martedì 23 marzo 2021

 GALDI - 22 marzo 2021

Zona rossa…si parte da casa, sai che novità! Mi dirigo verso il caseggiato di Brustoseta, in dialetto Brustolida, in memoria dell’incendio che divampò al tempo della lotta tra Guelfi e Ghibellini. Sono fortunato: la Kate mi offre il caffè! Continuo verso la Centrale Idroelettrica: il bacino raccoglieva l’acqua che, grazie ad una galleria scavata nella roccia, giungeva dalle sorgenti di Brumano e, tramite un tubo ancor oggi visibile, scendeva alla centrale. Punto di arrivo: Valsecca, una conca riccamente coperta da boschi e prati il cui manto verde è rotto da severe e bizzarre rupi dove spiccano gli sparsi casolari che individuano le numerose contrade. Malgrado il suo toponimo è ricca di ruscelli e sorgenti. E’ sempre stato un paese di emigrazione, dove gli abitanti si muovevano per vendere oggetti di legno, il panno di lana detto ”Valdemagnum”, utensili per il lavoro dei campi e dei boschi che erano prodotti con “torni a pedale” nelle otto officine sorte lungo il corso del “Petola”. Nel suo cuore c’è la chiesina del S. Crocefisso che custodisce la statua di Cristo in croce, scolpito il legno di tiglio, attorniata da tre angioletti e racchiuso in una nicchia dorata. Certamente la chiesetta esisteva nel 1737 ma potrebbe essere molto più antica: Valsecca è parrocchia dal 1462/63. La tradizione racconta che Bortolo Belli, mercante di Valsecca, portandolo a spalle, lo abbia donato alla parrocchia dopo la metà del 1700. E’ ritenuto opera di Fra Giovanni da Reggio che lo ha lavorato nella zona del Lago di Como e di Varese negli anni 1630/1660. Tanta è la devozione che lo circonda non solo del paese ma dell’intera valle. Ogni cinque anni si celebra una solenne festa e, tradizione vuole, che durante la processione…piova! Antiche mulattiere, un tempo unico collegamento delle piccole contrade, si snodano nel paese; caratteristici e numerosi sono i sentieri ben delimitati da lunghissimi filari di noccioli e da muri a secco; qua e la troviamo anche imponenti faggi che non possono non catturare la nostra attenzione. In alcune contrade possiamo scorgere ballatoi ancora in legno, tetti in piode e numerose santelle (edicole votive): sono ben ventisette, gran parte delle quali risalenti all’800; molti gli affreschi sulle pareti delle case o in piccole nicchie di alcune stalle. Per il rientro scendo verso la contrada di Cà Prospero dove, dopo aver attraversato il vecchio ma ancora robusto ponte romano, consente di scegliere tra molti nuovi possibili itinerari. Mi dirigo verso Cà Dani, o Casa dei Nidi, un tempo meta dei viaggi di numerosi uccelli migratori. Attraverso pratoni, il vecchio sentiero non esiste più, rientro nei miei possedimenti. Anche oggi un bel pieno di vitamina D e il percorrere un paio di sentieri mai calpestati!
































Nessun commento:

Posta un commento