giovedì 2 giugno 2016

10 MARZO - 2 GIUGNO 1946/2016
IL VOTO ALLE DONNE E LA REPUBBLICA ITALIANA
COMPIONO 70 ANNI.
PICCOLA RICOSTRUZIONE STORICA E SOCIALE DI QUEGLI ANNI.

La mattina del 10 marzo 1946 le donne italiane vestono l’abito nuovo dei giorni di festa e compiono una deviazione rispetto al tragitto quotidianamente percorso, lasciando la strada che porta al mercato, alla scuola dei figli o alla fabbrica, per avviarsi ai seggi.
Sporta sotto il braccio, si mettono in fila accanto agli uomini per apporre una X sulla scheda che chiama tutti i cittadini, senza più distinzione di sesso, a partecipare alla cosa pubblica esprimendo la propria opinione.
Le italiane votano così per la prima volta in occasione di quelle prime elezioni successive alla caduta del fascismo, le amministrative organizzate in 436 comuni.
Operaie e contadine, borghesi e proletarie, suore e impiegate, tutte accomunate da un’inedita emozione e da un ritrovato orgoglio (ma anche da un non indifferente spavento), vivono quella conquista come una “sperimentazione della propria autonomia”, secondo quanto scritto da Patrizia Gabrielli, docente di Storia di genere all’Università di Siena-Arezzo, nel suo appassionante libro “Il 1946, le donne, la Repubblica” (Donzelli editore, 2009).
Finalmente, dopo anni di battaglie e con grande ritardo rispetto ad altri Paesi europei, anche nel nostro Paese le donne possono esercitare il diritto di voto, sancito il 1° febbraio 1945 dal decreto legislativo luogotenenziale n. 23 (secondo governo Bonomi).
Quel giorno di marzo di settant’anni fa è però rilevante anche per un altro motivo: esattamente quel giorno, mentre si svolge quella prima, importante consultazione elettorale, viene promulgato il decreto legislativo luogotenenziale n. 74 (primo governo De Gasperi) attraverso il quale è riconosciuto alle donne il diritto ad essere elette presso l’Assemblea Costituente e dunque - più in generale - a ricoprire incarichi pubblici e istituzionali.
Ottantaquattro giorni dopo, il 2 giugno 1946, ventotto milioni di italiane e italiani sarebbero stati chiamati a scegliere - tramite referendum - fra Monarchia e Repubblica e ad eleggere i membri di quell’Assemblea Costituente chiamata a riscrivere una nuova architettura dello Stato appena uscito dal ventennio mussoliniano e dal secondo conflitto mondiale.
In questo contesto le potenze uscite vincitrici dalla guerra osservano con interesse la situazione italiana, ragion per cui anch’esse giocano un ruolo nella partita. Così mentre gli inglesi si mostrano favorevoli a confermare l’istituzione monarchica in chiave anticomunista, gli americani spingono affinché il popolo italiano sia libero artefice del proprio destino.
Anche il Paese è profondamente spaccato: al Nord la Repubblica è considerata l’unica soluzione, mentre al Sud la prospettiva di sganciarsi da casa Savoia è vista alla stregua di una minaccia.
Il referendum istituzionale del 2 giugno 1946 vede però una vittoria abbastanza netta (anche se non schiacciante) della forma repubblicana, con il 54,3% dei voti validi (contro il 45,7% ottenuti dalla corona sabauda) e circa due milioni di voti di scarto.
La fine della Monarchia regnante in Italia da 85 anni avviene in un clima di tensione tra accuse di brogli e polemiche sulla regolarità della votazione, motivate da questioni formali relative all’interpretazione del decreto che ne aveva fissato le regole. Polemiche in buona parte infondate e non basate su dati di fatto, pertanto incapaci di delegittimare e minacciare la neonata Repubblica. Se anche infatti si fosse provato (e non è mai stato provato) che quei due milioni di consensi di margine erano inesistenti o frutto di brogli, la Monarchia - identificatasi con la tradizione risorgimentale, dunque con la nazione stessa - non sarebbe potuta sopravvivere con il sostegno della sola metà del popolo italiano. La gran parte dei sostenitori di casa Savoia e lo stesso Umberto II (re per soli 35 giorni, prima di recarsi in esilio in Portogallo) si rendono ben presto conto di ciò e del prezzo che sono chiamati a pagare per le non lievi colpe di cui la casa regnante si era macchiata nel corso del regime fascista.
