martedì 14 luglio 2015

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UNA TRAGICA PRIMAVERA A SCHILPARIO
VALLE DI SCALVE

Bisogna sapere che a Schilpario il sole se ne sta dietro le tre vette di Esendola, Epolo e Pizzo Camino per tre lunghi mesi dell’anno, praticamente per tutto l’inverno, e riappare solo con l’arrivo della primavera. Si racconta dunque che una domenica di chissà quanti anni fa sette ragazzi e sette ragazze di Schilpario, invece di recarsi in chiesa per le funzioni religiose e per il catechismo, pensarono bene di andare a fare una scampagnata nei boschi dei dintorni. Ingannati con una bugia i genitori, messo nello zaino qualcosa da mangiare, si avviarono in grande allegria. La giornata prometteva bene: era il primo giorno di primavera e il sole, dopo la latitanza di tre mesi, aveva ricominciato a far capolino da dietro le montagne, riempiendo di conforto il cuore di ogni valligiano.
Dopo aver camminato per un po’, la vivace comitiva decise che il posto ideale per fare il pic-nic era una verde radura posta al centro di una distesa di abeti secolari, lambita su un lato da un torrentello di acqua spumeggiante. Sistemate le loro provviste e compiuta una veloce perlustrazione nei dintorni, i ragazzi si riunirono nella radura e si disposero in cerchio per il pic-nic. Un’aria di festa caratterizzava l’allegra brigata, a cui non era mai toccato altre volte di godere di una simile avventura. Le ragazze, poi, elettrizzate per l'inusitata trasgressione e per la compagnia dei più simpatici giovanotti del paese, si erano agghindate a festa e facevano a gara per far colpo nel cuore dei loro cavalieri. Gli zainetti contenevano tutto ciò che era stato possibile arraffare velocemente nelle dispense dei genitori: pane, salame, formaggio, focacce e due fiaschi di vino rosso. Il pranzetto fu assai allegro e animato e in breve tutte le provviste furono consumate. Alla fine un paio di giovanotti trassero di tasca un pacchettino di tabacco e ne fecero delle sigarette, che furono assai apprezzate dai maschi e decisamente rifiutate dalle ragazze. Poi qualcuno levò dallo zaino un’armonica a bocca e intonò una canzone, gli altri lo seguirono cantando e così ne nacque un improvvisato coretto niente male. Quando fu la volta di una dolce canzone d’amore, un ragazzo, reso coraggioso dal vinello e dall’atmosfera euforica, invitò una compagna a ballare. Questa, dopo un primo timido rifiuto, si lasciò convincere e in breve altri seguirono l’esempio dei primi due; alla fine tutti si misero a ballare, tranne il musicante e una ragazza che si sedette accanto a lui posandogli il capo sulla spalla. Quanto durò questo incanto? Travolti dalle emozioni, i ragazzi persero la nozione del tempo, ai balli seguirono i baci, poi le carezze e quando il sole era tramontato da tempo e il cielo si era riempito di stelle, le coppiette si trovarono ancora teneramente abbracciate nel buio. Poi accadde un fatto imprevisto. Si udì lontano nel bosco un sordo calpestìo, il rumore si avvicinò in fretta e poco dopo sbucò dal folto degli alberi un cavaliere, avvolto in un tabarro nero dal quale spuntava un non so che di rosso intenso. Dopo aver salutato i ragazzi, lo sconosciuto chiese il permesso di prendere parte al ballo. Ottenutolo non senza un certo fastidio e imbarazzo da parte della festosa comitiva, invitò ciascuna delle ragazze a fare un giro di danza con lui. E così le damigelle sperimentarono l’ebbrezza di ballare con quel misterioso, ma affascinante cavaliere che le faceva roteare in modo fantastico: una dopo l’altra, e poi di nuovo a turno, più volte, le ingenue ragazze danzarono e danzarono con il più straordinario ballerino che avessero potuto immaginare. Le stelle sopra di loro presero a girare sempre più vorticosamente e la flebile musica dell’armonica a bocca fu sostituita da quella di un’intera orchestra, mentre i giovanotti, delusi dall’invadenza dell’intruso e alquanto avviliti per il…tradimento delle lor compagne, si ritirarono in un angolo e presero a parlare dei fatti loro, poi si appisolarono. A un tratto, nel colmo della notte, accadde qualcosa di nuovo: il bel cavaliere, dopo aver ultimato il ballo con una delle damigelle, si inoltrò con lei nel folto del bosco e poco dopo ritornò tutto solo; così fece con un’altra ragazza e poi con un’altra ancora, fino a che nella radura non rimasero che i sette ragazzi addormentati. Spuntò l’alba, umida e fresca, il cielo sopra il bosco scuro si andò lentamente illuminando fino a esplodere in una giornata radiosa. I sette giovanotti, finalmente svegli, si stupirono dell’assenza delle loro compagne, ma pensarono che forse esse se ne erano tornate a casa da sole senza avvertirli.
Ma la verità era un’altra e ben più tragica.
Uno dei ragazzi, che si era inoltrato tra gli alberi, lanciò un urlo disperato: “Correte a vedere” gridò agli altri, che subito accorsero e scoprirono che fine avevano fatto le ragazze. Il loro compagno stava in mezzo a un piccolo spiazzo annerito da un recente incendio,tutt’intorno gli alberi erano bruciati e ridotti a neri scheletri, in mezzo alla radura si apriva una voragine, dalla quale usciva ancora fumo nero e acre odore di zolfo. Abbandonato vicino al bordo della voragine, i ragazzi notarono con raccapriccio il mantello nero del cavaliere e sparsi qua e là gli zoccoletti delle ragazze, i loro scialli e altri oggetti. Tutto ora era chiaro: le loro sfortunate compagne erano state fatte precipitare nella voragine e quell’inquietante personaggio altri non era se non il Diavolo in persona! Atterriti da quella terribile scoperta, i giovanotti si precipitarono ad avvertire i genitori delle sventurate fanciulle. Appena appresa la notizia, tutto il paese accorse sul luogo della tragedia, ma non si poté far altro che confermare quella che era stata la prima, crudele certezza.
E il parroco, la domenica seguente durante la predica, non mancò di ammonire i giovani del paese sui pericoli del ballo, esortandoli a fuggire le tentazioni e a non dare troppa confidenza alle persone sconosciute.

"Quando il Concilio di trento fu chiuso Berlicche venne respinto nel centro della terra: ogni tanto lo richiamiamo coi nostri peccati"
Arrigo Benedetti

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