venerdì 12 agosto 2022

 GALDI - 11 agosto 2022

Anticamente, la valle era percorsa dalla via Mercatorum, nel suo tratto più faticoso e impervio, prima dello scollinamento in Valtellina. Ai tempi della Serenissima, la via era un’arteria determinante per raggiungere il cuore dell’Europa senza transitare dai territori del Ducato di Milano (che imponeva dazi onerosi). Averara, per alcuni secoli ha rappresentato il cuore pulsante dell’alta valle Brembana essendo l’ultimo cruciale avamposto della via Mercatorum prima di entrare nei Grigioni (che in quei tempi comprendevano la Valtellina) e conserva ancora numerose testimonianze del suo prestigioso passato. Da Averara risaliamo in auto la Val Mora per un paio di chilometri seguendo le indicazioni per Valmoresca. Poco prima della contrada, termine del percorso di ritorno, in corrispondenza del bivio per Caprile inferiore m840, posteggio l’auto in prossimità del fiume ove c’è un ampio slargo m795. Con pochi passi raggiungo il minuscolo borgo, un pugno di case molto raccolte che fungeva da postazione militare di confine. Qui inizia il sentiero che seguo in direzione di Cà San Marco. Risaliamo la Val Mora o Moresca, sulla destra orografica, percorrendo una strada che, in molti tratti, affianca il tracciato originale della via Mercatorum. Lassù, davanti a me, vigila e guida il cammino la severa mole rocciosa del monte Mincucco m1832. Raggiungo la località Lòsc m933, antico nucleo rurale, presso cui la strada termina. Il sole in Val Mora entra piuttosto tardi, pertanto l’aria è assai fresca e ristoratrice. Mi accompagna lo scroscio del torrente che nella sua discesa verso valle compie alcuni bei salti d’acqua. Il bosco è costituito da una provvidenziale varietà di conifere d’alto fusto, mentre tra le latifoglie il faggio regna sovrano. Il sedime della via Mercatorum per molti tratti è ancora ottimamente conservato. Senza troppa fatica (!) raggiungo i m1250 del Ponte dell’acqua, manufatto che agevola l’attraversamento del torrente. La via Mercatorum ora risale il ripido (!) pendio con stretti tornanti in cui si possono apprezzare i muretti di contenimento ancora di pregevole fattura. Eccomi nei pressi della casa dei guardiani m1500 della diga di Alta Mora. Il possente muraglione di cemento della diga mi incute un certo timore costretto a transitare ai suoi piedi. Con grande sorpresa noto che il sentiero, sempre ben segnalato, conduce all’interno di un tunnel che attraversa il cuore della diga e mi guida sull’altro lato della valle, dove, con un paio di tornanti, guadagno la sommità dello sbarramento. L’invaso artificiale di Alta Mora costruito negli anni 1950 (sulle carte topografiche viene indicato come lago di Valmora), è uno dei pochi laghi orobici che in questo periodo siccitoso non mostra segni di sofferenza e regala piacevoli scorci. Dinnanzi a me si apre grandiosa la conca pascoliva della alta Val Mora, culla della Cà San Marco. A fianco del lago corre una strada sterrata che lambisce alcune malghe in questo periodo utilizzate dalle mandrie in alpeggio. La via Mercatorum risale le pendici orientali del monte Colombarolo in direzione del passo del Verrobbio, mentre io mi mantengo sul sentiero che, seguendo la strada sterrata, con un ampio e lungo semicerchio, guadagna i m1759 della casera di Ancogno, in corrispondenza del tornante 10 della strada provinciale del passo San Marco. Siamo anche all’intersezione con l’antica via Priula, costruita alla fine del 1500 dal podestà di Bergamo Alvise Priuli, la strada che soppiantò la via Mercatorum grazie a un percorso più agevole e a una carreggiata più larga. Dalla casera Ancogno il mio obiettivo diviene ora il rifugio Alpe Cantedoldo. Consiglio di seguire i segni tracciati ma, soprattutto,…i tralicci: molto più facile! Mantenendomi lungo il crinale la traccia, uno splendido balcone panoramico sulle Orobie brembane, degrada dolcemente attraverso i pascoli del dosso Gambetta. Scendendo leggermente, raggiungo le due malghe m1600 in un ambiente bucolico. Sono passato a fine luglio e mi ricordo il buon formaggio comparato dalla Rita. Allungo il passo! Alle baite seguo le indicazioni per l’Alpe Cantedoldo. In un’alternanza di brevi discese nel bosco e traversi nei prati si tocca lo Stallone, una grande stalla bianca capace di ospitare numerosi capi di bestiame razza bruna alpina. Eccomi al rifugio Alpe Cantedoldo m1501. Il contesto ambientale è particolarmente suggestivo: un pianoro erboso ai margini del bosco accoglie il rifugio. Facile immaginare la miriade di animali selvatici avvistabili quassù il mattino presto (non a caso Cantedoldo significa «canto del tordo») così come l’abbondanza di funghi nei periodi propizi. Inaugurato nel mese di giugno 2021, il Rifugio Alpe Cantedoldo è stato realizzato ristrutturando sapientemente la vecchia casera dell’alpeggio. La costruzione di legno (entrando si avverte gradevolissimo il profumo) ha inglobato parte dei muri di pietra della vecchia casera. Arrivo un po’ in ritardo ma la polenta c’è! Per tornare a valle, seguo il sentiero indicatomi da GianPaolo, l’amico rifugista, che, immerso nel bosco, ripercorre per alcuni tratti la strada agrosilvopastorale di accesso all’alpeggio. Senza troppe tribolazioni, passando per località Granelli m1250 (panchina panoramica e “targa” incisa nel legno), raggiungo altre contrade di pochissime case e, finalmente (alleluiaaaaaaa!) sono al posteggio. Sono le ore più calde della giornata e le mie gambe accusano la stanchezza. Che dire! Un bel giro ad anello, anche se un pò lungo, ben segnato, che ti mette alla prova superando in salita i mille metri di dislivello. Risalire oggi la Val Mora calpestando il medesimo selciato di un tempo, immersi in una natura selvaggia e silenziosa, è sorprendente e affascinante.


































Mi permetta... Mi consenta... Buon Ferragosto a tutti!

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