venerdì 5 luglio 2024

 Galdino
Segui la tua vita e non arrenderti. Rischieresti di farlo un’ora prima del miracolo.
Per Tina non c’era nulla di strano in quelle chiacchiere. Era convinta che ci fosse un legame tra i vivi e i morti, così come tra uomini e animali e tra animali e piante, e torrenti e rocce e nuvole. Per lei ogni piccolo particolare del Creato, così come lo chiamavano i preti, aveva uno spirito, un’anima. “Io non ho paura. Qui invece ce l’hanno tutti. Hanno paura del vento, della pioggia, della neve. Hanno paura degli animali, della foresta, delle anime delle persone morte. Hanno paura degli spiriti della terra e dell’aria. Paura di ciò che vedono intorno a loro e di ciò che non vedono, come le cose che sono descritte nei racconti e nelle leggende. Io ho solo paura di loro, della gente”Tratto da IL SENTIERO SELVATICO di Matteo Righetto - 2024 - Feltrinelli Editore. 

Il classico giro da Oneta a Cornello dei Tasso lungo un bel pezzo della “Via dei Mercanti”. Arrivo da …fondo valle …ad Oneta e, subito, vado a trovare il mio amico Arlecchino ma …non lo trovo in casa!. Quella che, dall’Ottocento a oggi, è detta Casa di Arlecchino fu un tempo dimora dei nobili Grataroli, che nel XV secolo si trasferirono da Oneta a Venezia. La loro fortunata ascesa è legata alle alterne vicissitudini degli Zanni, i servitori bergamaschi che allora affollavano la città lagunare e, con i loro modi, un po’ semplici e goffi, ma non privi di arguzia, diedero pretesto ai motivi caricaturali ripresi nei canovacci della commedia dell’arte. Eh no, Arlecchino non è un personaggio nato dal carnevale!. La casa, oggi museo, ha una sua architettura in solida pietra a vista, addolcita da portici, balconate e finestre archiacute. E’ presente un affresco raffigurante l’Homo Selvadego, una figura molto affascinante su tutto l’arco alpino. Si staglia a baluardo dell’antica “Via Mercatorum” lungo la quale, prima che nel 1592 fosse aperto a fondovalle il più agevole tracciato della “Priula”, transitavano e facevano, tappa i mercanti, che da Bergamo e dalla pianura risalivano le valli, diretti verso la Valtellina, la Svizzera e l’Europa settentrionale. Qui mi perdo nelle stradine ad ammirare le case e gli affreschi. Fa parte dei Borghi più belli d’Italia e non appena ci metterete piede capirete il perché! In particolare, sulle pareti dell’austero porticato della Chiesetta della Madonna del Carmine, trovo un San Giovanni Battista e un grande San Cristoforo protettore dei viandanti. L’opera è parzialmente andata perduta ma la dimensione del Santo e il bastone mi fanno subito riconoscere di chi si tratta. Mi lascio guidare dal vecchio ciottolato: lungo il percorso incontro, dopo un ponticello, l’Oratorio di Sant’Anna, una piccola chiesa in mezzo al bosco. Sopra la copertura del portico spicca un affresco quattrocentesco raffigurante in prospettiva l’Annunciazione dell’Angelo a Maria. Una fresca e bella sorgente d’acqua mi accoglie e, come d’incanto, mi trovo all’antico palazzo Tasso, eretto su uno sperone di roccia con evidente funzione di guardia verso la valle. La costruzione rissale all’epoca feudale e di questo edificio fortificato rimangono oggi solo le fondamenta, parte delle mura di sostegno e un arco che conferisce dignità alle rovine. Cornello è un borgo di origine medioevale che ha legato il suo nome all’antica famiglia dei Tasso, nota in tutto il mondo soprattutto per il poeta Torquato. Il borgo fu un importante centro di scambi commerciali. Vado al pezzo forte della giornata: la chiesa dei Santi Cornelio e Cipriano, che sorge nel punto più alto del borgo e lo sovrasta con il suo campanile pendente. Gli affreschi della Chiesa di Cornello, oltre alla storia del borgo, raccontano una storia più ampia strettamente legata a quella artistica e sociale della Valle Brembana. Come la presenza della raffigurazione di numerosi Santi e delle scene della vita di Cristo, che illustrano un modello di comportamento che la gente che abitava il borgo e la valle, poteva prendere ad esempio e seguire o la presenza di figure strettamente connesse al territorio, come il bell’affresco del miracolo di Sant’Eligio, il protettore dei maniscalchi, figura ben conosciuta nel borgo e in tutti quei paesi raggiungibili a cavallo. E’ in stile romanico del XII secolo. L’esterno è molto semplice, anche se il campanile, leggermente pendente, è dotato, in alto, di quattro stupende bifore. L’interno a navata unica, invece, è ricco di affreschi del XV-XVI secolo. E’ assodato che la chiesa fu creata dalla famiglia Tasso. Ciò si può dedurre da numerosi elementi, tra i quali la presenza dello stemma araldico (corno postale e tasso) posto sulla cornice della pala d’altare raffigurante la Crocifissione, datata 1635, e di due affreschi dedicati a Santa Caterina D’Alessandria (patrona dei corrieri postali). Le pareti interne sono ricoperte da un ciclo di affreschi di pregevole fattura, realizzato tra il tardo Quattrocento e i primi anni del Cinquecento. Particolarmente interessante l'affresco presbiteriale, che raffigura Madonna in trono e santi. Di buona fattura sono le figure di San Giorgio, con il suo nemico drago, di San Vincenzo Ferreri, di Santo Stefano e di Santa Agata; pregevole un'Adorazione dei Magi. Notevole, come già accennato, l'affresco del Miracolo di Sant'Eligio, patrono dei maniscalchi, dove la scena descritta trasmette la raffigurazione di ambienti, costumi e attrezzi da lavoro dell'epoca. Non mi resta che trovare altri pezzi storici del posto …i casoncelli!


































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