Don, sei stata la ciliegina sulla torta di questa bella (spero!) giornata.
Però...che buona la tua birra!!! 

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