Oggi, settant’anni dopo, la festa del 2 giugno è forse la più popolare tra tutte le feste civili nazionali.
E se è vero che – come alcuni sostengono – la legittimazione al voto femminile (e dunque al pieno suffragio universale) arrivò di fatto non grazie al suffragismo italiano (moderato ed elitario, rispetto a quello inglese e francese; soltanto in un secondo momento, infatti, esso avrebbe assunto un carattere di massa), ma a un provvedimento voluto da due statisti del calibro di Alcide De Gasperi e Palmiro Togliatti, è altrettanto vero che le donne arrivarono alle urne con grande convinzione e ...nonostante tutto
Nonostante l’avversione della stampa, anche satirica, che non perdeva occasione per denigrare le suffragiste, descrivendole come cattive donne e servendosi di commenti tanto ironici, quanto maschilisti per descrivere l’aspetto fisico delle prime donne elette (all’Assemblea Costituente), tanto lontane dal canone femminile dell’epoca incarnato dalle curve di Gina Lollobrigida e Sophia Loren.
Nonostante la posizione della Chiesa, che vedeva ancora la donna quale “angelo del focolare”, benché in un discorso Pio XII volle alleggerire le anime delle cattoliche da ogni remora sulla liceità della loro partecipazione alla vita pubblica, avviandole a compiere – seppur con andatura incerta – i primi passi nella politica.
Nonostante lo scherno di numerose celebrità, come Vittorio De Sica e Vittorio Gassman, che vedevano nel voto femminile un “nemico della serenità domestica” (e non mancava chi – come l’attore Luigi Cimara – liquidava la questione in maniera paternalistica e sessista, affermando: “L’importante è che le donne continuino a fare quello che fanno, anche votando; sono tanto carine…”).
Eppure, per fortuna, non tutti assunsero simili prese di posizione: alle suffragiste e alle militanti dei partiti di massa, si aggiunsero le voci di giornali popolari come “Grazia” e “Gioia” (che esortavano le donne a far sentire la propria voce) e di donne “comuni”, incuriosite dalla possibilità di una vita esterna ed estranea a quella vissuta all’interno delle mura domestiche.
Citando la testimonianza di Marisa Ombra, partigiana piemontese:
“Per noi donne andare in guerra e imparare allo stesso tempo la politica è stata una sconvolgente scoperta. La scoperta che la vita era, poteva essere qualcosa che si svolgeva su orizzonti molto più vasti di quelli fino allora conosciuti. Che esisteva un’altra dimensione del mondo. E’ stato quindi un evento che ha modificato la nostra stessa idea di vita, è stato un prendere a pensare in grande”.
A Marisa e a tutte le altre donne della Resistenza;
alle donne che sono rimaste a casa per sostituirsi agli uomini in guerra e hanno cresciuto i propri figli, 
garantendo così un futuro all’Italia;
alle donne che si sono battute per diritti che oggi appaiono scontati, 
come indossare una minigonna o esprimersi attraverso l’esercizio del voto;
ad Adele Bei, Bianca Bianchi, Laura Bianchini, Elisabetta Conci, Maria De Unterrichter Jervolino, Filomena Delli Castelli, 
Maria Federici, Nadia Gallico Spano, Angela Gotelli, Angela Maria Guidi Cingolani, Leonilde Iotti, Teresa Mattei, Angelina Merlin, Angiola Minella, Rita Montagnana, Maria Nicotra Fiorini, Teresa Noce, Ottavia Penna, Elettra Pollastrini, 
Maria Maddalena Rossi e Vittoria Titomanlio, ovvero
alle ventuno deputate dell’Assemblea Costituente che il 25 giugno 1946 fecero risuonare per la prima volta il suono di tacchi femminili nell’aula di Montecitorio;
alle donne promotrici di associazioni come l’Unione Femminile Italiana, che contribuì a rendere la politica un argomento di cui potessero discutere tutte;
a tutte le donne che oggi, a distanza di settant’anni, s’impegnano perché ogni campo della sfera pubblica, dalle professioni alla politica, non sia di esclusivo appannaggio maschile
dedico questa giornata e l’anniversario (il 70°) che essa contempla.

Vorrei ringraziare Danilo per i suggerimenti e le opportune correzioni grammaticali e storiche.                            

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