sabato 17 giugno 2023

 L'Edo & il Galdi
semper 'n gir
16 giugno 2023

“…si riempì i polmoni del profumo di erba e muschio, legna e sole e terra. Profumo di libertà”.

“…mangiarono pane e formaggio, assaporando il pane cotto a legna e il formaggio che sapeva di fieno,
in perfetta sintonia con i profumi dell’erba e del bosco che li circondavano”.

La camminata unisce la bellezza della natura della Val di Scalve al ricordo dell’immane tragedia conseguente al crollo della diga. Partiamo, noi poveri pellegrini, dal parcheggio “gratta&sosta” poco prima della parrocchiale e attraversiamo il centro storico di Vilminore m1019 fin dietro la chiesa. Qui imbocchiamo il Sentiero delle Cappellette, contraddistinto dalle piccole cappelle raffiguranti le stazioni della via Crucis. Vennero edificate negli anni 1892/93. La quinta stazione era denominata Cappella della Sosta, ovvero il punto dove chi risaliva il sentiero portando carichi pesanti si concedeva una pausa. La seconda edicola era invece la Cappella delle Scarpa: al suo interno venivano collocate le calzature usurate o infangate per essere sostituite con altre più consone all’ingresso del paese. Le sculture lignee policrone collocate all’interno delle cappellette vennero scolpite nel 1893 nelle botteghe artigiane salesiane di Torino. I bassorilievo vennero sostituiti nel 1950 dagli attuali perché gravemente deteriorati. L’interno di ciascuna edicola, fino all’epoca, appariva affrescato. La chiesetta del Santo Sepolcro venne edificata nei primi anni del XX secolo. All’interno la scultura in legno policromo raffigurante la Deposizione. Raggiunto il sepolcro, si deve percorrere un tratto di strada asfaltata dove, al Ponte di Meto m1174, vi è l’inizio del sentiero che porta a Pianezza m1267. l nostro percorso continua in prossimità della fontana nella piazzetta. Dopo aver attraversato dei prati (Sentiero degli Scalini) e costeggiato alcune baite, imbocchiamo in località Fonc m1345, una mulattiera che penetra nella valle dominata dai monti Tre Confini, Gleno e Tornello. Successivamente il sentiero prosegue nel bosco, costeggiando il tubo della condotta forzata fino a raggiungere la località Pagarulì m1507 dove arrivava la teleferica per il trasporto dei vari materiali da costruzione. I materiali venivano caricati poi su appositi carrelli e trasportati lungo un binario fino al cantiere. A questo punto il sentiero si fa più pianeggiante: dopo una prima parte nel bosco arriviamo ad uno spettacolare tratto scavato nella roccia a strapiombo sulla valle con una vista mozzafiato. In località Cuiulù fu realizzata una passerella per consentire agli uomini e ai materiali il superamento della gola rocciosa. Proseguiamo per questo aereo camminamento e raggiungiamo, passando per il vecchio Villaggio degli Operai, in breve i tetri ruderi della diga del Gleno m1534 e il laghetto retrostante. Dopo una meritata pausa con strinù e birra artigianale, facciamo il periplo del laghetto e riprendiamo le orme che, dopo 100 anni, abbiamo anche noi lascito sul sentiero dell’andata. Un adorabile farfallina. Innamorata del sottoscritto, si accoccola su di me non volendo più lasciarmi: sensazione bellissima!!

La Diga deve il suo nome alla vicinanza del Monte Gleno, che con i suoi m2882 rappresenta una delle principali cime della zona. La diga fu voluta per sfruttare appieno l’energia prodotta dall’acqua. I maggiori interessati furono i Viganò, proprietari di importanti cotonifici ed interessati a ottenere il massimo da questa nuova impresa. Fu realizzata una diga ad archi multipli, all’epoca considerata una delle più moderne innovazioni ingegneristiche. Il bacino alimentava una prima centrale 400 metri più a valle e questa a sua volta consentiva il funzionamento di una seconda centrale. Nei mesi precedenti il crollo vennero ripetutamente segnalate perdite d’acqua alla base e nella muratura in calce dello sbarramento.

Alle ore 7.15 del 1 dicembre 1923, la diga del Gleno crollò. Sei milioni di metri cubi di acqua invasero la valle sottostante, colpendo per primo l’abitato di Bueggio per poi proseguire e distruggere buona parte del paese di Dezzo. L’acqua raggiunse in seguito Angolo e Darfo, in Valle Camonica, per finire la sua corsa nel Lago di Iseo. Si stima che nel disastro del Gleno persero la vita circa 500 persone.







































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