mercoledì 11 novembre 2015

3.DONNE NELLA RESISTENZA:
donne che hanno "fatto" l'Italia.
NOTTURNO DALL'ITALIA - GIUNI RUSSO

Una Resistenza difficile e semplice al tempo stesso, fatta di nomi e soprannomi, e scontri anche con la popolazione: bastava, infatti, far terra bruciata intorno ai partigiani per metterli in ginocchio, creando così fratture anche con i contadini, che vedevano distrutti i granai e i fienili. Per questo i preti, quasi tutti dichiaratamente schierati a favore dei partigiani, spesso furono utilizzati negli accordi con i tedeschi, come mediatori, perché in cambio di una tregua non fossero sospesi i rifornimenti che dalla valle venivano portati, durante l’inverno, fin sugli alpeggi. La popolazione però fu generalmente solidale con i combattenti, e vide nella donna una risorsa importante: dalle tante “fidanzate”, tacciate anche di essere “cattive ragazze”, che rischiarono la vita per avvertire i loro amanti, alle mamme invocate, in punto di morte, da dei ragazzini fucilati in nome di una grande causa e di cui oggi rimane solo qualche lapide. 


Un esempio tra tantissimi: Piera Vitali, conosciuta come la “Biondina della Val Taleggio”. Finita la guerra viene riconosciuta dal governo come ex patriota combattente. E gli americani la ringraziano: “Nel nome dei governi e dei popoli delle Nazioni Unite ringraziamo Vitali Pierina di avere combattuto il nemico sui campi di battaglia, militando nei ranghi dei patrioti tra quegli uomini che hanno portato le armi per il trionfo della libertà».
Firmato: Harold Alexander, Feldmaresciallo comandante in capo delle truppe alleate nel Mediterraneo.
Oggi Piera è rimasta l’ultima partigiana bergamasca. L’ultima a poter ancora raccontare dal punto di vista femminile quei giorni di lotta, dolore e libertà.



Brani tratti da “Partigiane. Le donne della Resistenza” di Marina Addis Saba.

“Nella Resistenza la donna fu presente ovunque: sul campo di battaglia come sul luogo di lavoro, nel chiuso della prigione come nella piazza o nell'intimità della casa. Non vi fu attività, lotta, organizzazione, collaborazione alla quale ella non partecipasse: come una spola in continuo movimento costruiva e teneva insieme, muovendo instancabile, il tessuto sotterraneo della guerra partigiana”.

“Senza il concorso spontaneo e generoso delle donne, la Resistenza non ci sarebbe stata in Italia, o sarebbe stata un fenomeno minore, trascurabile”.



 Le donne rompono un atteggiamento secolare di passività, respingono il loro "non sapere" e, attraverso l'esperienza del vissuto, sono contro la guerra e contro il fascismo che ha portato la guerra; partecipano alla lotta di liberazione in mille modi, esercitando quasi sempre il loro specifico ruolo di donne, ma costituendo non un appoggio assistenziale alla Resistenza, ma la sua spina dorsale, la sua insostituibile rete di supporto. 

"Le donne, nella Resistenza, sono ovunque. Ricoprono tutti i ruoli. Sono staffette, portaordini, infermiere, dottoresse, vivandiere, sarte. Diffondono la stampa clandestina. Trasportano cartucce ed esplosivi nella borsa della spesa. Sono le animatrici degli scioperi nelle fabbriche. Hanno cura dei morti: compongono i loro poveri corpi, spesso martoriati, e li prepararono alla sepoltura. Un certo numero di donne imbraccia anche le armi e in gran parte conoscono la tortura. Già l'8 settembre 1943, all'inizio del movimento di resistenza, sono decine le donne che assistono i soldati italiani che combattono i nazisti e molte di esse perdono la vita. Poi, per venti mesi, la presenza delle donne in ogni scontro, durante ogni protesta, sarà costante. Ma il periodo in cui più efficace è l'azione delle donne è l'inverno del 1944-45, dopo l'inatteso e sconcertante appello del generale Alexander alla smobilitazione.
L'inverno è durissimo, la neve in montagna raggiunge anche i due metri. Il cibo è scarso, anche per i civili. Il cattivo tempo riduce a zero i lanci degli Alleati. E, per finire, le puntate aggressive dei nazi-fascisti sono continue, insidiose, devastanti.
Senza l'aiuto delle donne il fronte partigiano sarebbe sicuramente crollato”.



“Le azioni delle donne durante la guerra di liberazione sono state, secondo l'abitudine e più ancora, del tutto sottovalutate, sia quelle necessarie a mandare avanti la famiglia, diventate molto più faticose e persino rischiose date le circostanze, sia quelle che erano propriamente Resistenza, ma che, inserite nella vita quotidiana che la maggior parte continuava necessariamente a condurre, non avevano rilevanza di atti di lotta: e neanche le donne le sentivano talvolta come tali.
Procurare cibo e vestiti per i partigiani, confezionarli e portarli loro percorrendo chilometri per raggiungere le postazioni o i punti convenuti, procurarsi medicine e consigli medici, quindi avere contatto con dottori, farmacisti, infermieri, trovare rifugi sicuri nelle case, in campagna, nei conventi, negli istituti religiosi, quindi avere contatto con parroci, preti, monache, madri, superiore, raccogliere denaro per aiutare altre donne rimaste sole e con famiglia a carico e per le necessità dei partigiani dentro e fuori delle città, e quindi avere contatto con industriali, commercianti, persone ritenute abbienti, perché s’impegnassero a prestare aiuto economico ai combattenti che in cambio offrivano protezione per le fabbriche e le attività, i depositi, i magazzini, le merci, tutto ciò mentre la furia tedesco-fascista insanguinava le vie delle città e le campagne: queste sono alcune delle mille iniziative delicate e importanti che le donne portarono avanti in quei due anni, mescolandole alle loro faccende quotidiane.
Non si mettevano in divisa, neanche le ragazze esibivano fazzoletti rossi o azzurri, ne imbracciavano il fucile o il mitra: uscivano con i loro abiti migliori per conservare e anzi accentuare la loro apparenza normale, femminile, forse si mettevano il cappellino e prendevano la borsetta e uscivano poi per azioni che erano in realtà rischiose e necessarie”.

Le donne che con la loro vita produssero cambiamenti e portarono in avanti, più o meno consapevoli, il fronte delle donne.
E infatti si conquistò anzitutto con il voto il diritto di cittadinanza, ebbe fine la distinzione pubblico-privato, con l'universo femminile relegato per lo più nella casa e addetto ai servizi di cura nella separazione rigida dei ruoli dei due sessi; fu, almeno sulla carta, affermata l'eguaglianza nei diritti nel lavoro e nella famiglia con la Costituzione della nostra Repubblica che è il frutto più maturo della Resistenza”.

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